Un frame tratto da un video di propaganda dello Stato islamico

Letture della storia

Chi arma l'Isis? Il report che eccita i complottisti non è così eccitante

Daniele Raineri

Tre anni di ricerche e più di 40 mila reperti esaminati, ma non ci sono novità:i terroristi prendono le armi ai nemici

Roma. Il Conflict Armament Research – un’organizzazione indipendente finanziata dall’Unione europea e dalla Svizzera che monitora il traffico e l’uso di armi nel mondo – ha da poco pubblicato un report di 200 pagine che riguarda le armi dello Stato islamico. E’ un documento molto accurato che ha preso tre anni di ricerche sul campo tra il luglio 2014, quando lo Stato islamico era all’apice della sua grandezza, e il novembre 2017. I ricercatori hanno visitato campi di battaglia e depositi di armi abbandonati dai terroristi in fuga, hanno fatto indagini con le aziende e gli esportatori che trattano le armi e le sostanze usate per produrre esplosivi, hanno raccolto campioni, hanno scattato fotografie e hanno tentato di fare un lavoro il più completo possibile. Una parte di questo rapporto eccita molto i complottisti perché parla di quantitativi di armi arrivate nel teatro di guerra grazie all’America e all’Arabia Saudita e finite nelle mani dello Stato islamico e come talvolta accade i fatti ritagliati dalle pagine sono fatti circolare per far passare l’idea che “l’America arma l’Isis”.

 

La lettura completa del rapporto non sostiene questa idea. La prima cosa che si nota sono le quantità. Il Car ha esaminato più di quarantamila reperti e alla fine i casi in cui armi acquistate dall’America sono finite allo Stato islamico sono dodici. Due mitragliatrici, un missile controcarro e alcuni razzi. La seconda cosa che si nota, ed è pure spiegata, è che non si tratta di trasferimenti diretti ma di armi che erano state fornite a fazioni siriane e poi sono state catturate dai terroristi. Difficile dire che sia una novità sconvolgente di cui i media non avevano già parlato. Il report cita due gruppi, il Jaysh al suriya al jadid, che in arabo vuol dire il nuovo esercito siriano, e il Jaysh al nasr, l’esercito della vittoria. Il primo era formato da siriani locali e il suo compito era esclusivamente combattere contro lo Stato islamico nella zona di al Bukamal, nel deserto al confine con l’Iraq: non ha mai sparato nemmeno un colpo contro le forze filogovernative. Fu sconfitto dallo Stato islamico e molti suoi combattenti furono catturati e decapitati, come si vede in un video messo su Internet nel luglio 2016. Nello stesso video si vedono gli uomini dello Stato islamico occupare la base del gruppo e mettere le mani sul materiale – in alcuni casi ancora imballato – che il Pentagono aveva fatto arrivare. Come avevamo raccontato sul Foglio il 7 settembre del 2016, “il video mostra una grande quantità di armi ed equipaggiamento catturati al nuovo esercito siriano, molto del quale è arrivato dagli americani”. Il secondo gruppo, l’esercito della vittoria, era armato dalla Cia, non combatteva soltanto contro lo Stato islamico ma anche contro il governo siriano. Il report cita il caso di un missile controcarro fornito dagli americani nel dicembre 2015 e poi finito allo Stato islamico nel febbraio 2016. Proprio in quel periodo il gruppo operava contro lo Stato islamico nella zona di Hama. Insomma, il Car non porta capi d’accusa esplosivi, ma conferma storie conosciute. Se c’è un’informazione nuova è che alcune di queste armi erano state acquistate dall’America in altri paesi (Romania per esempio) con una clausola che vietava il retransfer, vuol dire che non avrebbero dovuto essere cedute a terze parti come invece è successo e che quindi c’è stata una violazione contrattuale.

 

Anche il rapporto del Car conferma che in assoluto la prima fonte di armi per lo Stato islamico fu il saccheggio delle basi dell’esercito iracheno e di quello siriano. Dopo la conquista di Mosul nel giugno 2014 e di Ramadi nel maggio 2015, entrambe in Iraq, furono perduti 2.300 blindati Humvee, 40 carri armati M1 Abrams, 52 cannoni a lunga gittata. Quando l’esercito siriano scappò da Ayyash nel marzo del 2016 abbandonò il più grande quantitativo di armi saccheggiato durante la guerra: due milioni di proiettili e novemila granate, tra le altre cose. Questo bottino enorme non è mai citato dai complottisti, perché non si presta a insinuazioni.

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  • Daniele Raineri
  • Di Genova. Nella redazione del Foglio mi occupo soprattutto delle notizie dall'estero. Sono stato corrispondente dal Cairo e da New York. Ho lavorato in Iraq, Siria e altri paesi. Ho studiato arabo in Yemen. Sono stato giornalista embedded con i soldati americani, con l'esercito iracheno, con i paracadutisti italiani e con i ribelli siriani durante la rivoluzione. Segui la pagina Facebook (https://www.facebook.com/news.danieleraineri/)