Matteo Renzi (foto LaPresse)

L'unica direzione per Renzi

Leadership, contenuti, errori, modelli. Traccia di un discorso critico, e costruttivo, che un buon dirigente Pd dovrebbe rivolgere al segretario, per non sprecare l’ultima occasione

Care compagne e compagni, care amiche e amici, caro Matteo. Tu sai chi sono. Sono uno di quelli che dieci anni fa ha dato una mano a fondare il Partito democratico perché presto o tardi avesse un leader come te. Che ti hanno sostenuto dalle tue prime apparizioni, dando per scontato e accettando che un tuo successo avrebbe terremotato anche il mio pezzo di Pd, come infatti è avvenuto. Che hanno creduto nella tua rottamazione dopo aver constatato che le classi dirigenti del centrosinistra avevano per anni anteposto la propria sopravvivenza a qualsiasi bagno di realtà, tenendo artificialmente in vita i più insostenibili e ingannevoli miti, totem e tabù della ditta.

 

Sotto la tua leadership, la democrazia del maggioritario invece di risorgere è stata sepolta, e per ricamminare tocca partire da qui

Non sono Andrea Orlando né Gianni Cuperlo né Michele Emiliano, non sto cercando nella posizione critica ruolo, visibilità, quote da rivendicare al momento di compilare le liste elettorali, anche se dovresti apprezzare chi si sobbarca la fatica di trattenere nel Pd tanta brava gente che se dipendesse da te forse sarebbe già altrove. Non sono neanche Dario Franceschini, che delle quote è il fuoriclasse, anche se penso che dovresti ricordare più spesso che se nel febbraio 2014 non ci fossero stati lui e Graziano Delrio a convincere Napolitano (che non voleva) a scaricare Letta, a palazzo Chigi non avresti trascorso né mille né cento e neanche dieci giorni. Infine, neanche a dirlo, non sono Enrico Letta, del quale perfino tu dimentichi che divenne premier solo sfruttando la disfatta di Bersani dopo averne condiviso ogni errore prima, durante e dopo le elezioni del 2013, eppure perseguitarlo ora mi pare, da parte tua, un inutile dispendio di energia e rancore. Hai ragione tu, ma a che serve continuare?

 

Sono troppo anziano e saggio per parlare nei consessi di partito, però questo che il Foglio ospita è esattamente quell’intervento nella direzione del Pd che tanti come me vorrebbero fare, per dirti cose che tanti come me pensano e si raccontano, senza tirarle mai fuori tutte pubblicamente per non fare il gioco degli avversari (pensa come siamo antichi), soprattutto per non confonderci col codardo oltraggio di coloro che ti hanno offerto per anni il proprio servo encomio senza in realtà credere veramente alle tue idee, alla tua buona fede, al tuo tentativo certo di realizzare un’ambizione personale, ma anche di cambiare in meglio e per sempre i connotati della sinistra italiana.

Già, perché a questo tentativo noi, io, crediamo ancora. Nonostante tutto, nonostante quello che sta succedendo oggi.

 

La classe dirigente nuova esiste. Falla correre senza fiato
sul collo, senza silenziarli a favore
di esordienti
e mestieranti dei social

Ora però ascoltami, senza farti confondere da cattivi pensieri su congiure e tradimenti. Che poi sono gli incubi dei cattivi governanti, i quali inevitabilmente ci sprofondano dentro e si perdono definitivamente. Fuori dalla tragedia shakespeariana le cose sono più semplici, invece di esorcizzarle basta farci i conti: un leader è continuamente messo alla prova e se sbaglia più volte, e non mostra di volersi correggere, anche i suoi sostenitori più fedeli misurano il danno potenziale per lui, per se stessi, per la comunità, e cominciano a guardarsi intorno per vedere se spuntano alternative. Figurarsi, succede perfino nei matrimoni, e noi non ci siamo mica sposati Matteo: facciamo solo politica insieme, che è una gran cosa, ma molto meno di un matrimonio.

