Il premier inglese David Cameron con il presidente del Consiglio Matteo Renzi (foto LaPresse)

A Renzi serve un kiss con Cameron

Claudio Cerasa
Le photo opportunity con Merkel sono utili ma non aiutano l’Italia a fare squadra in Europa e a contare di più. Quali sono i vantaggi di un’asse con il Regno Unito (anche per salvarsi dall’abbraccio mortale con i cugini socialisti).

Nell’ingessato e polveroso album fotografico in cui periodicamente vengono immortalati i più importanti leader d’Europa da qualche tempo a questa parte c’è uno scatto che compare sempre con più frequenza e al quale sembra tenere in modo speciale e molto particolare il nostro presidente del Consiglio: le foto ricordo tra Angela Merkel e Matteo Renzi. Lunedì scorso all’Expo di Milano il capo del governo italiano e il capo del governo tedesco hanno offerto nuovo materiale per l’album fotografico e non c’è dubbio che per il nostro presidente sia importante avere un canale privilegiato con la regina d’Europa, considerando che ogni minima richiesta di flessibilità che verrà avanzata dal nostro paese passa dalla Germania prima ancora che da Bruxelles. Nel ragionamento geometrico di Renzi esiste però un punto di debolezza tutt’altro che banale che a ogni scatto mette in una posizione tutt’altro che di forza il nostro paese e quel punto riguarda un problema che prima o poi andrà affrontato in modo coerente dal nostro capo del governo: in Europa, a differenza di molti altri paesi, l’Italia, come si dice, non riesce a fare in nessun modo squadra e continuando a giocare da sola in futuro non potrà che rassegnarsi a essere sempre un socio minore all’interno del patto franco-tedesco, e a essere inevitabilmente osservata dalla signora Merkel e dal signor Hollande più o meno con lo stesso sguardo con cui Renzi osserva oggi l’amico Alfano: bravo Angelino, che scolaro disciplinato che sei, hai fatto un bel tema, ora però torna a fare i compiti, che qui noi grandi abbiamo fretta e andiamo di corsa. La fragilità europea di Renzi – il suo essere trattato in Europa più o meno come Alfano viene trattato al governo – è legata non solo ad alcune scelte non azzeccate fatte dal presidente del Consiglio (non ultima quella di aver accettato Juncker alla presidenza della Commissione europea) ma è legata anche a un problema di fondo che riguarda la compagnia di giro da quattro soldi che accompagna il capo del governo italiano.

 

Problema: può davvero l’Italia contare in Europa se nell’album delle photo opportunity il presidente del Consiglio continua a considerare la sua vera famiglia quella dei suoi colleghi (un po’ sfigati) dei partiti socialisti europei? Quella famiglia, rappresentata in modo plastico dalla famosa foto del settembre 2014 che immortalò i finti campioncini della sinistra europea in camicia bianca (e ci deve essere un motivo se a un anno di distanza di quel vertice si ricorda non un concetto ma solo la camicia), sta mostrando segnali di grande disgregazione. E tra un Hollande che, Valls o non Valls, conta ormai solo per ragioni legate più al passato che al presente del suo paese; un Sánchez che ha scelto la strada poco lungimirante del fare concorrenza al Partito popolare spagnolo non rincorrendo Rajoy sulle riforme ma rincorrendo il populismo di Podemos; e un Jeremy Corbyn che in Inghilterra promette di spostare sempre più verso il fronte Syriza l’asse della sinistra europea, fronte al quale rischia di avvicinarsi anche il Partito socialista spagnolo, che proprio ieri, durante il voto per l’approvazione in Parlamento del piano di aiuti per la Grecia, ha presentato un progetto di rilancio europeo che potrebbe non dispiacere a Tsipras; in tutto questo grande calderone, insomma, per moltissime ragioni la destinazione finale del presidente del Consiglio e segretario del Pd, per fare squadra e provare a contare di più in Europa, più che Berlino non possono che essere, per quanto possa sembrare innaturale, la Londra e l’Inghilterra di David Cameron.

 

[**Video_box_2**]L’occasione politica per una triangolazione con il premier inglese Renzi la potrebbe cogliere facilmente considerando che in Europa non esiste un solo leader di peso che abbia messo al centro della propria agenda l’impegno a cambiare alcune regole e alcune prassi della Ue per evitare che il referendum sulla permanenza del Regno Unito nell’Unione europea possa portare a risultati devastanti per il nostro continente. Senza voler essere troppo astratti, l’Italia, per esempio, potrebbe provare a seguire un percorso che nel 2012 tentò di imboccare il governo Monti, il quale, subito dopo un famoso Eurogruppo che nel febbraio di quell’anno stanziò 130 miliardi per salvare la Grecia, scrisse, proprio con David Cameron e altri dieci leader europei, una lettera inviata all’Unione europea che non venne firmata dalla Francia e dalla Germania e che aveva al suo centro un tema sul quale Renzi oggi potrebbe giocare una partita politica importante: scardinare l’asse franco-tedesco costruendo con il Regno Unito una nuova cerniera politica e culturale sul tema della crescita e della concorrenza, partendo dal tema della creazione di un mercato unico europeo dei servizi, della necessaria eliminazione di molte barriere nell’ambito del mercato energetico e della convergenza sulla doverosa “semplificazione/diminuzione delle regole e delle leggi europee per sostenere le piccole imprese”. Già in un’occasione Renzi avrebbe potuto fare squadra con Cameron e l’occasione fu la scelta della persona giusta a cui affidare il ruolo di guida della Commissione europea. Renzi inizialmente, come ricorderete, bocciò Juncker, come Cameron, salvo poi ricredersi all’ultimo momento, al seguito di una richiesta esplicita della regina Merkel. La scelta Juncker, a oggi, non si può dire che sia stata di successo (che ne è del piano di investimenti?) e chissà che il presidente del Consiglio non capisca presto che mai come in questa fase storica costruire una cerniera con l’Inghilterra di Cameron può essere una buona strategia non solo per permettere all’Italia di contare di più in Europa e per dare la possibilità ai governi in carica di combattere i cialtronismi dei populismi (come ha detto ieri al Parlamento spagnolo il magnifico ministro dell’Economia spagnolo, Luis de Guindos, “il canto delle sirene del populismo genera aspettative insoddisfatte, frustrazione e scontento sociale”), ma anche per permettere all’Europa di contare qualcosa in più fuori dai suoi confini politici. Le photo opportunity servono, eccome. Ma forse per Renzi è arrivato il momento di scattarsene qualcuna con il vero Royal Baby d’Europa: il premier inglese.

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  • Claudio Cerasa Direttore
  • Nasce a Palermo nel 1982, vive a Roma da parecchio tempo, lavora al Foglio dal 2005 e da gennaio 2015 è direttore. Ha scritto qualche libro (“Le catene della destra” e “Le catene della sinistra”, con Rizzoli, “Io non posso tacere”, con Einaudi, “Tra l’asino e il cane. Conversazione sull’Italia”, con Rizzoli, “La Presa di Roma”, con Rizzoli, e "Ho visto l'uomo nero", con Castelvecchi), è su Twitter. E’ interista, ma soprattutto palermitano. Va pazzo per i Green Day, gli Strokes, i Killers, i tortini al cioccolato e le ostriche ghiacciate. Due figli.