Rai, di tutto di meno

Redazione
Renzi non riforma e sceglie di non sfidare il partito della tv pubblica

Il Consiglio dei ministri ha approvato il ddl di Riforma della Rai, difficilmente il Parlamento avrà qualcosa da obiettare perché questo disegno di legge lascia pressocché intatto il potere dei partiti dentro l’azienda. Cosa prevede il disegno di legge? La riduzione – da nove a sette – dei membri del cda, di cui quattro saranno espressione del Parlamento, due del ministero dell’Economia (cioè della proprietà) e uno in rappresentanza dei lavoratori. Si produce, forse, un minimo risparmio, ma di fatto la vera novità è l’introduzione del sindacato Rai nel consiglio di amministrazione, con tutto ciò che questo potrà comportare in un’azienda ingessata e pletorica.

 

L’altra novità, per così dire, è che il direttore generale sarà chiamato "amministratore delegato", mantenendo tuttavia sostanzialmente le stesse funzioni che aveva anche prima. Peccato. L’impressione è questo sia l’unico disegno di legge di riforma Rai che il governo riteneva capace di superare la palude delle resistenze parlamentari e politiche. Una riforma che non riforma.

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