Il Presidente Sergio Mattarella in occasione del messaggio di fine anno (foto LaPresse)

Zeitgeist, riforme, Quirinale. Le sfumature di grigio di Mattarella così in tono con la Terza Repubblica

Claudio Cerasa

Si può dire senza paura di sbagliare che Sergio Mattarella, rullo di tamburi, rappresenta perfettamente lo Zeitgeist del nuovo corso politico. Un corso politico che da qui alla fine del 2016 dovrebbe portare il paese a una transizione all’interno della quale il grigio di Mattarella non potrà che essere la giusta tonalità con cui colorare le stanze del Quirinale

Zeitgeist, dicevano i filosofi della storia per indicare la tendenza culturale di un’epoca: lo spirito del tempo. Ad ascoltare giovedì sera il discorso dolcemente soporifero del Presidente della Repubblica – la sua performance di fine anno perfettamente in tono con l’impostazione “cinquanta sfumature di grigio” impressa dal successore di Giorgio Napolitano al nuovo corso quirinalizio – si potrebbe pensare che rispetto a uno spirito del tempo fatto di velocità, colori, modernità, battute folgoranti e tweet non ci sia nulla di più distante di un presidente della Repubblica grigio e ingessato, visibilmente a disagio con l’arte oratoria e le tecniche di lettura del gobbo. Niente di più distante dalle lente inquadrature di una regia che, capolavoro tecnico, è riuscita a far sembrare le riprese del discorso di fine anno persino più retrò del lessico del nuovo capo dello stato.

 

Mai come in questo caso però l’apparenza non deve ingannare, e al di là del contenuto il messaggio del presidente della Repubblica – discorso che ha presentato alcune banalità come l’allarme contro l’imperante “logica del profitto”, santo cielo, e l’appello a non trascurare quei “cambiamenti climatici” che presto spazzeranno via l’umanità – ha compreso due passaggi molto saggi come quello sul terrorismo, con Sergio Mattarella che ha scelto di aggettivare ancora una volta il termine terrorismo con l’espressione, raramente usata da Renzi, “di matrice islamista”. O come quello sulle banche, con il capo dello stato che ha magnificamente ignorato il caso delle banche popolari, trattato da Renzi come un dramma nazionale ma che pur essendo un piccolo dramma resta un piccolo caso isolato e non di sistema. Al di là di tutto questo, si può dire senza paura di sbagliare che Sergio Mattarella, rullo di tamburi, rappresenta perfettamente lo Zeitgeist del nuovo corso politico. Un corso politico che da qui alla fine del 2016 dovrebbe portare il paese a una transizione all’interno della quale il grigio di Mattarella non potrà che essere la giusta tonalità con cui colorare le stanze del Quirinale. La transizione politica è ovviamente legata al passaggio del referendum sulla riforma costituzionale e su questo tema il pensiero del capo dello stato è chiaro ed è quello espresso non il 31 sera ma lo scorso 21 dicembre dallo stesso Mattarella di fronte alle alte cariche dello stato: “Non entro nel merito di scelte che appartengono alla sovranità del Parlamento e che saranno poi sottoposte a referendum popolare. Osservo soltanto che il senso di incompiutezza rischierebbe di produrre ulteriori incertezze e conflitti oltre ad alimentare sfiducia” e il referendum “mira a concludere la lunga transizione avviata da un quarto di secolo e purtroppo segnata da intese mancate e tentativi falliti”.

 

Senza cadere nel politicistico, il punto ci sembra semplice: il combinato disposto Italicum più riforma costituzionale più fine del bicameralismo perfetto più maggiori poteri al presidente del Consiglio avrà l’effetto di rafforzare la figura del premier e togliere sostanzialmente al capo dello stato il compito di scegliere dal mazzo delle carte della politica il nome del capo del governo. L’Italicum, in realtà, aiuta chi vince le elezioni a formare un esecutivo con numeri certi per governare ma non offre alla lista vincente un numero di parlamentari sufficiente per avere una maggioranza eternamente assicurata (24). Ma nonostante questo, inutile girarci attorno, le riforme costituzionali depotenziano di fatto il Quirinale e rafforzano sempre di più Palazzo Chigi. Se il referendum passerà il nuovo equilibrio verrà costituzionalizzato e si passerà alla Terza Repubblica. Se il referendum non passerà e tutto il sistema delle riforme salterà, a Mattarella toccherà fare quello che anche i nemici di Renzi si augurano che non accada più al Quirinale: muoversi come un Re e non solo come un semplice e disciplinato garante delle nuove istituzioni, come prevederebbe il nuovo spirito del tempo. A ottobre, in un certo senso, al referendum si voterà anche per questo.

Di più su questi argomenti:
  • Claudio Cerasa Direttore
  • Nasce a Palermo nel 1982, vive a Roma da parecchio tempo, lavora al Foglio dal 2005 e da gennaio 2015 è direttore. Ha scritto qualche libro (“Le catene della destra” e “Le catene della sinistra”, con Rizzoli, “Io non posso tacere”, con Einaudi, “Tra l’asino e il cane. Conversazione sull’Italia”, con Rizzoli, “La Presa di Roma”, con Rizzoli, e "Ho visto l'uomo nero", con Castelvecchi), è su Twitter. E’ interista, ma soprattutto palermitano. Va pazzo per i Green Day, gli Strokes, i Killers, i tortini al cioccolato e le ostriche ghiacciate. Due figli.