"Autoritratto o uomo disperato", Gustave Courbet (Wikimedia Commons) 

piccola posta

Bastano venti righe di Dostoevskij per desiderare di scrivere un altro libro

Adriano Sofri

Andiamo ringraziati per non aver ceduto alla tentazione, e intitolare magari il nostro manoscritto "Io e D.". Paolo Nori invece va ringraziato per averlo scritto, basta leggerlo

D. Ci sono cose che non possono accadere. Non si immaginano, nemmeno quando si scherza. Poi succedono, e c’è una sospensione, un silenzio immobile e attonito. Poi qualcuno reagisce, uno piange, altri provano a rianimare l’atmosfera, qualcun altro offre un caffè, qualcosa da bere. Qualcuna, qualcuno, se ne scusa, se ce la fa, e se no biascica che c’è stato un malinteso, che tutto è confermato, anzi ci vedremo per un momento di riflessione. Ma tutte, tutti, sentono che è successo ed è diventato irreparabile. Di nuovo il mondo non sarà più quello, dopo che si sia deciso di cancellare un corso – peggio: “un percorso” – su D., perché i tempi sono suscettibili. Ganja sta per colpire in faccia sua sorella. E’ furibondo, tutti sono febbricitanti, tutto è in preda al furore, come da noi. Il principe, tremando tutto, gli ferma la mano. Ganja assesta a lui, con tutta la sua forza, lo schiaffo. Il ragazzo Kolja è il primo a gridare disperato: Ah, Dio mio! Il principe è pallido, guarda Ganja con uno sguardo strano, pieno di rimprovero. “Colpisca pure me, ma lei…”. Ma di colpo non resiste, gli volta le spalle, si copre il viso e mormora, la voce spezzata: Oh, come si vergognerà di questo gesto! Poi tutti gli si affollano intorno, e lui balbetta: “Non è nulla, non è nulla!”

Succede di tutto. Il mondo è perduto quando tutto succede. In Russia si chiudono giornale e tv e radio che nominano la parola Guerra. “L’operazione speciale militare e la pace”, titolo corretto. E’ irreparabile che si sia spiegato, ieri, che D. era un grande scrittore, che era stato condannato a morte e graziato all’ultimo minuto, che era stato un forzato, che…

Chi di noi non ha desiderato scrivere un libro intitolato “Io e D.”, bastava averne letto venti righe. Andiamo ringraziati per non averlo fatto. Paolo Nori va ringraziato per averlo fatto, basta leggerlo. E anche suo fratello: “Sono scemi”. 
 

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