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La "fine di una storia" di Graham Greene, lo scrittore che non si legge per caso

Adriano Sofri

Un amore felice nella città in guerra e perduto in tempo di pace. L'opera ripubblicata in Italia

Nel 1949 il New Statesman indisse un concorso fra i lettori, che inventassero un incipit di romanzo alla Graham Greene: Greene partecipò e vinse a pari merito con altri cinque, una ghinea ciascuno.

Ci sono scrittrici, scrittori, che non succede di leggere casualmente, o sporadicamente: di cui si diventa devoti. Per le storie che raccontano, o per lo stile, o per il rapporto fra la vita e l’opera. Greene è uno di questi.

Sellerio, che ne ripubblica l’opera – sono usciti nove volumi – fa affidamento su due punti di forza: la cura finissima (la “sovracuta curiosità”, ho letto in un giudizio accademico) di Domenico Scarpa, e la pubblicazione parallela dell’avvincente biografia, “Roulette russa. La vita e il tempo di Graham Greene”, scritta dall’omonimo Richard Greene e tradotta da Chiara Rizzuto. La roulette non è metaforica, Greene praticò quell’azzardo, più che per un gioco per una vocazione ricorrente al suicidio – poi morì nel 1991, a 86 anni. Nelle sue sette più sette vite figurarono l’evasione scolastica, l’analisi, la conversione cattolica per convenienza e poi per convinzione, matrimoni e adulterii, anfetamine e oppio, Londra bombardata, lo spionaggio e il sodalizio con Kim Philby, la causa per diffamazione mossagli da Shirley Temple “Riccioli d’oro”, i testi teatrali e cinematografici, gli amori tempestosi, il Vietnam, la Malesia britannica, il Messico, Cuba, Panama, il riparo fiscale in Costa azzurra, l’attacco alla classe pubblica francese, le decine di romanzi e saggi e film – “e così via”.

Il romanzo ora tradotto da Alessandro Carrera, “Fine di una storia”, è del 1951, è dei più importanti per lo “scrittore cattolico”, come non voleva essere chiamato, e ne furono tratti due film. C’è un amore appassionato e felice nella città in guerra, perduto in tempo di pace. Ha una struttura straordinariamente ingegnosa o fastidiosamente complicata: un narratore in prima persona, Bendrix, e l’altra prima persona del diario trafugato a Sarah, la donna amata e amante. Una diffidenza italiana nasce dall’espediente – il voto segreto e fatale di lei perché lui scampi alla morte, e il ricordo del voto di Lucia Mondella, che ebbe però un Fra Cristoforo svelto a scioglierla. E la morte di lei, giovane, bellissima, sensuale e tormentata, temuta già dal primo accesso di tosse. In cambio, il corpo a corpo con Dio che lei conduce fin dall’infanzia e che lui è costretto a emulare dopo averla perduta, in una gara di gelosie, ha una forza singolare e disperata.

Si può leggerlo secondo il rapporto fra il narratore, amante e scrittore, e il marito di lei, “il povero Henry”, funzionario pubblico di rango e di paziente esistenza ordinaria. Greene parafrasa la laconica sentenza tolstojana sulle famiglie infelici. “Il senso dell’infelicità è molto più facile da comunicare di quello della felicità. Nella disgrazia ci pare di essere consapevoli della nostra esistenza, anche se il risultato può avere la forma di un egotismo mostruoso: questo dolore che io sento è individuale, questo nervo che sussulta appartiene a me e a nessun altro. La felicità invece ci annienta: perdiamo la nostra identità”.

Greene avverte che le opinioni dei suoi personaggi non sono le sue, che un romanzo non è un’autobiografia. Ma questa volta sarà difficile a chi legge oggi non usare l’effusione di Bendrix come un sincero e quasi ingenuo documento di soperchieria maschile. “Sono un uomo geloso: sembrerà stupido scrivere una cosa del genere in questo che è, io credo, un lungo resoconto di gelosia… Se però l’amore doveva morire, allora che morisse in fretta. Il nostro amore era come una piccola creatura caduta in una trappola, e sanguinava a morte: dovevo chiudere gli occhi e torcerle il collo”… “-E tu non mi vorresti vedere felice, invece che avvilita? – chiedeva lei con una logica insopportabile”… “- Preferirei essere morto io o vedere morta a te, piuttosto che vederti con un altro uomo… questo è normale amore umano… –. La provocavo. - Chiunque ama è geloso”… “Mi sono sempre detto che se fosse morta avrei potuto dimenticarla”. Il giudizio rovesciato nel diario di lei suona come una conferma: “Maurice… Crede di provare odio mentre non fa che amare, sempre, perfino i suoi nemici”.

Spencer Scott, nella breve prefazione, cita i “tormenti del triangolo amoroso”. Ma i due uomini finiscono insieme nella casa in cui giace il corpo di Sarah, morta di morte a suo modo naturale, e decidono di come disporne. E’ il caso peculiare e squilibrato di triangolo con la morta, e ha un precedente capitale, per quanto possa far indignare o sorridere l’idea di Bendrix in veste di inerme Raskolnikov, e del povero Henry in quella di conformista idiota. Ma questa è così grossa che ci ho scritto su un libro.

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