L'Aula del Senato (foto LaPresse)

Il caso Torrisi mette in crisi la maggioranza. Renziani furiosi

Redazione

Il candidato di Area Popolare eletto presidente della commissione Affari Costituzionali con i voti di opposizioni e scissionisti per ora non lascia. I Democratici protestano e invocano un chiarimento 

Forse si tratta solo di "normali fibrillazioni", ma l'impressione è che la poltrona di Paolo Gentiloni non sia più così solida. Infatti, dopo le "minacce" degli alfaniani che avevano chiesto al presidente del Consiglio un incontro perché "seriamente preoccupati" di una "deriva a sinistra dell'azione di governo", adesso sono arrivati i fatti.

 

Salvatore Torrisi, senatore di Alleanza Popolare, è stato eletto presidente della Commissione Affari Costituzionali del Senato. Niente di strano se non fosse che il candidato prescelto, tenuto conto che precedentemente il posto era occupato da Anna Finocchiaro, non era lui ma l'esponente Pd Pier Giorgio Pagliari (anzi, proprio prima del voto, Ap si era affrettata a spiegare che Torrisi non era in corsa per la presidenza). Peccato che alla prova dei fatti le cose sian andate in maniera diversa. Un avvertimento a Gentiloni? Un "incidente" creato ad hoc per creare caos all'interno della maggioranza? Di certo c'è che i Democratici non hanno gradito. E hanno chiesto un chiarimento.

Anche perché la Commissione è quella che dovrà occuparsi della legge elettorale. E quindi l'elezione è stata interpretata come un chiaro segnale politico. Torrisi è stato eletto con 16 voti contro gli 11 di Pagliari. I due senatori di Ala non hanno partecipato all'elezione, una la scheda bianca. Il Movimento 5 Stelle sottolinea che il senatore Pd è stato "impallinato" da un terzo dei voti della maggioranza, 5 su 16. Secondo indiscrezioni sarebbero stati due senatori Democratici a votare contro le indicazioni del partito.

 

Ovviamente il caso ha scatenato uno scambio di accuse reciproco. "Oggi sono nate larghe intese in Senato per non fare la legge elettorale - attacca il senatore renziano Andrea Marcucci - Mdp, Forza Italia, M5s ed i centristi hanno eletto il loro presidente nella commissione Affari Costituzionali, con l'obiettivo di consegnare l'Italia al proporzionale". Per Lorenzo Guerini, coordinatore della mozione Renzi, "ciò che è successo in prima commissione al Senato è molto grave dal punto di vista politico. È il tradimento di una normale modalità di stare insieme in maggioranza. Siamo molto preoccupati per quello che è avvenuto".

 

Ancora più duro il presidente del Pd, Matteo Orfini: "È un vulnus che dobbiamo vedere se è possibile rimarginare. Non è un voto su un emendamento. È un fatto gravissimo che un partito della maggioranza si sia comportato in questo modo. Non è un fatto che può passare senza un chiarimento. Noi abbiamo chiesto un incontro al premier Gentiloni e al presidente della Repubblica Mattarella".

 

La crisi di governo è alle porte? Gentiloni riceve gli esponenti Democratici a Palazzo Chigi e assicura che farà di tutto per tenere compatta la maggioranza. Dal Quirinale viene fatta filtrare la notizia che la richiesta di un faccia a faccia non è arrivata e che comunque, qualora arrivasse, verrebbe respinta. Anche perché il Capo dello Stato non ha alcuna intenzione di immischiarsi in questioni che sono di esclusiva competenza parlamentare. 

 

Angelino Alfano, dopo qualche ora di tensione, prova a chiudere la vicenda e chiede le dimissioni di Torrisi: "Le modalità dell'elezione del collega Torrisi, espressione in larga misura del voto delle opposizioni, ci inducono a chiedere all'interessato la rinuncia all'incarico. Noi di Alternativa Popolare non abbiamo contribuito all'elezione perché leali agli accordi di maggioranza cui abbiamo sempre corrisposto. Poco importa se, come pare, all'interno del Pd vi siano stati voti in dissenso dall'indicazione ufficiale di quel gruppo parlamentare. Ciò che importa è evitare ogni impropria interpretazione di un episodio parlamentare che
può essere foriero di equivoci volontari o involontari. Ecco perché siamo fiduciosi che il senatore Torrisi possa accogliere questa richiesta del suo movimento politico".

Ma il diretto interessato non ha alcuna intenzione di accettare la richiesta. "A Alfano - dice il senatore molto vicino a Renato Schifani (che recentemente è tornato in Forza Italia) in un'intervista a Repubblica - e agli altri dico che la soluzione c'era già,
attorno al mio nome si registrava da tempo il più ampio consenso, da Calderoli ai grillini. Se il Pd mi avesse votato, avrei avuto 24 voti e non solo 16. E invece qualcuno si è incaponito. Crisi di governo? Ma scherziamo? Se Renzi apre la crisi per la mia
elezione il Paese gli ride dietro".