Patrizia Bedori (M5s) si è ritirata dalla corsa alla poltrona di sindaco a Milano (foto La Presse)

Bedori "brutta e grassa"? Se fai politica devi aspettarti di tutto, gli uomini lo sanno

Manuel Peruzzo
Patrizia Bedori, ormai ex candidata sindaco per il M5s a Milano, aveva paura di candidarsi, di vincere, di essere intervistata sotto casa. Ma per raccontare la sua storia si è preferito cavalcare il titolo vincente: “Mi avete chiamata casalinga, disoccupata, grassa e brutta”. Ma da Brunetta ad Alfano passando per Adinolfi fino a Renzi, è pieno di politici insultati per l’aspetto fisico.
Il principale problema di Patrizia Bedori, ormai ex candidata sindaco per il M5s a Milano, non è il girovita ma l’insicurezza. Aveva paura, nell’ordine: di candidarsi (“hanno insistito perché mi facessi avanti”), di vincere (“non pensavo”), di essere intervistata sotto casa (“ero terrorizzata che mi avrebbero fatto domande a bruciapelo su che cosa pensassi, che ne so, dell’Indonesia”), di essere inadeguata come sindaco. Non ha sorpreso quando, tra una lacrima e un singhiozzo, ha fatto un passo indietro. Anzi, neppure: di lato. L’ammissione ai sostenitori: “Io ho capito che non sono tagliata per fare questo”. Pianto. Applauso.

 

A quel punto non si è scritto che la cosa fosse imputabile ai vertici i quali non l’hanno mai sostenuta, temporeggiando in silenzio mentre si diffondeva il sospetto (mai smentito) che non avessero fiducia in quella candidato “debole”. Si è preferito cavalcare il titolo vincente: “Mi avete chiamata casalinga, disoccupata, grassa e brutta”, quello che ti fa schiumare di rabbia, quello che ti fa pensare “se solo vivessimo in un mondo più gentile”. Nessuno che abbia fatto notare che, forse, se non reggi due settimane di insulti della “macchina del fango”, forse non sei adatta a governare una città aggressiva come Milano e non sei pronta a respingere le difficoltà che un sindaco deve affrontare. Era il weekend degli scarsi comunicatori, quello in cui Guido Bertolaso in tv consigliava a Giorgia Meloni di "fare la mamma" anziché il vicesindaco.

Immediato lo sdegno online intercettato da un tweet del ministro Boschi: “Quando chiederanno a un candidato uomo di ritirarsi perché non telegenico? O perché deve fare il padre? Solidarietà a #Bedori e #Meloni”. In effetti a nessun uomo si chiede di ritirarsi e fare il padre (in genere neppure alle donne, infatti suona anacronistico), ma che gli uomini non vengono derisi per l’aspetto fisico è vero, o è una cosa che ci ripetiamo e a cui finiamo per credere?

 

Non occorre andare a Hollywood, dove si è detto di Adam Driver che fosse troppo brutto per interpretare Kylo Ren in “Star Wars”, o preso in giro Vin Diesel colpevole di essere ingrassato e quindi sfottuto peggio che alle scuole medie. Si può rimanere in politica.

 

Prendiamo Brunetta: “energumeno tascabile” (Massimo D’Alema); esteticamente incompatibile con Venezia (Gino Strada); “con l’autorevolezza di un professore di una certa statura accademica” (Mario Monti). Certo, non si può sostenere sia l’esempio ideale per uno che sa reggere le critiche con leggerezza o ironia, ma la sua carriera non finisce ogni volta che qualcuno sente il bisogno di postare una di lui foto facendo una battuta spiritosa su quanto è basso. Proseguiamo. Mario Adinolfi è “pancione” (Giorgio Straquadanio), Gasparri ha la faccia di un cameriere a cui non hanno dato la mancia» (Daniele Luttazzi), Alfano è “brutto vicino a Maurizio Lupi, con quella faccia da geco” (Alessandra Mussolini), Sandro Bondi è la “Cantantrice Calva” (Il Fatto Quotidiano), e digitando Alessandro Sallusti su Twitter vengono indicizzate le foto di Nosferatu, a cui ormai è paragonato di continuo; qualcuno per far l’originale sceglie gli alieni di Mars Attack o i vampiri di The Strain, ma nessuno Brad Pitt. In passato non andava meglio, Bettino Craxi era soprannominato “il Cinghialone”, Giovanni Spadolini veniva costantemente ritratto da Giorgio Forattini come un elefante ipodotato, come si legge in questo utile articolo del Giornale che traccia un campionario di insulti fisici.

 

Al ministro Lorenzin (o “Dentice”, cit. Mussolini), quando commenta: “Questo Paese non è per le donne” tocca ricordare che anche gli uomini sono continuamente attaccati dagli avversari, dalla stampa, dagli elettori: semplicemente non hanno il vantaggio di poter biasimare il sessismo. Si lamentano meno perché la maleducazione non ha genere, è trasversale. Quando vuoi offendere qualcuno colpisci basso, per fare male, funziona per tutti così. Se per le donne evocare il sessismo e la misoginia è sufficiente a vincere qualsiasi critica, proprio perché è inaccettabile sostenere posizioni maschiliste, per un uomo non c’è scudo dietro cui ripararsi: un “pelato di merda” non lo condividi con altri uomini per il genere di appartenenza, è tutto tuo.  L’obiettivo è screditarti e indebolirti, se  fai il politico devi essere abituato a reggere il peso della cattiveria. Angela Merkel viene presa in giro di continuo: sfottuta per gli abiti, per l'essere emotivamente di ghiaccio, per l'essere sovrappeso, per essere tedesca (e quindi nazista). Se sei un personaggio pubblico devi venire a patti coll'idea che gli altri si fanno di te.

 

Quando Il presidente del consiglio Matteo Renzi è ingrassato, tutti glielo abbiamo fatto pesare. In uno streaming con Di Maio di un paio di anni fa dovette rimettersi la giacca per il tasso di tweet in cui gli si faceva notare la trippa. Ricevette persino un sms: “Copriti che ti sei inchiattito”. Lorella Zanardo può dormir tranquilla: era Gaia Tortora. Quando la stampa sfotte Matteo Renzi paragonandolo a Mr Bean nessuno se ne lamenta, perché è un uomo: è solo un insulto. Pericolo scampato. Magari poi piange in un angolo ma se ne fa una ragione, di non essere geneticamente come Barack Obama, cioè uno che viene bene in foto anche quando viene male. Nel suo caso, solo nel suo, l'indice di gradimento politico coincide con quello estetico. Per tutti gli altri: fatevene una ragione.