Sostenitori di Muharrem Ince in piazza a Istanbul. Foto LaPresse

L'ago della bilancia delle elezioni in Turchia è in carcere

Adriano Sofri

Se l'Hdp riuscisse a superare il 10 per cento, nonostante la repressione brutale e la detenzione del suo leader Demirtas, si andrebbe al ballottaggio. Ma per chi ama la libertà Erdogan ha già perso

Domenica prossima, se l’Hdp, il Partito democratico dei popoli, dell’avvocato curdo detenuto Salahattin Demirtas riuscisse ancora una volta a superare, nonostante la repressione brutale cui è sottoposto, la proibitiva soglia del 10 per cento, l’Akp di Erdogan mancherebbe probabilmente la maggioranza. Nel ballottaggio l’Hdp appoggerebbe il leader del più forte partito di opposizione, il kemalista Partito repubblicano del popolo, Chp, Muharrem Ince, che guida un’alleanza elettorale di tre partiti. Ince ha una sua idea sul faraonico palazzo presidenziale di Erdogan. Ha promesso di distribuire ai poveri il denaro risparmiato per la manutenzione delle sue 1.100 stanze, dei giardini e delle altre meraviglie: più di 300 milioni di euro all’anno.

  

Non so se sia vero che Erdogan, come sostengono numerose e credibili fonti, sia malato da tempo di cancro, e la sua malattia si sia aggravata di recente, come gli esperti deducono dalla sua aria affaticata e spenta in questi ultimi giorni di campagna elettorale. So che il suo rivale curdo, Demirtas, è chiuso da due anni senza alcuna condanna in una cella di alta sicurezza e da là conduce la sua campagna di candidato alla presidenza. Un orrendo regime di polizia come quello di Erdogan non è riuscito a impedire al proprio privato prigioniero di candidarsi e di tenere i suoi dieci minuti di comizio registrato. Comunque vadano le elezioni anticipate di domenica, Demirtas ha vinto per chiunque abbia amore per la libertà, per chiunque sappia scegliere fra una cella di carcerato a Edirne e una reggia di carceriere ad Ankara.