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Che pena quelli che speculano sulla legittima difesa

Giuliano Ferrara

Il pregiudizio negativo verso il comportamento criminale e il rispetto dell’ordinaria vita civile minacciata non possono essere messi in discussione

Quelli che speculano bassamente sulla legittima difesa mi fanno pena. Anche quelli che girano intorno al problema, però. Che alla fine è semplice, molto semplice sebbene la semplicità sia “difficile a farsi”, come diceva Eugenio Montale. Come sanno gli spettatori di “Thelma e Louise”, che applaudivano frenetici all’uccisione dello stupratore perché il modello sublime di Maria Goretti (che ispirò il giovane Berlinguer) non si porta più da tempo immemorabile; come ben sanno quelli che il giorno stesso, ad applauso ancora fresco, alla notizia di un tabaccaio o di un gioielliere o di un benzinaio uccisori del rapinatore esprimevano tutto il loro sdegno per l’eccesso di legittima difesa; come sappiamo tutti noi che osserviamo il comportamento mentale medio del Cittadino Democratico Collettivo, è questione di falsa coscienza, cioè di ideologia.

 

Lo stupratore ucciso da una donna se lo merita, questione di diritti e di valori riconosciuti, come si dice, mentre il commerciante o il proprietario del villino uccisore del rapinatore, magari giovane, magari extracomunitario, si merita un processo, di nuovo questione di diritti e di valori, stavolta non riconosciuti. Ora, non si può negare che un’indagine sia necessaria, nei fatti di sangue. E che la legge debba guidare con mano ferma e sapiente i confini giurisdizionali di un omicidio. Ed è evidente che tutto ruota intorno a una zona grigia in cui si confondono l’autodifesa sacrosanta di fronte a un’offesa minacciosa per la vita e per ciò che è caro all’individuo o alla famiglia, da un lato, e il sospetto di una cattiveria vendicativa non dovuta a nessuno al di fuori di precise circostanze in cui aggressività criminale e paura dell’aggredito si confondono, alla luce del giorno o nel buio della notte, dall’altro. Chiaro che sarà sempre difficile, sebbene non impossibile, stabilire la verità dei fatti di fronte a riscontri e testimonianze. Lampante che non esistono particolari circostanze attenuanti, magari di tipo socio-ideologico verso chi offende, per quanto povero, per quanto diseredato dalla vita, per quanto giovane, per quanto straniero, né è possibile rinunciare a circostanze largamente attenuanti per chi si difende e difende da un’aggressione ciò che ama e che gli pertiene, dai figli alla roba. Ma la cosa non è finita qui.

 

Questo dell’autodifesa è un caso in cui il profittatore della paura e il custode della menzogna ideologica alzano una bandiera su campi opposti, il diritto “selvaggio” dell’uomo nella foresta della violenza bruta e il diritto dello stato o della comunità di imporre la sua regola nel bosco delle leggi che diffidano sempre della violenza privata “selvaggia”. Le persone con la testa sulle spalle devono essere capaci di praticare entrambi i campi, ma con una riserva, e di questa riserva dovrebbe vivere il dibattito liberale e sul serio democratico sulle norme legali che danno ordine alla faccenda: nessuna legge esaurirà mai le risorse di umanità e senso comune che servono a giudicare con la necessaria approssimazione i fatti. Bisogna essere forti e sicuri nel considerare il rapinatore, l’intruso minaccioso dell’intimità e della sicurezza domestica, l’aggressore in qualunque veste si presenti, come un nemico della società e della buona vita; e altrettanto forti e sicuri nel considerare disonorevole, maligna e intollerabile la sproporzione della vendetta. Può darsi evangelicamente, secondo il dettame di quel magnifico libro di moralità oltre la legge che è il racconto di Cristo, che l’aggressore sia un angelo senza peccato e l’aggredito un peccatore. Quando verrà il Regno si vedrà. Per adesso devono vigere norme e senso comune giudicante di una Repubblica laica incapace di assolvere il testosterone violento dell’offensore, anche bisognoso, anche miserabile, e capace invece di garantire una ampia impunibilità a chi si difende, anche se opulento. Il pregiudizio negativo verso il comportamento criminale e il rispetto dell’ordinaria vita civile minacciata non possono essere messi in discussione.

  • Giuliano Ferrara Fondatore
  • "Ferrara, Giuliano. Nato a Roma il 7 gennaio del ’52 da genitori iscritti al partito comunista dal ’42, partigiani combattenti senza orgogli luciferini né retoriche combattentistiche. Famiglia di tradizioni liberali per parte di padre, il nonno Mario era un noto avvocato e pubblicista (editorialista del Mondo di Mario Pannunzio e del Corriere della Sera) che difese gli antifascisti davanti al Tribunale Speciale per la sicurezza dello Stato.