Stefano Parisi, candidato sindaco per il centrodestra a Milano, a comizio Unione Confcommercio (foto LaPresse)

Forza Nazareno

“Il riformismo, non l'antirenzismo, è il nostro dna”, dice Cattaneo

Luciano Capone
C’è un centrodestra riformista oltre le spallate No Triv e il caos romano. Parla l'ex sindaco di Pavia e responsabile Formazione di Forza Italia

Roma. Da un lato un’ampia coalizione che raccoglie centrodestra di governo e di opposizione, di piazza e di palazzo, capeggiata da una personalità della società civile ma con una strutturata identità politica come quella di Stefano Parisi. Dall’altro il caos totale, gli stracci che volano, il balletto delle alleanze, quattro candidature in campo e la seria prospettiva di non arrivare neppure al ballottaggio. Mai come adesso Milano e Roma descrivono l’aspirazione e i limiti del centrodestra, la crisi di identità tra il riformismo liberale di governo e il richiamo alla ribellione di piazza. “Come si direbbe in linguagio aziendale, abbiamo sia la best practice che il worst case – dice al Foglio Alessandro Cattaneo, ex sindaco di Pavia e responsabile Formazione di Forza Italia – Le buone pratiche servono come riferimento per limare e migliorare, mentre i casi complicati e difficili per capire come intervenire e dare una svolta. Entrambi i casi però dimostrano che Forza Italia è utile al paese quando è in salute e riesce a essere un’interlocutrice del governo e il perno dell’alleanza di centrodestra”.

 

Questo ruolo gli azzurri l’hanno giocato per un anno con il Patto del Nazareno, quando Silvio Berlusconi era il pivot delle riforme, poi con la rottura dell’intesa con Matteo Renzi si è aperta una fase barricadera che non ha prodotto i frutti sperati. Ora l’esplosione della coalizione a Roma indica che c’è la tentazione dalle parti del Cav di voler tornare allo spirito del Nazareno: “Indubbiamente a quel tavolo eravamo il propulsore delle riforme e dell’innovazione – dice Cattaneo – A    desso invece emergono una serie di criticità che spesso esprimiamo con posizioni discordanti. Dovremmo invece rivendicare le nostre battaglie storiche ora che entrano nel vocabolario della sinistra”.

 

Sembra che la rottura del Patto del Nazareno abbia fatto male a Forza Italia e lo scontro su Roma indica proprio il tentativo di smarcarsi dall’abbraccio della destra più identitaria: “Vedo che anche il governo è in difficoltà e mi sembra che a un anno dalla fine del Patto del Nazareno si renda conto che fregando Forza Italia non ha fatto un buon servizio al paese. Il nostro ruolo a quel tavolo era fondamentale, avrebbe permesso riforme più ordinate e meno pasticciate. Renzi ha invece fatto saltare questa logica positiva, il suo atteggiamento bulimico da un lato rischia di rendere più debole e fragile il paese e dall’altro dimostra ancora una volta quanto la presenza di Forza Italia sia determinante per riformare il paese”. Per un certo periodo è sembrato che, più che le riforme, la preoccupazione principale di Forza Italia fosse coprirsi a destra. “In qualche modo se n’è accorto anche Salvini, e sicuramente più di lui autorevoli responsabili della Lega, che è fondamentale avere Forza Italia in salute.

 

Parassitare il consenso e prendere a schiaffoni gli alleati è un gioco che forse paga nel breve periodo, ma non fa vincere le elezioni”. Eppure la paura di perdere voti a destra ha spinto Forza Italia su posizioni che non sono nel suo dna, come quella contro le trivelle o quella a difesa dell’intoccabilità della Costituzione, insieme a coloro che fino a poco tempo fa manifestavano contro il Caimano. “La personalizzazione contro Renzi non deve spingerci accanto a quelli che abbiamo sempre combattuto. Dobbiamo rivendicare battaglie che abbiamo fatto venti anni fa e che ora la sinistra, dopo averci demonizzato e massacrato, porta avanti in maniera più pasticciata. Sbagliamo se ci facciamo trascinare nell’errore storico della sinistra, quello della demonizzazione dell’aversario. Forza Italia deve uscire dalle paure che la stanno ingessando e diventare il motore del centrodestra e del riformismo liberale, riprendendo le sue grandi intuizioni”.

 

C’è la destra casinista No Triv che, contro la propria storia, voleva dare una spallata al governo usando il referendum e invece è andata a sbattere contro il muro. E c’è il centrodestra silenzioso e concreto di Stefano Parisi che, come Renzi, si è astenuto sulle trivelle e rischia di battere il renziano Beppe Sala dato inizialmente per sicuro vincente. Il centrodestra nazarenico è anche più competitivo di quello No Triv? “Milano è sempre stata un laboratorio nazionale, il candidato Parisi sta lavorando bene e ha costruito una squadra competitiva, allargandola a personalità come Corrado Passera. Sala invece, dopo l’entusiasmo iniziale, è molto nervoso. Parla di case popolari ma dimentica la sua casa a Sankt Moritz, è renziano ma va a votare ‘sì’ alle trivelle per prendere voti a sinistra. Si trova in uno schema che non gli appartiene e quando ti sforzi a giocare un ruolo non tuo il risultato è negativo”. Il giovane Cattaneo parla di Sala, ma le sue parole sono riferite anche alla deriva urlatrice del suo partito.

  • Luciano Capone
  • Cresciuto in Irpinia, a Savignano. Studi a Milano, Università Cattolica. Liberista per formazione, giornalista per deformazione. Al Foglio prima come lettore, poi collaboratore, infine redattore. Mi occupo principalmente di economia, ma anche di politica, inchieste, cultura, varie ed eventuali