"N – Io e Napoleone" (2006) è un film di Paolo Virzì ispirato al romanzo di Ernesto Ferrero 

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Napoleoni letterari

Adriano Sofri

Molti autori hanno rappresentato il generale Bonaparte. Il preferito dello scrittore Ernesto Ferrero è Chateaubriand. I miei? Stendhal e Conrad

Caro Ernesto Ferrero, oggi lei compie gli anni, e questi sono i miei auguri, che, venendo a ridosso del 5 maggio bicentenario del suo Napoleone, valgano il doppio. Nella presentazione del suo “Napoleone in venti parole”, Einaudi, Gian Arturo Ferrari le ha chiesto quale delle innumerevoli raffigurazioni letterarie di Napoleone le fosse più cara – Chateaubriand, il contrario di un laudatore. Il quale lamentava che “dopo aver subito il dispotismo della sua persona, ci tocca subire il dispotismo della sua memoria”.

 

Le predilezioni di Ferrari, che mette Guerra e pace sopra ogni cosa,  sarebbero state anche le mie: per Il rosso e il nero, Julien Sorel che nasconde il ritratto di Napoleone sotto il pagliericcio di casa de Rênal, e per Il duello di Conrad, in cui il ringhioso plebeo Feraud e il nobile rassegnato D’Hubert illustrano esemplarmente sulla loro scena privata i tempi fatali di Napoleone. Se non ricordo male, l’aristocratico suocero di D’Hubert nel suo ritiro fa il calzolaio, e anche il principe Bolkonskij padre in Guerra e pace. E Tolstoj stesso a Jasnaja Poljana si ripara gli stivali. Verrebbe da dire che l’antagonista migliore di Napoleone sia un ciabattino, come negli stivali foderati distribuiti da Kutuzov, come nella raccomandazione di Primo Levi: “chi ha le scarpe può andare in giro a trovar da mangiare, mentre non vale l’inverso”. La ragione per cui bisogna pensarci due volte prima di fare la guerra alla Russia. 

 

Volevo dirle che un mio amico psichiatra mi assicura che non c’è in giro nessuno che si prenda per Napoleone. Però qui a Firenze, fin dalla prima ondata, un signore distinto e di età ragionevole si è rivolto a tutte le autorità possibili dichiarando di essere, in persona, il coronavirus sul quale si faceva tanto chiasso, e di non capire perché non ci si concentrasse su lui. Mi dicono che nel luogo ospitale in cui ha trovato ricovero continua a non capacitarsene, ma si è fatto una sua idea sulla insensatezza dei tempi. Questo per rispondere in modo un po’ incoraggiante alla sua domanda se la grandezza possa venire solo dall’eccezionalità, e la repubblica produca soltanto mediocrità.

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