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Il grottesco della guerra

Adriano Sofri

Ieri andavo da Erbil ai paraggi di Mosul est, per visitare campi di sfollati recenti

Le guerre sono orrende, ma anche grottesche. Riferisco una piccola esperienza. Ieri andavo da Erbil ai paraggi di Mosul est, per visitare campi di sfollati recenti. Al check-point di Kelek, più o meno a due terzi del tragitto, ho trovato un ingorgo come non avevo mai visti. Non immaginate soltanto una lunghissima coda: quella c’era, di camion soprattutto, su almeno tre file in una strada larga come una nostra provinciale. Ma le auto avevano via via cercato di aggirarla da ogni lato, stipando un vasto territorio, collinette e avvallamenti compresi, senza alcuna possibilità di passare, però adeguate a ostacolare le manovre di chi si rassegnava a tornarsene via. E si trattava di ambulanze, di camion di beni necessari, autocisterne, di convogli umanitari, di furgoni e auto di lavoratori e personale impegnato al fronte. Non restava che aspettare pazientemente di sfilarsi dall’imbottigliamento e tornare indietro. Operatori delle Nazioni Unite mi hanno detto che la cosa si ripete. Mi è sembrato di capire che la causa, o almeno una delle cause, stia nell’obbligo dei trasportatori di procurarsi un’autorizzazione speciale, e le pratiche pertinenti vanno svolte al check-point stesso. Dunque i camionisti piantano lì il mezzo, scendono e vanno a piedi ai locali in cui si sbriga la pratica (sbrigare è verbo inadatto alle pratiche in genere, figuratevi qui), e intanto si accumula quella discarica di automezzi di ogni genere e di persone tristi, infreddolite e imbambolate. Inciampo sconcertante di autorità curde che sono in genere capaci di molto meglio, al fronte e dietro. Oltretutto a Mosul est la situazione si è fatta più pesante, nuovi attentatori suicidi hanno colpito attraversando il Tigri in piccole imbarcazioni, le Nazioni Unite hanno sospeso i viaggi fino alla zona liberata. E poi i problemi del traffico…

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