C'è tanta originalità nella stagione di Santa Cecilia che si aprirà con Bernstein

Mario Leone

Si partirà il 12 ottobre con il musical per eccellenza: “West Side Story”. E poi Argerich e Sokolov tra le stelle in arrivo a Roma

E’ sempre una gioia vedere l’alba di una nuova stagione musicale. Non è scontato nemmeno quando i protagonisti sono grosse istituzioni come l’Accademia nazionale di Santa Cecilia. La musica in Italia non vive un momento facile a causa di una crisi profonda della politica e dell’educazione. Un problema, questo, su cui tanto si dibatte ma poco si riesce a fare. Intanto però Santa Cecilia offre un nuovo anno di musica di altissimo livello proponendo all’Urbe oltre duecento eventi, tra stagione sinfonica e da camera, concerti speciali e poi tre tournée all’estero (ventisette concerti fuori sede in totale): Germania, Austria, Russia e un lungo tour asiatico (circa un mese) portando il nome di Roma alla ribalta mondiale non solo per le buche profonde come gli inferi e la diffusa sporcizia stradale.

 

Si diceva degli eventi a Roma e della necessità anche economiche che hanno le istituzioni musicali. Proprio per questo, pensando a un cartellone così lungo e complesso, non si possono trascurare i numeri. Lo ricorda Michele dall’Ongaro, presidente dell’Accademia nazionale di Santa Cecilia: “L’Accademia vive per metà di finanziamenti pubblici e per metà di sovvenzionamenti privati. Ogni settimana siamo chiamati a portare novemila persone nel nostro auditorium”. Per fare questo quindi c’è bisogno di qualità, originalità e capacità di rischiare. Sembra che quest’anno non manchino.

 

Si partirà il 12 ottobre con il musical per eccellenza: “West Side Story” di Leonard Bernstein (dal 1983 al 1990 fu presidente onorario dell’orchestra) che andrà a concludere le celebrazioni per i cento anni della nascita del compositore statunitense. Sarà una versione concertistica quella presentata al pubblico con qualche soluzione originale per evitare la staticità di una formula di questo tipo. Lo fa intuire Antonio Pappano, direttore musicale dell’Accademia, che parlando della “sua” orchestra mal cela un pizzico di commozione e orgoglio. La conferenza stampa continua in attesa del sindaco Raggi che ritarda il suo arrivo. E mentre Michele dall’Ongaro intrattiene il pubblico con il piglio del consumato conduttore radiofonico, non manca di segnalare i nomi che costellano l’universo della stagione 2018-2019. Martha Argerich, András Schiff, Grigorij Sokolov, solo alcuni dei pianisti. Tra i direttori, Daniele Gatti, Gustavo Dudamel, Mikko Franck, Jurij Temirkanov, Kirill Petrenko (nuovo direttore scelto dai Berliner Philharmoniker). E poi tanti solisti di rilievo del panorama internazionale. Ce n’è per tutti i gusti e per tutte le età. Proprio i più giovani sono quelli a cui Santa Cecilia guarda con attenzione. I minori di 18 anni entreranno sempre in sala gratuitamente se accompagnati da un adulto che avrà il dieci per cento di sconto sul proprio biglietto. In generale per tutti gli abbonati i prezzi sono rimasti inalterati a dimostrazione di quanto si voglia favorire una presenza sempre più massiccia tra le volte dell’Auditorium. Intanto arriva la Raggi che ricorda gli sforzi per aprire le istituzioni musicali al pubblico, per strada. Frasi di circostanza che nulla aggiungono al duo Pappano-dall’Ongaro ormai in piena simbiosi, tanto da non parlare mai in prima persona ma sempre al plurale. “Vogliamo curare i dettagli – osserva Pappano – c’è un detto inglese che dice: ‘bisogna sudare le cose piccole per far funzionare un ente’. Questa è la nostra promessa che facciamo a tutti voi”. E mentre il presidente della regione Lazio, Luca Zingaretti, promette un sempre maggiore appoggio all’Istituzione, si arriva alla fatidica domanda alla quale gli addetti ai lavori in sala attendono risposta: l’inaugurazione della stagione 2019-2020. Non è terminata quella in corso, non è iniziata la prossima che già si parla del futuro anteriore. Sono le durissime regole che le agende della musica classica impongono. Si partirà con Hector Berlioz per omaggiare i centocinquant’anni dalla sua dipartita, con la “Grande messe des morts op. 5”. Un lavoro mastodontico, ma ci sarà tempo per parlarne.

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