Dovendo sintetizzare, il punto critico che li riassume tutti è il seguente: in un passaggio cruciale della recente storia italiana, nel 2013, hai assunto su di te con la forza il compito di salvare la democrazia maggioritaria dalle trame della restaurazione neo-proporzionalista. Per questo sei diventato centrale sulla scena politica e per questo tanti italiani, trasversalmente, si sono fidati di te. Dopo tre anni però questa possibile Italia nuova, sempre guidata da te, si è andata a schiantare: sotto la tua leadership, la democrazia del maggioritario invece di risorgere migliore è stata sepolta, e con essa le speranze di rinnovamento di un paio di generazioni.

 

 

Invece di affrontare la vicenda a questo livello, tu l’hai presa sul personale (“non pensavo mi odiassero tanto”), e sul personale hai pensato di risolverla, con l’esibita espiazione di qualche mese di auto-esilio, per poi ripresentarti identico a prima grazie alle tue indiscutibili doti di tenacia e resilienza. Hai ottenuto nel Pd una bella reinvestitura interna corporis, e ora pensi di poter ripartire come prima, più forte di prima, “mettendo la sconfitta alle spalle”. Solo che nel frattempo, appunto, anche grazie a te non siamo più nel maggioritario, e le doti richieste a un leader in epoca di proporzionale sono molto diverse. Tu le hai? Conosci le regole di questo gioco? Sei così bravo com’eri nell’altro sistema? Puoi puntare agli stessi obiettivi rivoluzionari che ti prefiggevi, e senza i quali saresti uno qualsiasi?

 

Le idee buone ci sono, anche nel libro, ma il punto è crederci davvero e non contraddire se stessi
al primo tornante difficile 

Dovessimo giudicare adesso, da come ti sei mosso negli ultimi mesi con tutti i mondi che non sono quello strettamente tuo, e coi quali tocca i fare i conti quando non ci si chiama Macron e non si ha il sistema istituzionale di Macron, dovremmo rispondere che non ci siamo. Ora obietterai che questo è solo politichese, che adesso per il bene del Pd e dell’Italia dobbiamo occuparci solo delle proposte per il futuro. Sono molto d’accordo (anche se non ti sfuggirà che il senso della politica sta esattamente nel creare le condizioni di governo che consentano di mettere in pratica le proprie idee, altrimenti saremmo tutti Civati), e proprio per questo c’è qualcos’altro nel Renzi di queste settimane che non convince. Come nel tuo libro, Avanti, che ho trovato comunque migliore di come faceva pensare la pioggia di anticipazioni.

Lì dentro, per un terzo, si guarda davvero in avanti, è sicuramente la parte più interessante, e ci veniamo. Per un altro terzo si raccontano alcuni episodi personali (i messaggi della Merkel) che si collocano a metà fra la telefonata intima di D’Alema a Condoleeza e le pacche sulle spalle di Berlusconi a Putin e che forse non era il caso di tirare fuori in questa occasione – ma tant'è. Ma ciò che tutti temevamo – e che ritroviamo nel libro – è la pedissequa rivendicazione delle conquiste dei mille giorni, di cui nessuno nel Pd dubita eppure, lo riconosci anche tu, non sposteranno di un centimetro l’idea che gli italiani si sono fatti del Renzi presidente del consiglio, nel bene e nel male. Devi prendere atto di un fenomeno del quale pure hai approfittato da rottamatore, ovvero la rapida obsolescenza delle persone e delle cose, che è il segno più angosciante ma anche più inevitabile della contemporaneità. Colpisce te e Grillo oggi, come ha colpito in passato altri sedicenti benemeriti. Capisco la necessità di rinforzare la tua prossima candidatura al governo col riconoscimento che quella passata sia stata un successo. Ma continuare a dirselo da sé non farà cambiare idea al 60 per cento di italiani (più quelli che si sono astenuti) che il 4 dicembre ha mostrato di pensarla diversamente. Rispetto a quel trauma, che tu pensi superato e invece non lo è affatto, in tanti dibattiti nessuno ti ha detto la vera verità, nel modo più secco: per recuperare credibilità e consenso al Pd, o cambi tu, e torni a essere quello che eri, o dovremo cambiare leader, magari costretti dall’imprevedibile circostanza di una legislatura che si chiude facendoci ritrovare alle elezioni lo stesso 26 per cento che prese Bersani, solo con centocinquanta parlamentari in meno. A quel punto, archiviate le speranze maggioritarie di un paio di generazioni, quasi chiunque andrà bene come tuo successore segretario del Pd. Gli o le chiederemo solo di giurarci che non si ripartirà mai più per un’altra avventura solitaria, al termine della quale gli errori di uno solo li pagano tutti.

