Pier Luigi Bersani (foto LaPresse)

Prediche inutili agli scissionisti

Redazione

La sinistra che scappa dal Pd alimenta il nazionalismo di destra. Lezioni

Dopo l’overdose di “frasi di sinistra” che ha caratterizzato le recenti assemblee del Partito democratico e in base alle quali si è realizzata la secessione dell’ala che si autodefinisce “autenticamente” di sinistra, è utile leggere le osservazioni del duo Alesina-Giavazzi che rivendica il carattere di sinistra delle liberalizzazioni e della meritocrazia. Se ciò che caratterizza la sinistra, spiegano, è la volontà di emancipare e mettere in condizioni di competere nel mercato del lavoro e dell’impresa chi oggi ne è tenuto ai margini, serve un mercato più aperto e libero in tutte le sue espressioni, compreso il lavoro.

 

Le pulsioni populiste nascono dalla mancanza di una prospettiva di crescita, che non si può avere se non dentro e non contro la logica di mercato. Una scuola che non seleziona in base al merito studenti e docenti, un sistema produttivo orientato dalla cosiddetta “politica industriale”, un sistema dei redditi assistenziale, deprimono la crescita e limitano l’occupazione a spese soprattutto dei ceti meno avvantaggiati. Il punto però è se la sinistra abbia davvero lo scopo di realizzare una crescita nel mercato (obiettivo che fu raggiunto a suo tempo da Margaret Thatcher, che non era certo di sinistra), come fece Gerhard Schröder con le riforme che gli costarono la scissione della Linke.

 

A sentire i discorsi degli scissionisti del Pd si direbbe che per loro lo scopo della sinistra sia un altro, quello di esercitare un controllo dall’alto su tutta la dinamica economica e sociale, promettendo che questo favorirà la crescita, ma puntando non a questa conseguenza improbabile ma all’accentramento del potere in una sede “pubblica”, cioè politica. Per questo le prediche di Giavazzi e Alesina sono destinate alla sorte di quelle di Luigi Einaudi, che le aveva definite inutili.

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