Matteo Renzi (foto LaPresse)

Il Nazareno è morto, viva il Saxareno! E anche sulla legge elettorale…

Salvatore Merlo
Il patto del Nazareno è morto e chi dice il contrario rischia d’essere morso alle gambe dagli uomini di Arcore, però, chissà com’è, ogni volta che il governo è in difficoltà in Senato ecco che Forza Italia non solo presta qualche voto al Pd, ma abbassa pure il numero legale con studiatissime assenze in Aula.

Roma. Il patto del Nazareno è morto e chi dice il contrario rischia d’essere morso alle gambe dagli uomini di Arcore, però, chissà com’è, ogni volta che il governo è in difficoltà in Senato, già ribattezzato Camera delle meraviglie, ecco che Forza Italia non solo presta qualche voto al Pd, ma abbassa pure il numero legale con studiatissime assenze in Aula. Ieri è successo persino a Montecitorio, dove la maggioranza in teoria è autosufficiente. Si votava la riforma della scuola e l’opposizione di Forza Italia è stata talmente dura che il partito di Silvio Berlusconi è finito col regalare al Pd qualche voto favorevole, garantito dagli amici di Denis Verdini (che – notizia – non è più intenzionato a lasciare il partito del Cavaliere: prima lavorava dall’esterno, adesso è tornato a lavorare dall’interno). E insomma “il patto del Nazareno è morto”, come dice Renato Brunetta, però, come spiega l’incontenibile (dalla felicità) Maurizio Gasparri, la riforma renziana della Rai “presenta ancora qualche punto critico”, ovvero “su quarantasette articoli ne conserva solo quarantasei identici a quelli della legge che porta il mio nome”. Il Nazareno è morto, viva il Saxareno!

 

Ieri mattina, alle otto, Matteo Renzi ha riunito la segreteria del Pd, e quando qualcuno dei suoi ragazzi, all’oscuro del testo di riforma Rai potentemente emendato mercoledì al telefono da Gasparri (FI) e dal sottosegretario Antonello Giacomelli (Pd), gli ha chiesto come fosse possibile che la riforma sia stata stravolta da Forza Italia con il consenso del Pd, lui ha fatto spallucce. E lo spaesamento dei membri della segreteria è d’altra parte comprensibile, visto che la riforma presentata con i tuìt “meno partiti in Rai” e “aboliremo la Vigilanza” si è trasformata, per congiura tra parola e azione ai danni dell’intendimento, in una legge Gasparri al cubo: Vigilanza über alles. Michele Anzaldi, deputato generoso e tormentato del Pd, lui che è renziano anche quando Renzi non lo è più, sintetizza così: “Se dirigenti e direttori sono ancora scelti dal consiglio di amministrazione, nominato a maggioranza dal Parlamento, i partiti continuano a lottizzare la tivù pubblica”. A un certo punto, nel corso della segreteria, alla seconda domanda sulla Rai, Renzi forse si è un po’ spazientito, e ha risposto così: “Chiedete a Filippo Sensi”, cioè al suo portavoce. E insomma il presidente del Consiglio e segretario del Pd fa come nulla fosse, e così pure il Cavaliere. Entrambi coltivano un’amicizia fondata sull’equivoco e sulla negazione. Berlusconi, da Arcore, ha persino elaborato una linea politica che suona all’incirca in questo modo: “Sono contro il governo, ma il governo non deve cadere”, che è un ossimoro, sì, cioè un caposaldo della migliore tradizione politica italiana, da Machiavelli a Togliatti fino ad Andreotti.

 

[**Video_box_2**]Il Nazareno è morto. Però adesso Forza Italia, con il tono di una richiesta ultimativa, pretende da Renzi l’introduzione nella legge elettorale del premio di maggioranza alla coalizione anziché alla lista. E si verifica così il primo incredibile caso di qualcuno che pretende minacciosamente qualcosa che è l’altro a chiedere. E infatti nelle interviste, in televisione e sui giornali, Renzi dice che la legge elettorale non si tocca, eppure Augusto Minzolini, senatore di Forza Italia, mormora, ridendo: “Da alcune settimane quelli del Pd ci chiedevano se per caso fossimo d’accordo a cambiare il premio di maggioranza. Io a Berlusconi ho suggerito di rifiutare”. Ma Berlusconi ha invece trasformato in una sua pretesa (pubblica) la richiesta (privata) di Renzi. E infatti una decina di giorni fa, a Montecitorio, quando Umberto Bossi gli si è avvicinato per salutarlo, dicendogli “secondo me dovresti ripensare al premio di maggioranza”, Renzi ha risposto al vecchio leader leghista, ancora e spesso ospite di Berlusconi ad Arcore e a Palazzo Grazioli, “vedrai che lo cambieremo”. Dopo le regionali, Renzi si è accorto del rischio di un ballottaggio con Grillo e ha pure capito che se non si coalizza rischia di non vincere, ché il Pd, da solo, al 41 per cento non ci arriva più. Il paradosso è che invece, come dice anche Minzolini, “è a Berlusconi che non conviene il premio di coalizione”. Eppure è lui che lo chiede. E insomma il Nazareno è morto. Però…

  • Salvatore Merlo
  • Milano 1982, vicedirettore del Foglio. Cresciuto a Catania, liceo classico “Galileo” a Firenze, tre lauree a Siena e una parentesi universitaria in Inghilterra. Ho vinto alcuni dei principali premi giornalistici italiani, tra cui il Premiolino (2023) e il premio Biagio Agnes (2024) per la carta stampata. Giornalista parlamentare, responsabile del servizio politico e del sito web, lavoro al Foglio dal 2007. Ho scritto per Mondadori "Fummo giovani soltanto allora", la vita spericolata del giovane Indro Montanelli.