La senatrice Monica Cirinnà che dà il nome al testo sulle unioni civili (foto LaPresse)

La Cirinnà? "Iniqua e incostituzionale", dicono 600 giuristi cattolici

Redazione
Un appello presentato al capo dello stato e ai deputati mette in ordine le ragioni per cui il ddl sulle unioni civili è tutto tranne che un successo

L'approvazione del ddl Cirinnà è una "festa per tutti", ha detto oggi il premier Matteo Renzi a proposito della legge sulle unioni civili. Ma nonostante i taglia e cuci nel testo originario, che hanno smussato alcuni aspetti più controversi del ddl, l'opposizione al provvedimento è ancora ampia nella società civile. In una memoria presentata al presidente della Repubblica e a tutti i deputati, il Centro Studi Livatino e il Comitato Difendiamo i nostri Figli mettono in fila i punti che restano oscuri nel testo di legge. La Cirinnà è "iniqua e incostituzionale", è il punto fermo del documento sottoscritto da circa 600 giuristi 8compreso il prof. Mauro Ronco, che il Foglio aveva sentito qualche mese fa - fra giudici costituzionali emeriti, magistrati ordinari, docenti di materie giuridiche e avvocati. Il provvedimento, recita la nota, "introduce un regime identico a quello del matrimonio, riprendendo le formule del codice civile per l’unione fra coniugi: contro la Costituzione, che tratta in modo specifico la famiglia come società naturale fondata sul matrimonio".

 

Da questo punto di principio, si inficia il resto delle disposizioni della legge, spiegano i giuristi. A partire dalla maternità surrogata: "Con questa legge si apre la strada all’ammissibilità della 'gestazione per altri', una delle forme contemporanee di sfruttamento e di umiliazione della donna più gravi". Passando per uno degli aspetti più controversi, quello sulla stepchild adoption, che "priva il minore all’interno in una coppia omosessuale della varietà delle figure educative derivanti dal sesso diverso dei genitori". Le unioni civili inoltre introducono "il rischio di una deriva eutanasia", "con la previsione - ampia e generica - di decisioni sul fine vita nei confronti del partner incapace". Il tutto, conclude la nota, senza che in Parlamento si sia favorito un dibattito adeguato e democratico, culminato con l'apposizione al testo di legge del voto di fiducia.