Virginia Raggi e Beppe Sala (foto LaPresse)

Torna un mostro: la Repubblica dei pm

Claudio Cerasa

Da Roma a Milano. Perché la retorica vuota dell’onestà ha ridato coraggio al partito della nazione dei giudici

In politica, si sa, il vuoto non esiste e quando la politica si indebolisce (e si intimorisce) succede sempre la stessa cosa. Succede che i magistrati possono tornare a cantare tranquillamente “andiamo a comandare”. Nel giro di poche ore si sono verificati alcuni fatti clamorosi che vanno messi in fila e che non riguardano solo le notizie degli ultimi giorni: l’arresto del braccio destro di Virginia Raggi, Raffaele Marra, e l’avviso di garanzia ricevuto dal sindaco di Milano, Giuseppe Sala. Mai come oggi l’inquadratura va allargata e l’immagine che arriverà all’occhio dell’osservatore attento è il riflesso di una fase storica che prevede sempre lo stesso copione: quando la politica arretra c’è sempre un magistrato che arresta. Breve riassunto delle ultime ore. Il sindaco della più importante città italiana (Sala, Milano) apprende dai giornali di essere indagato (sì, dai giornali) e per non finire infilzato dai forconi dell’Italia anti politica sceglie di arrendersi, di autosospendersi dal suo incarico e di non difendere il suo diritto a essere considerato innocente fino a prova contraria. Basta? Non basta. Una delle più grandi procure italiane (Milano) non riesce a contenere uno scontro tra correnti della magistratura (che va avanti dai tempi di Robledo e Bruti Liberati) e decide di bloccare la città più produttiva del paese portando avanti un’indagine (accusa di falso materiale per un lavoro sull’area Expo) per la quale la stessa procura mesi fa aveva già chiesto l’archiviazione.

 

Basta? Non basta. Il sindaco dell’onestà della capitale, Virginia Raggi, dopo aver costruito la propria campagna moralizzatrice sulla scia di un’inchiesta della procura di Roma, la fuffa di Mafia Capitale, si ritrova, dopo un’infinità di altri problemi, con il proprio braccio destro arrestato (Raffaele Marra, subito scaricato, alla faccia della presunzione di innocenza) e si ritrova con una devastante ondata moralizzatrice che colpirà il sindaco di Roma alimentata dallo stesso Movimento di cui il sindaco di Roma fa parte. Basta? Non basta. Il presidente della regione Campania, Vincenzo De Luca, pochi giorni fa ha ricevuto un avviso di garanzia, con l’accusa di “istigazione al voto di scambio”, perché nel corso di un incontro pubblico, alla presenza di oltre trecento sindaci della Campania, li aveva invitati a svolgere un’intensa campagna per il Sì. Basta? Non basta. La legislatura in corso è bloccata da una politica inerme che ha scelto senza fiatare di far nascere un nuovo governo per assecondare la scelta della Corte costituzionale di rinviare a fine gennaio la sentenza sulla legge elettorale.

 

I tempi della politica li decide la magistratura, non la politica. Basta? Non basta. I magistrati del Consiglio di stato hanno sospeso la riforma sulle banche popolari rinviando alla Consulta il giudizio sulla presenza o meno dei giusti requisiti di straordinarietà e di urgenza in base ai quali il precedente governo ha approvato la legge sulle banche popolari. I tempi della politica li decide la magistratura, non la politica. Basta? Non basta. La più importante corrente della magistratura, Md, dopo aver organizzato comitati per il No al referendum costituzionale è pronta a scendere in campo per sostenere un altro referendum che potrebbe riscrivere la storia d’Italia: quello sul Jobs Act. Le priorità della politica le decide la magistratura, non la politica. Basta? Per ora sì, ma solo per svolgere qualche ragionamento ulteriore. Stiamo per il momento sui casi di Milano e Roma. La storia di Milano, al di là dell’indagine in sé, è il termometro di un’incapacità della politica a saper resistere al potere mostruoso esercitato dalla magistratura, e il sindaco Sala, annunciando la sua sospensione dall’incarico, ha fatto un gesto che sarà apprezzato dall’indignato collettivo ma che è il contrario di quello che dovrebbe fare un manager eletto dal popolo: un sindaco risponde agli elettori, non ai magistrati, e fino a che si è indagati, e non condannati con sentenza definitiva, si ha il dovere di amministrare una città.

 

La storia di Roma, al di là dell’indagine in sé e dei metodi spicci con cui è stato arrestato il braccio destro del sindaco dell’onestà, ci dice invece qualcosa di più interessante. Ci dice che la Raggi, come racconta bene oggi Marianna Rizzini sul Foglio, andrebbe commissariata subito, non per le inchieste su Marra o per le indagini sulle nomine ma semplicemente per incapacità politica. Ci dice che il Movimento 5 stelle ha alimentato un’odiosa macchina della melma fatta di antipolitica, impulsi anti casta, retorica dei forconi, infallibilità delle procure che è destinata a moralizzare anche gli ultimi arrivati della corrente dei moralizzatori. Ci dice che la melma messa in circolo dal Movimento ha contribuito a creare un clima all’interno del quale i partiti si indeboliscono e sono destinati ad avere sempre meno anticorpi per controbilanciare l’interventismo della magistratura. Da Roma a Milano passando per la distruzione per via giudiziaria della rottamazione renziana si è aperta così una nuova fase, la quale vede al centro il partito della nazione dei pm, che non a caso sta maturando all’indomani della partita referendaria. Il 4 dicembre 19 milioni di persone hanno detto No a una riforma che seppure in modo lieve avrebbe aiutato a riaffermare il primato della politica portando a un riequilibrio progressivo dei rapporti tra potere giudiziario e potere esecutivo.

 

La vittoria del No ha allontanato l’epoca del riequilibrio e ha riaffermato l’epoca dello squilibrio. E quando la politica si indebolisce succede sempre la stessa cosa: che i magistrati possono tornare a cantare andiamo a comandare. “L’ideale che canta nell’anima di tutti gli imbecilli e prende forma nelle non cantate prose delle loro invettive e declamazioni e utopie, è quello di una sorta di areopago, composto di onest’uomini, ai quali dovrebbero affidarsi gli affari del proprio paese”. Lo scriveva Benedetto Croce anni fa. Potrebbe essere riscritto oggi per sintetizzare lo stato di salute dei moralizzatori d’Italia. Che come sempre capita nel nostro paese dopo aver alimentato la macchina della moralizzazione non possono che essere a loro volta moralizzati. A volte capita con uno scontrino. A volte capita con un arresto. E’ l’onestà, bellezza.

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  • Claudio Cerasa Direttore
  • Nasce a Palermo nel 1982, vive a Roma da parecchio tempo, lavora al Foglio dal 2005 e da gennaio 2015 è direttore. Ha scritto qualche libro (“Le catene della destra” e “Le catene della sinistra”, con Rizzoli, “Io non posso tacere”, con Einaudi, “Tra l’asino e il cane. Conversazione sull’Italia”, con Rizzoli, “La Presa di Roma”, con Rizzoli, e "Ho visto l'uomo nero", con Castelvecchi), è su Twitter. E’ interista, ma soprattutto palermitano. Va pazzo per i Green Day, gli Strokes, i Killers, i tortini al cioccolato e le ostriche ghiacciate. Due figli.