Beppe Grillo (foto LaPresse)

Lamento Brexit (recensire i commenti grillini al blog di Grillo)

Marianna Rizzini
Una mattina ci si sveglia e si scopre che gli inglesi hanno votato per il “leave”: c’è chi si preoccupa, chi gioisce, chi fa conti, chi studia modelli, chi si dimette, chi si dispera, chi esulta e chi spera nell’effetto-imitazione. Poi c’è il mondo a Cinque Stelle.

Roma. Una mattina ci si sveglia e si scopre che gli inglesi hanno votato per il “leave”: c’è chi si preoccupa, chi gioisce, chi fa conti, chi studia modelli, chi si dimette, chi si dispera, chi esulta e chi spera nell’effetto-imitazione. Poi c’è il mondo a Cinque Stelle: e lì, nel firmamento del web, negli abissi della Rete, il giorno dopo la Brexit, mentre le Borse aprono e chiudono nello sconquasso, capita, all’attivista ed elettore del M5s, di perdere la bussola: eravamo pro “leave” o pro “remain”?, è la prima della grandi domande che s’affacciano alla mente di colui o colei che, messosi a leggere i post sul blog di Beppe Grillo, trova che qualcosa non torni a livello di linea politica precedente (dei giorni precedenti? dei mesi precedenti?). Ed è un pasticciaccio del quale non si intravede soluzione, al momento, ché la linea a Cinque stelle sull’Europa pare improvvisamente cangiante, flessibile e soprattutto reinterpretabile a seconda dell’occhio di chi guarda e della necessità di apparire affidabili ma rivoluzionari, “cresciuti” ma “de panza”. Ed è subito sera, sul blog, anzi notte. Lo smarrimento dilaga (della serie: “chi siamo?”, “dove andiamo?”): già gli elettori e attivisti, nel giro di un paio d’anni, hanno visto sfumare sotto il naso l’antieuropeismo della casa madre casaleggiana, prima di tutto nel rapporto con il leader Ukip Nigel Farage, e poi nelle gradazioni del “no” all’euro e alla Ue (un’altra moneta? altre regole? altre banche? altre istituzioni?). Poi succede che il “niet” duro e puro, utile per avanzare nei sondaggi e nei consensi, diventi scomodo, nella necessità di farsi considerare assennati e democratici (vedi tour a Londra del vicepresidente della Camera a Cinque Stelle Luigi Di Maio, un paio di mesi fa). E così, l’altra sera, nell’incertezza del risultato inglese, ma nella certezza di quello italiano (M5s vincitore delle amministrative), il “chi siamo?” ha preso ora questa ora quell’altra direzione. Risultato: insondabile è parsa, al suo elettore, l’Europa pensata da Grillo (e dalla Casaleggio Associati).

 

Intanto, un post: un post sul blog che due giorni fa recava dieci risposte a dieci domande frequenti sulla Brexit, e però, accusano gli attivisti nei commenti, è accaduto che l’ultima domanda è stata cambiata. Si è passati da “l’Italia dovrebbe indire un referendum simile?” di venti giorni fa a “per il M5s l’Italia dovrebbe uscire dall’Ue?” di due giorni fa, e da “i cittadini dovrebbero poter esprimere la loro opinione”, a “il M5s è in Europa e non ha nessuna intenzione di abbandonarla… se non fossimo interessati all’Ue non ci saremmo mai candidati al Parlamento Europeo” (dove, recita il post, “il M5s si sta battendo per trasformare l’Ue dall’interno”). Ad aumentare la confusione ci si è messo il dubbio “stiamo parlando di euro o di Ue?”, oltre alle parole del deputato e membro del direttorio Alessandro Di Battista, che, a Brexit appena consumata, diramava la seguente dichiarazione: “Quello che è certo è che non appena a un popolo è permesso di scegliere si vedono i risultati. Quella è la strada, anche per noi”. E a quel punto, sempre sul blog, con altri due post, si cercava di salvare l’immagine da paladini del popolo decisore ma pure quella da nuovi referenti istituzionali, buttandola sulla questione accademica del referendum come strumento e sull’austerity carogna e sul “che succede ora spiegato bene”. Solo che ormai la crisi d’identità, e un certo risentimento nei confronti dei vertici, dilagavano nella Rete a Cinque Stelle, dove tutto veniva detto – e detto a brutto muso. C’era per esempio tal Marco Genovese che si sentiva offesa dalla violazione, a suo avviso, della Suprema Regola dell’Uno vale Uno: “…ieri sera Barbara Lezzi ha detto che il Movimento vuole stare in Europa ma non a queste condizioni… E chi lo ha deciso? Lei? Il Movimento? Non si doveva fare un Italexit? O adesso decidete pure per noi?”.

 

E c’era Franco Remondina che rimpiangeva i tempi andati: “…E’ questa l’idea del M5s? Che bisogna cambiare la Ue dall’interno? E come puoi cambiarla se i membri della Commissione europea non sono eletti? …Vi ho dato il mio voto, non perché vi tagliaste a metà lo stipendio, in fin dei conti prima avevate reddito zero e quindi passare da zero a cinquemila euro è un bel vantaggio, vi ho dato il voto perché pensavo capiste, che avreste capito... invece ho capito che non capite…Voi difendete i pochi, credo sia ormai chiaro… siete pronti a tradire gli amici come Farage, perché quando il gioco si fa duro, meglio smettere, tenete famiglia e sedia, chi ve lo fa fare?… Solo chiacchiere e distintivo…”. (Variante: “Da quando il M5s vuole rimanere in Europa!? La rete vi darà una sveglia, Di Maio&Co.”). Serpeggiava insomma un nero sconcerto: “Ho sempre votato M5S sin dall’inizio”, scriveva Bart Torto, “perché diceva che solo i cittadini devono poter decidere se restare nell’euro e nell’Europa (referendum). E’ cambiata la linea ?…Se questa è la nuova linea …allora farete a meno del mio supporto e voto”. (Varianti: “Scusate, ma da quando il M5s è pro euro?” o “scusate, ma è una bufala il cambio di direzione di Grillo sull’Europa? Io, come milioni di italiani, voglio il referendum per uscire dal controllo delle banche, i Cinque Stelle sono con noi o hanno cambiato idea?”. O: “Questo voltafaccia non si può perdonare assolutamente. Non avrete mai più il mio appoggio…”). Ma il peggio doveva ancora arrivare. Un’attivista infatti minacciava la corsa a Salvini: “Non vorrei essere costretta a votare Lega che se non altro ha idee chiare su Europa e immigrazione… se intendiamo stare in Europa io non vi voto più”. E un’altra, sconsolata ma meno anti-sistema, decideva a quel punto di metterci la lapide: “Siamo nati Rivoluzionari e moriremo Democristiani”.

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  • Marianna Rizzini
  • Marianna Rizzini è nata e cresciuta a Roma, tra il liceo Visconti e l'Università La Sapienza, assorbendo forse i tic di entrambi gli ambienti, ma più del Visconti che della Sapienza. Per fortuna l'hanno spedita per tempo a Milano, anche se poi è tornata indietro. Lavora al Foglio dai primi anni del Millennio e scrive per lo più ritratti di personaggi politici o articoli su sinistre sinistrate, Cinque Stelle e populisti del web, ma può capitare la paginata che non ti aspetti (strani individui, perfetti sconosciuti, storie improbabili, robot, film, cartoni animati). E' nata in una famiglia pazza, ma con il senno di poi neanche tanto. Vive a Trastevere, è mamma di Tea, esce volentieri, non è un asso dei fornelli.