(foto LaPresse)

Paranoici o generali, solo loro sono all'altezza di un mondo in guerra atomica

Adriano Sofri

Fra Giulietto Chiesa e Dottor Stranamore: siamo più attrezzati a limitare l'innalzamento dei mari e imbrigliare il virus che a impedire l'escalation peggiore possibile

Per essere all’altezza di un mondo disseminato di testate nucleari bisogna essere o clinicamente paranoici o responsabili militari delle potenze atomiche (le due categorie tendono pericolosamente a coincidere). In questi giorni si ripescano e si ritrasmettono i filmati di Giulietto Chiesa (1940-2020), che avvertiva “profeticamente” della guerra imminente a partire dall’Ucraina, e della posta di un occidente americano in gara col tempo per disporre di armamenti che liquidassero definitivamente la reazione atomica russa (mancava poco, solo la neutralizzazione dei sottomarini nucleari) e per regolare definitivamente il conto. Solo che il paesaggio descritto scrupolosamente da Chiesa non era una profezia: era l’esposizione, da parte di uno che la conosceva e frequentava, della concezione del mondo e del programma politico-militare di Putin e della cerchia dei suoi ispiratori, pubblicamente esposto.

Oggi il grande e spaventato pubblico scopre la tesi dell’espansione a est della Nato mirata a soffocare e umiliare la Russia (in parte fondata; in parte perché le fesserie distratte prevalgono su quelle mirate) e dell’ineluttabile reazione che bisognava aspettarsene. Chiesa e altri con lui avevano già una loro dote di consensi, gli stessi più o meno che riscuotevano spiegando che le Torri gemelle e il Pentagono erano opera della Cia e del Mossad. E che “tutto quello che credete di sapere è falso”. La paranoia consente di pensare in grande, in grandioso. Le persone comuni rimuovono pensieri ributtanti come la guerra nucleare, fanno fatica già a convincersi del cambiamento del clima e della benedizione del vaccino. Quando la lucida follia della potenza esplode e minaccia sfracelli atomici – cose che voi umani… – le persone comuni si affannano a rimediare scoprendo a ritroso una moltitudine di indizi: come il geloso che crede di aver scoperto d’esser tradito da tempo, e si chiede come abbia potuto non sospettare di segni così evidenti. 

Le persone comuni però avevano ragione. Non si può sbarcare il lunario, accompagnare i bambini a scuola, leggere i “Tre moschettieri”, e insieme pensare alla minaccia atomica, sentirsela sospesa sulla testa. Però quando la terra trema e pensarci diventa inevitabile, bisognerebbe cercare lucidamente, razionalmente, di seguire il pensiero fino alle sue conseguenze, senza farsi prendere dal panico, commettere un delitto d’onore o gridare: “Mi arrendo! Arrendetevi!”. Non è facile, ed è disgustoso. Putin arriverebbe a impiegare la Bomba, magari un po’ alla volta, prima quella tattica e avanti così? Certo, tanto più che lo dice lui. E allora chi potrebbe reagire, fermarlo, impedirgli di arrivare all’irreparabile?

Che brutta domanda, che triste risposta: toccherebbe ad altri che, come e più di lui, dispongano di simili ordigni, e abbiano coltivato per professione visioni altrettanto grandiose o altrettanto paranoiche. Per guadagnare una dilazione, sostituimmo tempestivamente ai film sulla Guerra fredda e lo scontro finale fra il Pentagono e il Cremlino i film sull’alleanza dei buoni del Cremlino e del Pentagono insieme contro i cattivi o gli alieni. Contrordine: ora bisogna immaginare con raccapriccio una condizione micidiale in cui il nostro impotente destino ripasserà a qualche generale, di quelli che rubano le noccioline, o a qualche consulente geopolitico, un dottor Stranamore. Allo stato delle cose, siamo perfino più attrezzati a limitare l’innalzamento dei mari e a imbrigliare il virus che a impedire la guerra atomica. E a pensarla.

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