Le ultime levatrici dell'East End

Alfredo Galdi

Jennifer Worth
Sellerio, 464 pp., 15 euro

Con Le ultime levatrici dell’East End andiamo nell’Inghilterra dell’immediato secondo Dopoguerra. Non una qualsiasi Inghilterra, bensì l’East End, appunto, il quartiere proletario di Londra, dove la gente parla in cockney. Pur così lontani da casa, non siamo smarriti, però, perché Jennifer Worth, l’autrice, conosce perfettamente le strade e le usanze, i vicoli e i personaggi che li abitano. Infatti, il libro è il capitolo conclusivo della trilogia – pubblicata, quest’ultimo incluso, da Sellerio – ispirata direttamente alla biografia di Worth, che proprio in quella zona ha lavorato come levatrice. Così, la voce narrante ci fa strada a passo sicuro presso il Nonnatus House, il convento che fa da base al gruppo di infermiere. Il racconto segue le vicissitudini delle coinquiline, di diverso spirito, età ed estrazione sociale, accomunate dalla volontà di stare vicino alle difficoltà degli ultimi. Senza perdersi d’animo, le energiche coinquiline passano da vispe chiacchierate in sala comune alle uscite di turno. La narrazione descrive il tutto senza particolari variazioni, con stile tranquillo e lineare. Nonostante ciò, traspare tutta la labilità del confine fra lieto evento e grande tragedia che caratterizzava il parto in quel contesto. Anzi, non semplicemente traspare: l’obiettivo di Worth è descrivere con leale realismo la situazione dell’East End, e sfruttare i singoli episodi che compongono il romanzo come esempi di fenomeni sociali di più vasta scala. In questo modo, Le ultime levatrici dell’East End è al contempo romanzo à la Dickens e saggio storico, corredato dalla precisa documentazione del caso: scavando negli archivi l’autrice ricostruisce la grandezza di fenomeni come l’abbandono di minori, o la violenza legalizzata da parte della polizia. Ne esce un quadro cupo, ma nel quale a trionfare non è la resa cinica. L’attenzione al dettaglio e l’estrema precisione sono presenti anche nelle descrizioni mediche, in grado di regalare scene molto vivide, anch’esse non prive di interesse storico. Si apprende, infatti, sullo stato della professione, dei suoi “ferri del mestiere” e del tipo di tecniche che venivano insegnate e, soprattutto, come veniva somministrata la cura in un quartiere di diffusa e stabile precarietà. E’ illustrato, se non fotografato, anche tutto il processo del parto, ed è opportuno chiedersi quanto il tutto sia piacevole da leggere – va bene l’amor di verità, ma sembra quasi esserci un indugiare splatter. Il libro di Worth è un’ottima lettura per chi è in cerca di una narrazione realista, socialmente impegnata ma non per questo priva di ironia e amarezza.

 

LE ULTIME LEVATRICI DELL’EAST END
Jennifer Worth
Sellerio, 464 pp., 15 euro

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