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Sulle licenze ai taxi basterebbe un Bersani, o un po' di coraggio

Chi ha scritto al direttore Claudio Cerasa

Al direttore - Tolkien andava pazzo per il Mes.
Giuseppe De Filippi


 

Al direttore - Taxi a Roma: urge un altro Nordio. 
Massimo Teodori

Basterebbe un Bersani. Anzi no. Basterebbe semplicemente avere coraggio. Dato che la legge, sul tema delle licenze, scrive quanto segue: “La licenza per l’esercizio del servizio di taxi e l’autorizzazione per l’esercizio del servizio di noleggio con conducente sono rilasciate dalle amministrazioni comunali, attraverso bando di pubblico concorso”. Se i sindaci volessero, il problema dei taxi mancanti potrebbero risolverlo in un lampo. Il tema è un altro: perché non vogliono?


 

Al direttore - Forse non è un caso che proprio in questi giorni, in cui assistiamo arrabbiati e delusi alle file chilometriche per aspettare un taxi in stazione o all’aeroporto, la Corte di giustizia europea, su un caso spagnolo, si sia espressa nettamente per sentenziare che le “limitazioni delle licenze di servizi di Ncc a un trentesimo delle licenze di servizi di taxi” sono illegittime e contrarie al diritto comunitario. Per la prima volta, in maniera incontrovertibile, realtà e diritto hanno finalmente incrociato le loro strade: la libera concorrenza tra operatori, i servizi di mobilità per il cittadino, la trasparenza e i diritti dei consumatori prevalgono sulle rendite di posizione di alcune categorie. Oggi, in Italia, il sistema del trasporto non di linea vive una situazione disastrosa: c’è una domanda incredibile, italiana e straniera, inevasa, semplicemente perché – lato noleggio con conducente – una normativa ingessata e vetusta non consente di sopperire, in maniera sussidiaria, alle carenze del servizio taxi e del trasporto pubblico. Il danno di immagine è incalcolabile e noi Ncc non riusciamo a soddisfare circa il 40 per cento della domanda; cosa accadrà nel 2025? Lo stato dell’arte è un “lose-lose” per tutti, un gioco in cui tutti perdono: operatori Ncc che non possono lavorare, i taxi accusati di inefficienza, i consumatori, gli amministratori locali e financo i tribunali, ingolfati da cause senza precedenti e troppo spesso contraddittorie tra loro. E’ del tutto evidente che non si può continuare così e che serve un aggiornamento della normativa nazionale: l’obiettivo non deve essere quello di penalizzare qualcuno, lo scopo è far crescere questo mercato nel suo complesso, rispondere alla domanda di mobilità, migliorare il servizio per gli utenti, decongestionare le corti di ogni rango. Tre le priorità: aumentare il numero di licenze e autorizzazioni; semplificare regole e procedure per gli operatori; armonizzare il regime sanzionatorio. Comprendiamo bene le difficoltà politiche: ma forse questo può essere il governo “giusto” per fare una seria riforma del comparto. Noi ci siamo e possiamo fare la nostra parte. Senza pregiudizi, senza ipocrisia, ma con tempestività e urgenza. Non sprechiamo questa, ennesima, occasione che abbiamo davanti.
Giorgio Dell’Artino, presidente Comitato autonoleggiatori italiani riuniti


 

Al direttore - “Non c’è che una stagione: l’estate. Tanto bella che le altre le girano attorno. L’autunno la ricorda, l’inverno la invoca, la primavera la invidia e tenta puerilmente di guastarla” (Ennio Flaiano, “Diario degli errori”, Adelphi, 2002). Quest’anno sarà anche militante?
Michele Magno

 




Al direttore - Intervistata ieri dal Corriere della Sera a proposito dell’impugnazione da parte della procura di Padova di trentatré trascrizioni sui registri comunali di bambini di coppie same-sex, la ministra Roccella dopo aver ricordato che esiste una sentenza della Cassazione alla quale si sono rifatti i magistrati, ha detto che le coppie in questione possono ricorrere all’adozione: “Stiamo parlando della stepchild adoption, che qualche anno fa veniva richiesta a gran voce. Perché adesso non va bene più?”. Gioverà allora ricordare alla cattolica ministra Roccella che quando nel 2016 fu varata la legge Cirinnà sulle unioni civili same-sex, il testo approvato venne giudicato dalle gerarchie della Chiesa italiana di allora un compromesso accettabile a motivo del fatto che rispetto alla versione originale era stata espunta proprio la stepchild adoption. Ora al netto del fatto che con buona pace delle gerarchie per moltissimi cattolici quella legge anche così era (e resta) una legge sbagliata tout court, il punto che qui interessa è un altro. Ed è che contrariamente a quanto la Chiesa pensava (e pensa) della stepchild adoption, una ministra dichiaratamente cattolica fa esplicito riferimento alla stepchild adoption “che qualche anno fa veniva richiesta a gran voce” e domandandosi addirittura “perché adesso non va bene più?”. Ne dobbiamo dedurre che per la cattolica ministra Roccella la stepchild adoption da parte di coppie same-sex non fa problema? 
Luca Del Pozzo

Mi pare che il ragionamento di Roccella sia diverso però. La stepchild ora c’è. E rimettere in discussione diritti acquisiti è il modo peggiore per ragionare sul presente e guardare al futuro.

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