Librandi passa al Pd

Il partito, in piena campagna elettorale, alla conquista di un ex azzurro, un “positivista” serio

Redazione

Roma. Berlusconi non è il solo ad attirare parlamentari nel suo partito e a ingrossare le file di Forza Italia. Anche il Pd è in piena campagna elettorale. Va a unirsi allo schieramento di Matteo Renzi anche Gianfranco Librandi, ex azzurro, eletto nel 2013 in Lombardia deputato di Scelta civica e dal 2016 membro del gruppo dei Civici e innovatori, nato contro la fusione di Scelta Civica con Alleanza Liberalpopolare-Autonomie, Ala, di Denis Verdini. Imprenditore di successo, da giovanissimo lavorava in fabbrica (iniziò a 14 anni) prima di diventare manager e fondare nel 1987 l’azienda TCI srl (TeleComunicazioni Italia), che opera nel campo dell’illuminazione con finalità di risparmio energetico.

  

Ieri, su La7, a “L’aria che tira”, ha duellato con Diego Fusaro per via di un complicato ragionamento generazionale del filosofo sui giovani poveri e sfruttati dal capitalismo finanziario. Librandi, dopo avergli fatto notare che quando parla non si capisce niente, ha invitato i giovani alla Fusaro a farsi sotto e a non lamentarsi se le cose non vanno bene. “Nonostante le mie due lauree – ha spiegato Librandi – non sono acculturato come lei. Non comprendo cosa vuol dire. I giovani che non vogliono fare niente come lei devono darsi una smossa, io ho le soluzioni, gli imprenditori devono dividere gli utili con i dipendenti, perché così l’azienda funziona di più perché l’azienda è di tutti. Stiamo cercando di portare questa mentalità nelle aziende”.

 

In più, ha aggiunto Librandi, bisogna “evitare di parlare dell’Italia come un posto brutto dove non ci sono le cose positive”. Pieno spirito renziano. Qualche tempo fa, l’imprenditore se l’era presa anche con Di Maio, aspirante premier del M5s: “Quando Di Maio propone di superare il Fiscal compact e il parametro del 3 per cento deficit/pil sta in realtà affermando che vuole fare pagare più tasse e che vuole che i mutui salgano alle stelle. Questo accadrebbe se lasciassimo crescere il debito, come propone la novella dottrina economica dello studente fuori corso Di Maio. Una dottrina che purtroppo non fa ridere, ma piangere”.