Lettere

Telecomunicazioni modello Maduro. Una precisazione di FdI sulla rete unica

Chi ha scritto al direttore Claudio Cerasa

Al direttore - La Cina è infuriata con gli Stati Uniti, ma non sanno che io sono incazzato con la Cina da quando nascose i dati sui contagi a Wuhan. Xi Jinping stia in campana.
Michele Magno

 



Al direttore - Non so se l’esclusione di Matteo Renzi dal patto con Calenda sia dovuta più al rancore di Letta o al parrocchialismo dei boniniani protesi a difendere il loro orticello. Comunque è stato un grave errore, non per l’alchimia elettorale, ma per il disprezzo della memoria del riformismo liberaldemocratico. Renzi ha avuto il coraggio di rompere molti tabù a sinistra, e per questo è stato demonizzato, come lo fu Bettino Craxi. D’accordo che il suo bullismo toscanaccio ha dato e dà fastidio, ma il riconoscimento del significato dei buoni protagonisti della Repubblica non dovrebbe essere calpestato dai piccoli interessi personali di Letta e Bonino (o, forse, sono un illuso?).  Un saluto. 
Massimo Teodori      

 



Al direttore - Le scrivo perché siamo rimasti stupiti dal leggere l’articolo a firma di Ugo Bertone dal titolo “Il possibile stop della destra alla rete unica e la variabile Bolloré” pubblicato sul Foglio di venerdì 5 agosto, in merito alla presunta contrarietà di Fratelli d’Italia alla rete unica. Vorrei ricordarle che siamo stati i primi e gli unici a sostenere per anni e in solitudine l’esigenza di creare una rete unica, pubblica e wholesale only. Rimaniamo invece totalmente contrari al piano attuale di Cdp-Tim così come concepito, per le ragioni che abbiamo ampiamente espresso. Serve un nuovo piano completamente diverso che tuteli i lavoratori di Tim e mantenga l’integrità della rete, con Cdp in maggioranza di controllo e con in mano la gestione italiana della rete. Per questo siamo fortemente contrari al piano di vendita della rete Tim. La rete deve rimanere in capo a Tim, una Tim diversa, non verticalmente integrata. Non è possibile che Tim perda la rete. Non esiste al mondo un operatore di telecomunicazioni che non abbia una rete. Dal canto suo, Open Fiber non può più essere il perno dell’operazione, non ha più la credibilità né la capacità manageriale per gestire una simile operazione.
Alessio Butti
deputato e resp. dipartimento Tlc di FdI


Caro Butti, grazie della sua preziosa lettera, che non solo ci permette di confermare quanto abbiamo scritto ma ci consente anche di capire qualcosa di più sul programma economico del suo partito. Primo punto. Mi sembra che lei sia effettivamente molto favorevole, come abbiamo scritto ieri sul Foglio, a bloccare il progetto della rete unica. Mi sembra però anche che lei ci stia dicendo qualcosa in più. Qualcosa di inquietante, se ci consente.  Lei dice esplicitamente che il progetto di Fratelli d’Italia è far controllare  la rete unica da Cdp, dopo aver concentrato tutta la rete in Tim. In pratica: far comprare Open Fiber a Tim (azienda quotata, con un pacchetto del 90 per cento in mano ai privati) e poi far comprare Tim a Cdp. Il tutto, immaginiamo, per fare l’opposto di quello che lei ha scritto, ovvero avere un unico operatore verticalmente integrato (tralasciando il fatto che dire “vogliamo Tim senza la rete” oppure “vogliamo che Tim tenga la rete ma esca dalle attività commerciali” equivale a dire “vogliamo distruggere Tim e costruire un giocattolo come piace a noi”). Mi pare, dunque, caro Butti, che il programma di Fratelli d’Italia sulle telecomunicazioni sia ispirato più che al modello “wholesale only” (che vuol dire tra l’altro l’opposto di quello che lei sostiene: divisione tra chi si occupa di rete e chi si occupa dei servizi) al modello Maduro (nazionalizzare tutto). Grazie del suo prezioso contributo. Ci auguriamo che nel caso in cui il suo partito dovesse vincere le elezioni sia in grado di scrivere le leggi meglio di come scrive le lettere.

 


 

Al direttore - Caro Cerasa, molto interessante l’articolo intitolato “La grande fuga dalla Borsa”. Ma non è che forse l’Italia perde quando punta tutte le sue carte sulla sua sconosciuta (a livello planetario) second city a scapito della “città più famosa del mondo” (cit. Unesco)? Non è che forse per competere sul palcoscenico globale bisognerebbe tornare a puntare sul fuoriclasse assoluto, ancorché umiliato, che si ha la fortuna di avere in casa, invece che sul ronzino, ancorché ultrasponsorizzato, che da trent’anni si è “costretti” a far giocare in prima squadra?
Mario Rossi