Non chiamarmi, se puoi, “Cosa Rossa”. Sogno gauchiste in scena al Quirino

Marianna Rizzini
La nuova creatura (o rassemblement o cantiere o grande speranza) si presenta, si farà conoscere al grande pubblico – questo il sogno – per dare il via ai lavori della “Sinistra che cambia”.

Roma. Non chiamarci, se puoi, “Cosa Rossa”, dice Alfredo D’Attorre, deputato ex Pd ora pronto a entrare nella nuova creatura (o rassemblement o cantiere o grande speranza) che sabato 7 novembre, a Roma, al Teatro Quirino, si farà conoscere al grande pubblico – questo il sogno – per dare il via ai lavori della “Sinistra che cambia”, come si legge nella lettera d’intenti in cui ci si propone di rimettere mano alla legge di Stabilità di Matteo Renzi, obiettivo minimo, e di “scrivere insieme una nuova pagina della storia delle sinistra italiana”, obiettivo massimo. “Sinistra che cambia”, dunque, ma se la speranza è alta il dubbio serpeggia: ancora?, si domanda l’osservatore (e anche l’elettore). Tante volte infatti è cambiata, la sinistra-sinistra che sta “a sinistra di”, e sempre speranzosa si è lanciata, dopo infiniti voli senza paracadute, in quella che pareva comunque la nuova epoca – e invece sorte ha voluto che ogni volta fosse nuova delusione, per gli Arcobaleni e le Fabbriche e le sigle pro Ingroia e pro Tsipras e anti B. (Silvio Berlusconi) ma pure anti P. (Romano Prodi), anti W. (Walter Veltroni) e anti R. (Matteo Renzi).

 

Fatto sta che ora tutto cambia, dicono D’Attorre e l’altro transfuga ex pd Giorgio Galli: “Ci sarà un polo di aggregazione in Parlamento e sui territori”, ma con “l’aiuto generoso di Sel”. E al secondo “aiuto generoso di Sel” detto in conferenza stampa si capisce che la gratitudine riguarda la possibilità di creare con Sel e altri parlamentari sparsi un gruppo unico alla Camera e in Senato, ma si capisce pure perché Pippo Civati a sinistra vuole andare da solo (il 21 novembre a Napoli nascerà il suo “Possibile”): per evitare di perdersi nell’indistinto vendoliano. Ma quando li si sente parlare, i deputati della “sinistra che cambia” e pure i seguaci civatiani, pare che tutti puntino alla stessa chimera dell’unità a sinistra (D’Attorre, intervistato da Repubblica, nel più ottimista dei wishful thinking la vede già al 15 per cento). Intanto, in vista del Quirino, ci si fa forza ispirandosi all’economista e premio Nobel Joseph Stiglitz, faro degli tsiprasiani e dei corbyniani (fan del rosso vincitore delle primarie laburiste inglesi Jeremy Corbyn). E ci si fa forza nascondendo sotto al tappeto la prima crepa nell’utopia del “tutti insieme”: “Con Cofferati e con Civati”, diceva infatti quest’estate il fuggitivo (dal Pd) ex viceministro dell’Economia Stefano Fassina, dopo aver annunciato l’addio ai dem in quel di Centocelle, e dopo averlo sancito in un altro teatro (il Palladium), forse non immaginando che l’autunno avrebbe portato un Civati che andava per la sua strada, dopo mesi di faticaccia per la raccolta firme referendaria non sempre condivisa, così dicevano esacerbati i civatiani, con il nascente carrozzone della “sinistra che cambia” e con il pre-esistente corpo partitico di Sel (ma D’Attorre ieri cercava di riallacciare la corrispondenza di amorosi sensi con l’isolazionista: “Sono convinto che tra qualche mese il percorso di Civati si unirà al nostro”).

 

[**Video_box_2**]E allora tutti al Quirino sabato mattina, sì, a parlare intanto dei massimi sistemi: “la mutazione genetica” del Pd, il Renzi “astuto” che non rinuncia “alla parola sinistra”. Ma ci si andrà, al Quirino, pure con sottesa vena scaramantica (della serie  “fusse che fusse la vorta bbona”, direbbe Nino Manfredi) e con intatto carico di già visti problemi concreti. Primo problema: che fare ai ballottaggi con il M5s? D’Attorre dice “meglio loro che un renziano”, ma non tutti concordano. Secondo problema: con chi allearsi alle amministrative? Con il Pd a Milano, si è detto, e con Luigi De Magistris a Napoli. Diavolo e acqua santa, forse, e di sicuro materia di futura contesa. Così il miraggio dell’unità, fatto entrare dalla porta, esce dalla finestra al solo pensiero di ritrovarsi a litigare sul “con chi andiamo?”, come i famosi “micropartiti-micro organismi” che si scindevano e riscindevano nelle parole del Fausto Bertinotti (profetico) imitato da Corrado Guzzanti.

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  • Marianna Rizzini
  • Marianna Rizzini è nata e cresciuta a Roma, tra il liceo Visconti e l'Università La Sapienza, assorbendo forse i tic di entrambi gli ambienti, ma più del Visconti che della Sapienza. Per fortuna l'hanno spedita per tempo a Milano, anche se poi è tornata indietro. Lavora al Foglio dai primi anni del Millennio e scrive per lo più ritratti di personaggi politici o articoli su sinistre sinistrate, Cinque Stelle e populisti del web, ma può capitare la paginata che non ti aspetti (strani individui, perfetti sconosciuti, storie improbabili, robot, film, cartoni animati). E' nata in una famiglia pazza, ma con il senno di poi neanche tanto. Vive a Trastevere, è mamma di Tea, esce volentieri, non è un asso dei fornelli.