Un uomo trasporta la figlia verso soldati delle forze speciali irachene durante una battaglia, il 4 marzo 2017. Di Goran Tomasev (LaPresse)

Due bilanci per capire la tragedia di Mosul

Adriano Sofri

Il numero dei caduti civili e quello dei caduti tra gli specialisti mostrano il costo dell’impotenza

Pochi giorni fa un’inchiesta della Associated Press aveva concluso che i morti civili nei nove mesi di battaglia per Mosul furono quasi diecimila. E’ una cifra molte volte superiore a quelle dichiarate, mai ufficialmente, dalla coalizione e dal governo iracheno. L’inchiesta valuta che le vittime siano dovute per un terzo ai bombardamenti e alle attività della coalizione e per un terzo all’Isis, e per l’ultimo terzo non possano essere attribuite con certezza. Anche il numero di morti dell’Isis è imprecisato. Ora un rapporto al congresso americano sostiene che le forze antiterrorismo irachene, addestrate ed equipaggiate dai ranger americani, avrebbero perso nella battaglia di Mosul il 40 per cento degli effettivi. Si sapeva che questa unità speciale aveva avuto perdite enormi, che avevano costretto a un’interruzione delle operazioni e a tentativi affrettati di rimpiazzi. Non ho trovato il numero di componenti dell’unità antiterrorismo impiegati complessivamente a Mosul. Il servizio comprendeva circa 10 mila militari: che vorrebbe dire, se se ne fosse fatto un impiego totale, 4 mila morti. Una percentuale comunque inaudita per una truppa d’élite. Due bilanci complementari, quello dei caduti civili e degli specialisti, che aiutano a capire la tragedia di Mosul e il costo dell’impotenza con cui fu dall’inizio affrontata.

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