Il ministro delle Riforme Maria Elena Boschi (foto LaPresse)

Rep. benedice l'Italicum

Alessandro Giuli
Finalmente arriva l’endorsement di Largo Fochetti alla riforma più Nazarenica che c’è. Parole di miele, e al contempo la più sonora e schiaffeggiante delegittimazione della minoranza post diessina che fa la fronda a Matteo Renzi dentro il Partito democratico.

E fu così che alla fine Repubblica benedisse l’Italicum. Con un lungo e preciso corsivo di Claudio Tito, calibro alto della scuderia di Ezio Mauro, il quotidiano di Largo Fochetti interrompe il gioco del silenzio sulla riforma elettorale e la incornicia come “una rivoluzione” bipolare, se non bipartitica: “Per la prima volta nel nostro Paese il sistema elettorale è in grado di determinare il sistema politico”, obbligherà il centrodestra ad attrezzarsi per la sfida mentre consegnerà la setta grillina a una progressiva irrilevanza provocata dalla “dinamica della sconfitta pedagogica”. In più, con l’introduzione (parziale) delle preferenze, “finalmente i cittadini potranno indicare gli eletti, i partiti torneranno a selezionare la classe dirigente e le correnti si peseranno sui successi o gli insuccessi e non solo sul tesseramento”. Tutto ciò, beninteso, a patto “che davvero si corregga il bicameralismo perfetto”. Parole di miele, e al contempo la più sonora e schiaffeggiante delegittimazione della minoranza post diessina che fa la fronda a Matteo Renzi dentro il Partito democratico.

 

Non potevamo sperare di meglio. Anzi sì. Date le premesse e le conseguenze di questo endorsement all’Italicum, ora Rep. deve soltanto ammettere che la nuova legge elettorale è il più bel legato testamentario del così detto Patto del Nazareno, a prescindere dal fatto che il Cav. l’abbia poi misconosciuto per ragioni misteriose, ma non a prescindere dal fatto che Rep. medesima s’era fatta portavoce di un renzismo anti Nazareno (modello: il metodo dell’elezione di Mattarella al Quirinale) che oggi giace nella polvere sconfitto e con i lineamenti solitari e tristi di Pier Luigi Bersani. Detto questo, detto tutto.