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I danni della denuncite. Uno scudo per i medici è cosa buona

Le lettere al direttore Claudio Cerasa del 21 aprile 2020

Al direttore - Dal “Pereat mundus salus fit’’ è arrivato il tempo di un altro brocardo altrettanto talebano: “Pereat mundus iustitia fit’’. L’apparato mediatico-giudiziario è pronto per l’avvio di una mega-inchiesta, Mani pulite 2; sempre sullo scenario collaudato di Milano. Vorrà la magistratura inquirente tenere conto delle condizioni di emergenza in cui hanno dovuto decidere e agire, in breve tempo, gli amministratori regionali, i sindaci, i responsabili degli enti? E gli stessi medici quando, nelle corsie, si sono trovati a scegliere chi dovesse occupare, fra tanti contagiati, il posto che si era liberato in rianimazione? Interverrà il magistrato, su esposto della famiglia di un deceduto, a sindacare una valutazione tecnica compiuta in pochi minuti? E quei medici rischieranno un’imputazione di omicidio colposo per non essere riusciti a rianimare tutti? Ecco perché – quando si sentono volare parole come massacro, strage procurata, epidemia – sarebbe opportuno adottare uno scudo penale che garantisca, salvo i casi di colpa grave o di dolo, gli operatori per decisioni assunte durante l’emergenza Covid-19.

Giuliano Cazzola

Uno scudo penale per gli operatori sanitari (e solo per loro) sarebbe cosa buona e giusta ma come mi suggerisce un amico medico questa crisi andrebbe gestita anche con lo scudo dell’emergenza: se in alcuni ospedali lombardi sono morte molte persone ciò è accaduto anche perché in mancanza di medici specialisti e in presenza di molti contagiati molti di questi pazienti sono finiti in mano a specialisti della rianimazione (medici e infermieri) mentre alcuni di loro si saranno trovati nelle mani di medici e infermieri non specialisti portati nelle rianimazioni per necessità. E’ evidente che se ti intuba un anestesista e ti gestisce un infermiere della rianimazione è più probabile che tu ti possa salvare. Mentre se ti intuba un chirurgo generale e ti segue un infermiere che prima di allora lavorava in oculistica è ovvio che ci sono meno possibilità che tu ti possa salvare. Qualcosa andrà fatto ed elaborato. Sul Foglio di domani troverà un approfondimento su questo tema.

 


 

Al direttore - Alla risoluzione approvata il 17 aprile dal Parlamento europeo, un buon risultato politico che dà un indirizzo al summit del 23, l’Italia ha contribuito poco, con sei partiti che hanno espresso altrettante posizioni. Riflesso grottesco del dibattito sul Mes a cui stiamo assistendo nel nostro paese: da una parte chi è a favore, purché senza condizionalità, dall’altra chi è, senza se e senza ma, contro. Tutto ruota intorno al Mes. E sebbene nessuno metta in dubbio la rilevanza della questione, sia giusto che ne discutano tecnici e professori e sia comprensibile che i populisti ne facciano una questione di vita o di morte, appare incredibile che anche per gli europeisti questo diventi il solo terreno di scontro. Ci vuole più coraggio. La pandemia ha provocato una crisi economica che ha portato alla richiesta di più parti di strumenti nuovi, come la condivisione di nuovo debito: dalle dichiarazioni della Bce alla lettera dei nove leader, dalle prese di posizione di Macron al confronto aperto in Germania. Ma qui, in Italia, si parla solo di Mes. Eppure, cari europeisti, questo periodo storico così complicato potrebbe essere l’occasione per fare passi in avanti verso gli Stati Uniti d’Europa: favorevoli o contrari a una politica fiscale comune? Questo dovrebbe essere il punto, il famoso terreno di scontro. Marco Pannella faceva differenza tra europeisti e federalisti. Aveva ragione, quello che sta accadendo in queste settimane ne è la prova lampante.

Massimiliano Iervolino, segretario di Radicali italiani

 


 

Al direttore - Aiutami ad aiutare i nostri amati scienziati a non naufragare sugli scogli dei talk-show televisivi. Editori e direttori di tutte le reti , di fronte all’emergenza pandemia, non hanno potuto far altro che affidare ai programmi di solito dedicati a politica, cronaca nera e gossip, l’informazione sull’epidemia. Strappati a laboratori, cattedre e scrivanie, medici, ricercatori e studiosi sono finiti inconsapevolmente in pasto ai professionisti del commento quotidiano. Ma loro, superspecialisti di virus, vaccini e terapie, hanno creduto ingenuamente alla intimorita reverenza con cui sono stati accolti inizialmente. E hanno ceduto, privi di cultura della comunicazione e di anticorpi al narcisismo, alla seduzione del dibattito, della contrapposizione, purtroppo della contraddizione fra baronie, cordate, scuole di pensiero e di pratica clinica. Fermiamoli, Direttore, prima che sia troppo tardi , mentre già politici , giornalisti e polemisti si avventano sulle prime vittime del presenzialismo . In nome della credibilità della scienza e della sua capacità di prevedere e consigliare, salviamoli dalla rovina in cui i decisori contestati cercano già di trascinare con sé nell'abisso mediatico i tecnici ,accusati di aver loro suggerito come meglio sbagliare.

Alessandro Cecchi Paone

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