Museo dell'arte socialista a Sofia, Bulgaria (foto Rachel Titiriga via Flickr)

Sopravvivere all'èra glaciale della sinistra

Claudio Cerasa

Perché il 4 dicembre in ballo c’è anche il futuro della gauche europea.

Tra i mille risvolti di carattere politico che si nascondono all’interno della campagna referendaria ce n’è uno importante che viene spesso ignorato quando si parla delle conseguenze che potrebbe avere il risultato del 4 dicembre. Un risvolto che riguarda un tema non irrilevante con il quale stanno facendo i conti tutti i grandi partiti europei: esiste ancora la sinistra? In Francia, la campagna per le presidenziali, sta mettendo a nudo un fatto incontestabile: il Front national e l’Ump hanno una loro identità (partito della chiusura vs partito dell’apertura) ma all’interno di questo bipolarismo la sinistra francese rincorre i suoi avversari su tutto e pur avendo molti candidati non ha una sua idea forte e non ha una sua dimensione. In Germania la candidatura del leader unico della nazione – Angela Merkel, che ha governato con l’Spd in sette degli ultimi dieci anni passati al governo – ha prosciugato elettoralmente la socialdemocrazia tedesca e ha creato di fatto un bipolarismo tra l’attuale cancelliere e le forze anti sistema del paese (AfD). In Gran Bretagna il Partito laburista di Jeremy Corbyn è dilaniato e spaesato a tal punto da far tornare d’attualità la possibilità di un ritorno in politica di Tony Blair. In Spagna i socialisti non sono riusciti a costruire un’alternativa al Partito popolare e sono stati costretti a non dire di No alla nascita di un nuovo governo Rajoy.

  

  

In questo quadro di grandi difficoltà per le gauche europee – con molti partiti di sinistra che scontano il peccato di aver predicato per troppo tempo una politica al centro della quale i diritti hanno contato più dei doveri – il referendum costituzionale assume una caratteristica che va al di là della riforma stessa e il voto del 4 dicembre per il Partito democratico diventa anche un voto sulla capacità della sinistra di sopravvivere nell’èra glaciale del progressismo europeo. Ieri i principali quotidiani legati al mondo della finanza (Wall Street Journal e Financial Times) hanno espresso la loro preoccupazione per la stabilità dell’Italia in caso di vittoria del No al referendum. Nel suo piccolo anche questo dato dimostra che il 4 dicembre c’è in ballo una sfida non da poco per la sinistra italiana: riuscire a fare quello che alla destra riesce con una certa disinvoltura, ovvero essere una forza di governo che ha una sua buona base popolare pur piacendo ai mercati.

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  • Claudio Cerasa Direttore
  • Nasce a Palermo nel 1982, vive a Roma da parecchio tempo, lavora al Foglio dal 2005 e da gennaio 2015 è direttore. Ha scritto qualche libro (“Le catene della destra” e “Le catene della sinistra”, con Rizzoli, “Io non posso tacere”, con Einaudi, “Tra l’asino e il cane. Conversazione sull’Italia”, con Rizzoli, “La Presa di Roma”, con Rizzoli, e "Ho visto l'uomo nero", con Castelvecchi), è su Twitter. E’ interista, ma soprattutto palermitano. Va pazzo per i Green Day, gli Strokes, i Killers, i tortini al cioccolato e le ostriche ghiacciate. Due figli.