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piccola posta

L'“imminente” controffensiva ucraina ha un che di misterioso

Adriano Sofri

L’interpretazione più ovvia è che l’insistenza sull’imminenza del contrattacco serva a rincarare la richiesta di aiuti. Ma c’è anche la versione opposta: che l’assistenza promessa, in risorse militari e in addestramento, è “quasi” completa

La controffensiva ucraina di primavera, o di inizio estate, sta nei titoli di telegiornali e giornali come la più certa delle notizie. Tutt’al più qualche dubbio sulle date esatte, il giorno in cui la famosa rasputiza, il suolo rammollito dal disgelo, sarà finita, e i nuovi carri potranno muoversi senza impantanarsi sul terreno asciugato. Mai offensiva o controffensiva furono tanto dichiarate, ed è inevitabile chiedersi perché. Qualche giorno fa una viceministra della Difesa ucraina, Hanna Maljar, ha detto che “la controffensiva non sarebbe stata annunciata”. Che è del tutto plausibile, quanto all’ora esatta, ma è altrettanto vero che sia stata almeno preannunciata fino allo sfinimento. C’è chi si è spinto a figurarsi che la logica sia quella del “tanto tuonò che non piovve” (o del can che abbaia non morde): la sorpresa sulla quale gli ucraini starebbero giocando questa volta sarebbe la rinuncia alla controffensiva. L’interpretazione più ovvia è che l’insistenza sull’imminenza della controffensiva e sul suo rilievo strategico decisivo servano a rincarare la richiesta di aiuti, della effettiva consegna degli aiuti promessi e ritardati, e anche della costante richiesta di missili a lungo raggio, aerei, eccetera. La versione corrente sottolinea la sproporzione fra il consumo ucraino di armamenti, soprattutto di munizioni, e la disponibilità degli arsenali alleati e del rinnovo produttivo. I leak sembrano confermare, e le lagnanze del governo ucraino su inadempienze e rinvii sono quotidiane. Ma c’è anche la versione opposta: che l’assistenza promessa, in risorse militari e in addestramento, è “quasi” completa, e dunque per la controffensiva tutto è pronto e aspetta solo il segnale d’avvio. Gli ucraini hanno perso un impressionante numero di combattenti nella difesa di Bakhmut e dei centri vicini, e fra loro si sono annoverate anche molte delle forze più esperte. Il reclutamento è diventato inevitabilmente più difficile. Ma si segnala anche che siano pronte nuove forze, alcune decine di migliaia, che comprendono i contingenti addestrati nei paesi Nato, o le brigate d’assalto formate da volontari o da ex membri di forze di polizia (con una presenza non simbolica di donne).

La spettacolare controffensiva di Kharkiv e Izyum nel settembre scorso, completata dalla riconquista di Kherson a sud, aveva puntato sul più teatrale machiavellismo del diversivo, simulazione e dissimulazione, e lo stato maggiore russo si era lasciato abbindolare per la solita sicumera da prepotenza. Ora, al contrario, il tambureggiamento sulla controffensiva sembra far escludere un effetto sorpresa dai piani ucraini. Ma allora perché? Per far paura ai soldati russi? La guerra psicologica c’è, e si può danzare la propria Haka quando ci si batte in casa contro nemici portati da fuori e spesso controvoglia. Ma non riesco a credere che gli ucraini non abbiano in serbo una sorpresa, tanto più dopo che hanno tanto alzato la posta della loro controffensiva “ever-imminent”, come l’ha chiamata ironicamente Politico. La sorpresa può riguardare il luogo? Fuori dal territorio legalmente ucraino, compreso quello occupato? Voci recenti sembrano accreditarlo – contro Wagner in Siria, contro Putin in persona secondo la spericolata Bild… – ma gli americani fanno la guardia. All’interno, c’è sempre la Crimea. E’ un paradosso: la penisola che anche i meno arrendevoli fra gli alleati dell’Ucraina non vedono l’ora di regalare definitivamente a Putin per un negoziato, è la posta più ambita della “imminent” controffensiva ucraina: la sua separazione dal resto del territorio orientale occupato, e l’accampamento militare ucraino ai suoi bordi. Di lì, immagina qualcuno, l’apertura del negoziato con la Crimea isolata e sotto tiro. A meno che… A meno che il programma di arrivare a tagliar fuori la Crimea occupata dal suo retroterra non preveda anche un’azione interna alla stessa Crimea, che faccia vacillare il regime d’occupazione.

Difficile, certo, e per Putin sarebbe uno scacco insopportabile. Ma che cosa non sarebbe insopportabile per Putin? Oltre che scavare trincee su trincee, la sua armata deve aver mulinato anche lei mosse di sorpresa, con il di più che viene dalla frustrazione. La più probabile ha a che fare con l’atomica, ma non necessariamente la bomba, sia pur tattica. E’ la centrale di Zaporizhia l’arma atomica col cui innesco i russi non smettono di gingillarsi. Era già successo, 37 anni fa, “per sbaglio”. La controffensiva russa può scegliere di svolgersi così, per sbaglio.

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