Scordatevi i maître à penser di sinistra

Mauro Zanon
L'èra di Sartre è finita da tempo, oggi gli intellettuali di destra dominano a Parigi e l'Obs, che cerca di trovare nuovi fari per il pensiero della gauche, ottiene risultati comici

Parigi. “Stanchi di Finkielkraut, Zemmour e degli altri colossi mediatici neoreazionari… Un altro paesaggio intellettuale si ricompone fortunatamente da qualche anno con delle nuove incarnazioni del pensiero di sinistra”. Roba forte. E dire che di questo nuovo “paesaggio intellettuale” di sinistra finora nessuno si era accorto. Svista nostra o segno di un’egemonia culturale che in Francia si sta spostando verso destra? Il politologo Gaël Brustier, non proprio un infrequentabile reazionario, nel suo ultimo saggio, “A demain Gramsci”, ha spiegato accuratamente perché la droite “ha vinto nelle teste”, mentre la gauche soltanto “nelle urne”. Il settimanale Obs, nel suo ultimo numero, ha provato a rispondere a lui, a Michel Onfay, a Philippe Val, a Jean-Claude Michéa, a Régis Debray e a tutti quegli intellettuali storicamente di sinistra, oggi bollati come “apostati”, che hanno riconosciuto la sconfitta della gauche nella battaglia delle idee, disegnando un quadro dei nuovi pensatori di riferimento dell’autoproclamato “campo del bene”.

 

Il settimanale del trio più coccolato dal Tout-Paris, Bergé-Niel-Pigasse, ne ha individuati una quindicina da inserire nel dossier intitolato “L’intellettuale sinistra si muove ancora?”, ma tra i prescelti il solo ad avere una qualche influenza nel dibattito delle idee è l’economista chic Thomas Piketty (e forse, anche lui, più per la sua aura di star dei salotti buoni, che per quello che dice e scrive nelle sue opere). Per gli altri quattordici, parlare di “intellettuali di riferimento” della nuova sinistra come ha fatto l’Obs è alquanto azzardato. L’economista Gaël Giroud, sorta di Piketty ma meno cool, è evocato per un libro del 2012, “Facteur 12”, nel quale propone – che idea rivoluzionaria! – di tassare maggiormente i ricchi per ridurre le disuguaglianze. Il giovane filosofo Grégoire Chamayou figura nella lista per la sua, sconosciuta ai più, “Teoria del drone”, presentata dall’Obs come una “requisitoria metafisica contro il gioiello tecnologico dell’esercito americano e il suo bilancio sanguinoso”. La filosofa Cynthia Fleury, soprannominata “filosofa delle cité”, ha appena pubblicato “Les Irremplaçables”, nel quale, va da sé, è tutta colpa del neoliberismo se la democrazia e la nostra identità sono in pericolo. Raphaël Liogier denuncia il “populismo liquido” di Marine Le Pen, Julien Coupat ci avverte, noi che non ce n’eravamo accorti, che “la rivoluzione contro il capitale dei milieu anarco-autonomisti sta per arrivare”, (non l’avete vista in Val di Susa con i No-Tav?, ci chiede), mentre Pierre Dardot e Christiane Laval, rispettivamente filosofo e sociologo, ci assicurano che la terza via del “bene comune”, quella già indicata dai “zadisti”, dagli “altermondialisti” e dai “decrescisti” di ogni latitudine vincerà presto sui gruppi privati e gli stati.

 

[**Video_box_2**]Sarebbero queste, secondo l’Obs, le “nuove incarnazioni del pensiero di sinistra”. Dietro al titolo a caratteri cubitali sparato in prima pagina dall’Obs, “Chi sono i nuovi intellettuali di sinsitra?”, c’è tutta l’ansia e l’insicurezza di una gauche che ha smarrito i suoi punti di riferimento e non vede più i suoi pensatori occupare il paesaggio mediatico e battagliare con la stessa energia e veemenza con la quale oggi l’artiglieria pesante della destra intellettuale francese, i Zemmour, i Finkielkraut, i De Villiers, i Buisson, i Ménard, le Lévy stanno facendo egemonia culturale. Sempre l’Obs, qualche settimana fa, si chiedeva: “Dove sono finiti gli intellettuali di sinistra?”. Pascal Riché, autore del pezzo, constatava che gli intellettuali di sinistra sono assenti dalla scena mediatica, “non si incrociano più”, mentre i polemisti di destra “fanno festa” e sono ubiquitari nei palcoscenici televisivi. Quando questi ultimi non ci sono, ci pensa comunque la gauche autolesionista a riportarli sotto i riflettori, come ha scritto Elisabeth Lévy nell’ultimo numero del mensile Causeur: “Sono comici quelli di Libération. Si lamentano dicendo che siamo ovunque e allo stesso tempo ci dedicano le loro prime pagine. Tre volte in un mese. Abbiamo anche avuto gli onori del Monde, dell’Obs e di molti altri media, i quali, denunciando la nostra onnipresenza mediatica, contribuiscono ad amplificarla”.