Siamo decisamente in tempo per scongiurare questo esito. Quasi tutte le idee che hai messo nella parte propositiva del tuo libro vanno nella direzione giusta. Sono impostate correttamente, come proiezioni nel futuro di un segretario di partito che rispetta e sostiene il lavoro del suo attuale presidente del consiglio, e anche per questo motivo sono sicuro che avrai il Pd schierato con te su cose anche difficili e controverse come la riduzione delle tasse, la ricontrattazione prima sostanziale e poi formale dei trattati europei, il Migration compact, il rispetto della presunzione di innocenza per gli indagati, e su altre che sono urgenti da decenni come la riforma radicale della giustizia amministrativa (il Tar del Lazio!), oppure ormai mature come il servizio civile obbligatorio per i giovani.

 

La formula monomarca ha funzionato
alla grande, poi ha fatto bancarotta, ora lo stesso gestore può e deve cambiare modello

Ci staremo tutti, a tre condizioni, però.

La prima: che tu non sminuzzi e consumi le tue stesse proposte in poche battute su Facebook, una dopo l’altra, ma all’opposto accetti finalmente di iscriverle in un quadro d’insieme, in una visione generale coerente di Italia nel 2020, democratica, liberale, aperta, radicale nei diritti, protettiva, con una sistematizzazione del tuo pensiero che, come sappiamo, ti costa fatica.

La seconda condizione: che non contraddici le tue stesse buone idee al primo tornante difficile, con qualche estemporanea uscita, nel tentativo quasi sempre maldestro e fallimentare di contrastare e superare Grillo o Salvini sul loro terreno, dando spago all’anti europeismo o all’anti parlamentarismo, con l’unico risultato di deludere e allontanare vieppiù gli italiani con la testa sulle spalle che sarebbero i nostri unici veri alleati.

Infine, terza condizione, che rendi chiaro quale sia il percorso politico realistico che ci porta almeno vicini alla realizzazione di questo programma, che francamente non può essere solo il manifesto del tuo personale rilancio ma molto di più: una piattaforma di governo possibile.

 

Qui non si esclude alcuna prospettiva. Né che ce la si faccia a vincere da soli, né che la prossima legislatura regali equilibri parlamentari che consentano di fare in un paio d’anni riforme istituzionali ed elettorali di autentico trapasso di sistema, mentre qualche persona saggia governa l’Italia coi voti del centrosinistra, del centrodestra e di chissà chi altri. Tutto è possibile, nelle mani degli elettori, e Orlando che straparla ora di referendum da fare dopodomani sull’ipotetica alleanza con Berlusconi è solo una grande delusione (sembrava un giovane molto ben impostato, promettente non solo come ministro garantista).

 

 

La questione delle alleanze e delle coalizioni è prematura, ma tutt’altro che assurda. Arrivarci attraverso confronti di merito è sicuramente meglio che esorcizzarla con improbabili scomuniche che temo il Pd non possa permettersi. E’ vero che nessuno sano di mente può aver voglia di tornare ai tempi dell’Unione, ma meglio ancora che gli incubi del passato dovresti far valere le evidenze del presente. Romano Prodi lo sa già, in caso chiedi a Parisi o a Delrio di ripeterglielo: piazza Santi Apostoli era una schifezza. Non lo dico io, me l’hanno garantito (con altre parole) quelli che c’erano, democratici di minoranza, prodiani, vendoliani, il gruppo stretto di Pisapia. Se Prodi sperava che da lì nascesse o possa nascere un contrappeso per indurti a più miti comportamenti, ha proprio sbagliato perché l’unica cosa che hanno visto tutti era anche l’unica cosa che c’era: due bandiere rosse di Mdp per ogni militante bersaniano e dalemiano schierato in prima fila, un’esibizione di settarismo che neanche Avanguardia operaia negli anni ’70 (parole del simpatico conduttore Gad Lerner, non mie).

