I bombardamenti turchi in Siria (foto LaPresse)

Quello che i pacifisti non hanno il coraggio di dire quando dicono forza curdi

Chi ha scritto al direttore Claudio Cerasa

Al direttore - Salvo intexit.

Giuseppe De Filippi

 

Al direttore - Sulla questione curda c’è chi fa dichiarazioni muscolari di condanna a Erdogan via Twitter, c’è chi lancia campagne di boicottaggio ai viaggi in Turchia via Facebook, c’è chi nel 1998 negò il diritto di asilo a Abdullah Ocalan costringendolo alla fuga, all’ingannevole cattura da parte dei servizi segreti turchi a Nairobi e poi al carcere a vita in un’isola-prigione, c’è poi chi finanzia le armi che colpiscono le minoranze curde, chi contribuisce all’isolamento del Pkk e infine c’è Lorenzo Orsetti (Orso) che cercava di essere una goccia nell’oceano a sostegno della questione curda. Adriano Sofri dalle sue colonne ci ricordava che “nessuno deve sentirsi incoerente perché ammira Orso, tutti dovrebbero sentirsi corresponsabili dell’indifferenza di chi ha lasciato imperversare una violenza brutale”. Niente di più vero.

Andrea Zirilli

Ma tra le anime pie che oggi dicono che bisogna stare dalla parte dei curdi, e ci mancherebbe, c’è qualcuno che ha il coraggio di dire che l’occidente, per stare davvero dalla parte dei curdi, dovrebbe combattere quella demagogia pacifista che tende ogni giorno a trasformare in un tabù la presenza di truppe occidentali nei teatri di guerra?

 

Al direttore - Tasse ambientali: un concetto da maneggiare con grande cautela. Per evitare diverse eterogenesi dei fini e ottenere il risultato opposto a quello che si vorrebbe: portare i cittadini/consumatori a odiare l’ambiente anziché rafforzarne il rispetto. La tassa ambientale ideale è quella che non dà gettito. Perché si applica a un bene nocivo ambientalmente, ma facilmente sostituibile con un altro bene meno impattante. Se invece, è il caso della tassa sugli imballaggi, si prevede un gettito e anche importante c’è qualche cosa che probabilmente non funziona. Cominciamo con il dire che tutta questa campagna denominata “plastic free” è piuttosto insensata. La plastica è materiale utilissimo con usi molteplici e facilmente constatabili da chiunque (fibre tessili, telefoni, computer, stampanti, occhiali, orologi, auto, ecc. ecc.). Sostituirla completamente significherebbe fare un salto all’indietro di un secolo (come si fa un telefonino non di plastica, quanto pesa e consuma un’auto interamente di acciaio?).

E inoltre occorrerebbe impegnare quantità enormi di materiali sostitutivi naturali con risultati negativi per l’ambiente. Ciò che in realtà si vorrebbe punire è un certo uso della plastica, quello che viene definito “usa e getta”. Ok, ci siamo. La tassa ipotizzata nelle nuove misure fiscali sarebbe invece sugli imballaggi. Segnalo subito che sarà piuttosto difficile trovare una definizione non attaccabile di imballaggio. Con il rischio che il blister di plastica che protegge le pillole dei nostri medicinali venga tassato e il bicchierino di plastica usa e getta, no. Occorrerebbe quindi fare una distinzione fra imballaggi necessari e imballaggi inutili. Altro criterio difficilmente definibile. Inoltre: negli ultimi decenni si è spinto fortemente verso la raccolta differenziata degli imballaggi imponendo alle imprese che li producono un contributo obbligatorio (che non è una tassa, come una bottiglia non è una bottiglia) e utilizzando questi contributi tramite consorzi obbligatori per finanziare da un lato la raccolta differenziata e favorire dall’altro le azioni di riciclo della plastica. Il che ha permesso di creare filiere di materiali abbastanza facilmente riciclabili (il Pet per esempio) e altri che invece, almeno al momento, sono inevitabilmente destinati alla discarica o all’inceneritore. Saprà la nuova tassa distinguere far questi diversi tipi di materiali? Non sarebbe stato forse meglio, se il fine della tassa fosse stato veramente ambientale, aumentare il contributo che le imprese già versano ai Consorzi per migliorare ulteriormente la raccolta differenziata e l’impiantistica per il riciclaggio?

Diverse aziende italiane sono impegnate per trovare il modo di riutilizzare plastiche oggi non trattabili. Ma, si dice, cominciamo con il tassare, il resto seguirà, l’industria si adeguerà e troverà il modo per sostituire i materiali tassati. Sarebbe vero se la tassa mandasse segnali di prezzo correnti e selettivi, ma, se si limita a sparare nel mucchio, ne dubito. Infine: imposte di questo genere sono regressive. E’ chiaro che le imprese dovranno traslare il maggiore costo sui consumatori e, come per tutte le imposte indirette, a pagare di più, in proporzione, saranno i ceti più poveri. La stessa cosa avverrà con il gasolio, che ha il difetto di essere tassato, ma meno della benzina. Sarebbe allora stato forse meglio pensare ad aumenti selettivi dell’Iva su particolari materiali. Ed evitare di offrire la sponda al generico populismo antitasse. Non basta chiamare una nuova tassa “ambientale” per renderla simpatica.

Chicco Testa

 

Al direttore - Seguo dai giornali le cronache del Sinodo sull’Amazzonia e i rumor sulla prevalenza tra i padri sinodali di un favore all’ammissione al sacerdozio (o a qualcosa di simile che non ho ben capito che cosa sia) di viri probati con moglie e prole. Io credo che un metodo per capire bene il valore del tesoro che si ha in casa sia ascoltare come lo apprezzano gli ospiti occasionali. Riprendendo in mano un mio libretto di appunti ho ritrovato questa frase di Leonardo Sciascia: “Ma uno che è stato prete e non lo è più perché si è accorto che il suo ministero si riduceva a seppellire, da morto, altri morti” non deve sposarsi, “tanto valeva che fosse rimasto prete. Il celibato che la chiesa ancora impone ai preti è l’unica sopravvivenza rivoluzionaria, ma ormai soltanto formale, che nella chiesa ci sia”. “Seppellire, da morto, altri morti”. A questo ci siamo ridotti. E’ vero, si dice che il sesso risusciti i morti, ma credo, appunto, che sia solo un modo di dire., Ci vuole altro per tornare in vita.

Ubaldo Casotto

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