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La “cagnara inutile e ingiustificata” sul 41-bis. Un Bordin perfetto

Chi ha scritto al direttore Claudio Cerasa

Al direttore - Il celeberrimo film “I mostri” con Tognazzi e Gassman senior, due giganti, fa parte della cultura popolare italiana del Novecento. Il triste dibattito fra Gassman e Tognazzi junior, attorno a una “iena” dismessa, che cerca, sgradito ai più, un pertugio per infilarsi nel Pd che ricopriva di contumelie, ci dice sul declino della sinistra più di ogni altra analisi dotta. O tempora o mores. I “mostri” dell’èra dei figli, invertendo il detto, non ricadano sui padri. Per sempre idoli degli italiani di ogni tempo.
Maurizio Gasparri

E però, caro Gasparri, vale il famoso detto offerto da Ugo Tognazzi proprio ne  “I mostri”: “Meglio un bel processo che un bel funerale”.


Al direttore - E’ davvero scandaloso che certe intercettazioni vengano rivelate nell’Aula di Montecitorio prima ancora di finire sui giornali.
Giancarlo Loquenzi

Vero. Ma un politico astuto, se ha informazioni che non dovrebbe far sapere di avere, cosa che capita spesso, quelle informazioni, che sono informazioni importanti e ovviamente imbarazzanti per una parte politica, dovrebbe usarle non “a muzzo”, come direbbero a Palermo. Prossima volta, magari, per evitare di dare al dito più importanza della Luna, meglio un’interrogazione parlamentare che un sasso tirato nello stagno delle polemiche. 


Al direttore - La vicenda umana del detenuto Alfredo Cospito e le questioni politiche che ne conseguono si prestano a essere esaminate sotto vari angoli visuali e vi è il rischio di perdere la bussola, anche per i commentatori più attenti. Si dovrebbe allora ritornare sempre al nocciolo della questione, riconoscendo con chiarezza che l’attuale declinazione del 41-bis è un obbrobrio politico e giuridico, indegno di un paese civile. E se, nelle semplificazioni demagogiche di molti o nelle spregiudicate strumentalizzazioni di alcuni, questo dovesse significare “ricattare” lo stato, solidarizzare con la violenza terroristica o addirittura favorire la criminalità organizzata, bisogna essere pronti a dichiararsi colpevoli: le battaglie per i diritti non sono mai a costo zero.
Luigi Compagna

Gli abusi del 41-bis esistono, è inutile negarlo, ma su questo punto, caro Compagna, mi sento ben rappresentato da Carlo Nordio, che ieri ha detto: “Possiamo discutere a lungo sull’opportunità del 41-bis. Ma se è legge, la legge è uguale per tutti”. Il punto, mi sembra, non è se il 41-bis sia giusto o no  (onestamente, penso di sì). Il punto è capire se tutti coloro che hanno il 41-bis è opportuno che lo abbiano. Ed è capire, come dice un saggio magistrato, se fra i tribunali esiste o no una corsa a contare di più a livello nazionale anche facendo a gara a chi ha più 41-bis degli altri. Penso sia utile ripubblicare su questo punto un fantastico articolo del nostro amato Massimo Bordin. Era il 25 ottobre 2018: “‘La Corte di giustizia europea non sa di cosa parla, il 41-bis è uno strumento fondamentale’, assicura il vicepremier Luigi Di Maio commentando la sentenza della Cedu sul ricorso dei legali di Bernardo Provenzano a proposito della morte in carcere del capomafia gravemente malato. ‘Il 41-bis non si tocca’, proclama il ministro della Giustizia Alfonso Bonafede e altri con lui. Per la verità quelli che non sanno di cosa parlano sono loro ed è facile dimostrarlo. Innanzitutto la sentenza Cedu, oltre a condannare – vedremo fra un attimo perché – il governo italiano, respinge il ricorso e dunque non dà ragione ai famigliari di Provenzano, sostiene al contrario che non c’è prova che lo stato abbia danneggiato la salute del capomafia. La sentenza non contesta nemmeno il 41-bis, che molto ottimisticamente ritiene abbia ‘finalità preventive e di sicurezza e non punitive’. La Cedu condanna il governo perché il ministro, secondo la sentenza, ha rinnovato il regime speciale a Provenzano in modo burocratico, ‘senza una autonoma valutazione’ e senza mostrare nel provvedimento ‘un genuino accertamento dei mutamenti rilevanti nella situazione del ricorrente’. E’ questo rinnovo insufficientemente motivato che sta alla base della condanna. Non il regime speciale di detenzione, né un danno alla salute di Provenzano. Fra l’altro la sentenza Cedu è perfettamente in linea con la prima sentenza della nostra Corte costituzionale sul 41-bis, che nel 1993 impegnava il ministro della Giustizia a esaminare i rinnovi del regime speciale non in modo automatico ma approfondendo le singole posizioni. Bastava leggere. Si è preferito montare una cagnara inutile e ingiustificata”. Perfetto.

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