 

Con quella roba lì, fatta così, non si va da nessuna parte. Lo pensano persino loro stessi. Fai benissimo a tenerli alla larga, almeno finché Pisapia non alza un po' il livello, se gli riesce. A maggior ragione però è urgente un’operazione politica che allarghi anche da quella parte il consenso del centrosinistra, perché tra astensione e voti grillini di sinistra il bacino elettorale è consistente, forse decisivo. Composto di italiani per bene, magari un po’ radicali, che ti avevano anche dato un credito, ai tempi della rottamazione, ma che ora non tornerebbero a votarti neanche se li salutassi a pugno chiuso (figurarsi, hai malamente provato a riaprire l’impossibile Unità per sedurre quella gente, faresti qualsiasi cosa).

 

Non è un’operazione da fare cedendo sui contenuti, mentre invece una bella, seria e tempestiva diversificazione delle facce che rappresentano in giro il Pd sarebbe d’aiuto. Molto prima di arrivare alle liste. Con eventi, manifestazioni, momenti simbolici, senza paura di contaminazioni, magari chiedendo consiglio a un ineguagliato esperto del ramo come Veltroni.

 

Caro Renzi fattelo dire: la parola d’ordine del Pd di Renzi del 2017-18 dovrebbe essere appunto diversificazione dell’offerta. La formula monomarca ha funzionato alla grande per un po’, poi ha fatto bancarotta, ora lo stesso gestore può e deve cambiare modello.

I casi di Paolo Gentiloni e Marco Minniti stanno lì a dimostrartelo: hai in casa (e potresti averne di più) campioni in specialità della politica diverse dalla tua, che non competono nella tua gara e non ambiscono a superarti (anche se magari un giorno succederà). Hanno o potrebbero avere una popolarità propria, diversa, aggiuntiva rispetto alla tua. Falli correre, falli conoscere, senza fiato sul collo, senza tempestarli di messaggini e telefonate, senza silenziarli a favore di esordienti e mestieranti dei social maschi e femmine (che ci vogliono anche loro, ma quanto basta), senza marchiarli col timbro del sospetto, rinunciando a quel tuo sistema di allontanare e poi riaccogliere a corte i supposti reprobi, che può andar bene per un principe che stia in salute, non per uno che ha bisogno di aiuto.

 

 

Gentiloni, in particolare, ti è e ti sarà utile. Accetta il rovesciamento di ruoli che fa sì che ora sia lui a coprire te, più che viceversa (su “aiutiamoli a casa loro”) e incassa la lezione di uno che come primo gesto ricuce con sindacati e corpi intermedi e come secondo gesto cancella e poi reintroduce i voucher: si governa anche così, non solo con l'accetta, che come sai si finisce spesso per darsela sui piedi. Capisco sia scocciante sapere che qualcuno lo preferisca a te, a palazzo Chigi, ma prendila come una lezione di vita, un dato oggettivo sul quale lavorare per migliorarti e per concedere al Pd e al paese più chances.

Posso dirti queste cose, caro segretario, perché non parlo nel mio interesse ma parlo nell’interesse del Pd, che considero comunque l’agente politico migliore che c’è su piazza, finché non inventeremo qualcosa di meglio. E nell’interesse dell’Italia, per evitarle il grave errore di disfarsi di te, che sarai antipatico ma in modo trasparente e con diversi talenti, solo per mettersi nelle mani di Casaleggio e dei suoi associati, la cui antipatia è altrettanto evidente, mentre i talenti sono molto, ma molto più oscuri. Praticamente invisibili.