Giù le mani dal Vesuvio

Vittorio Gennarini

di Michele Serio, CentoAutori, 362 pp., 15 euro

Il senso del tragico, di un umano tragicamente inteso alla maniera di Federico Nietzsche e la percezione del comico si fondono senza contraddizioni nelle pagine dell’ultimo romanzo dello scrittore napoletano Michele Serio. Questo narratore, ormai più che sessantenne, sembra il più degno erede della grande tradizione letteraria partenopea, quella dei Pomilio, Prisco e Rea, poiché è convinto, all’opposto di Roberto Saviano, che un romanzo debba affrontare tutti gli aspetti della vita contemporanea, dalla malavita, sì, perché no, ma anche all’amore e al costume di una società che oggi in Italia fa di tutto per non essere soggiogata dalle mafie. Bisogna dire che Serio ha scritto un thriller, come una favola noir con un fondo sempre sorridente e scherzoso che però troppo fantastica e surreale non è: egli immagina che un gruppo di terroristi islamici, guidati dal fanatico Kamal, vogliono provocare un’eruzione forzata del Vesuvio collocando nel cratere dell’esplosivo procurato da Abdullah Amer, ricercato dalle polizie di mezzo mondo. L’esplosione del vulcano simbolo di Napoli avrebbe avuto come inevitabile conseguenza lo sterminio di quanti abitavano sulle sue pendici. Ma un ragazzo il cui pregio maggiore è una candida ingenuità, Genny Scognamiglio, riuscirà alla fine a sventare il piano diabolico dell’organizzazione filoaraba e a salvare, insieme, il “gigante buono”, ossia la natura incontaminata della campagna vesuviana e la vita di centinaia di migliaia di uomini. Qui si apre il secondo capitolo del romanzo per nulla superficiale di questo scrittore. Poiché l’infantile ingenuità del carattere di Genny, incaricato con successo dal procuratore generale Segovia di sbaragliare la banda di extracomunitari, diverrà il viatico più sicuro per procurare all’impacciato diciannovenne l’amore delle più belle e ostinate vergini di Napoli. Dunque si chiede Serio: nel mondo d’oggi è così difficile trovare l’amore vero perché gli ingenui, gli evangelicamente “puri” di cuore si fanno sempre più rari? Sembra proprio di sì, pare essere la risposta a una voce dello scrittore e del suo giovanissimo e imbarazzato protagonista, alle prese con la mala cinese che furoreggia nel quartiere borghese napoletano del Vomero e poi con quella araba. Ma su tutto, sugli orrori del mondo di oggi si stende il sorriso sornione dell’autore, come a ricordarci che l’arma migliore contro le mafie degli extracomunitari è conservare sempre in ogni circostanza l’integrità, l’onestà e l’amabilità del “modus vivendi”, degli stili di vita. Un altro aspetto per nulla trascurabile del romanzo è nella passione per la natura. Un richiamo e un ricordo devoto di Serio alla bontà della “provincia addormentata”, come addormentato è il Vesuvio, del suo grande amico e maestro Michele Prisco.

 

GIU' LE MANI DAL VESUVIO

di Michele Serio

CentoAutori, 362 pp., 15 euro

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