Matteo Salvini (foto LaPresse)

"Dovranno passare sul mio corpo"

Adriano Sofri

Una replica alle parole di Salvini sulla vecchia storia degli zingari, degli stranieri, degli altri

Nel 2009, quando fu varato l’ignobile e truffaldino reato di ingresso e soggiorno clandestino, scrissi un articolo intitolato “Ora l’Italia è più cattiva”. Matteo Salvini se ne indignò. Mi chiamava “brigatista”, qualcuno lo corresse e si accontentò di chiamarmi “assassino”. Con lo stesso decreto (Maroni) si finse una regolamentazione delle ronde padane. Problema superato, Salvini dispone della polizia di Stato. Può schedare gli zingari, come se la polizia non l’avesse fatto da sempre. Però può proclamarlo, per il gradimento. Davano I magnifici sette, lunedì pomeriggio, su Sky. L’ho riguardato, per la sesta o la settima volta. Ha una sua attualità. C’è il villaggio di contadini messicani vessati e decimati, donne violate, bambini terrorizzati: nel giorno in cui le televisioni mostravano i bambini messicani strappati ai genitori e chiusi in grandi gabbie di ferro nel Texas, così da ripugnare alla stessa moglie del presidente degli Stati Uniti. Il capo della banda di farabutti dei Magnifici sette è Eli Wallach: grande attore, capace di imbruttirsi e abbrutirsi e incarognirsi per adeguarsi alla parte. Alla fine somiglia un po’ a Salvini.

 

Avrete notato la dichiarazione usata poco fa dal presidente del Piemonte, Sergio Chiamparino: il governo, ha detto, “prima di bloccare la Torino-Lione dovrà passare sopra il mio corpo”. Naturalmente, quella di Chiamparino era mera retorica: un modo di dire. Bizzarro: uno che si butta sotto un treno che si blocca. Chiamparino non morirebbe davvero per la Tav (qualcuno è morto davvero, per la Tav). Ora, per me, vorrei usare la stessa espressione, ma sul serio: Dovranno passare sul mio corpo – prima di ricominciare la vecchia storia con gli zingari, con gli stranieri, con gli altri. Il mio corpo, mi viene da sorridere a nominarlo così: non vale quasi niente, è usato, rattoppato, malandato, un incrocio di cicatrici. Del resto la versione appropriata di quel modo di dire non è “Dovranno passare sul mio corpo” ma “Dovranno passare sul mio cadavere”. Di vigliaccheria, in giro, ne vedo tanta da sommergere gli Appennini. Vedrò di non trovarmi troppo lontano, la Domenica delle Ruspe.

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