Marco Travaglio (foto LaPresse)

Lo spasso: Travaglio sperimenta su di sé il metodo Travaglio

Claudio Cerasa

Cosa significa essere ricoperti di insulti per frasi decontestualizzate usate solo per eccitare i manganellatori digitali

Al direttore - Ho letto sul Fatto Quotidiano di mercoledì un editoriale di Marco Travaglio più spassoso di uno spettacolo di Beppe Grillo. Forse, caro direttore, lo avrà letto anche lei. Scrive Travaglio: “Siccome non c’è peggior sordo di chi non vuol sentire né peggior cieco di chi non vuol vedere, Diego Bianchi in arte Zoro prende mezza frase dal mio articolo piuttosto lungo di ieri sui migranti per segnalarmi alla corte di rottweiler che popolano il suo profilo Twitter. I quali – senza aver letto una riga del mio pezzo – colgono l’occasione per riempirmi di insulti e dipingermi come servo di questo o quell’altro. Nessun problema: c’è chi pensa di fare informazione a colpi di show, magliette e tweet, e chi prova a farla documentandosi e studiando. Poi ciascuno sceglie quella che preferisce”. Caro Cerasa, mi viene un dubbio: Travaglio parlava del metodo Zoro o parlava del metodo Travaglio?

Marco Lippi

 

Caro Lippi, ricorderà anche lei la scena spassosa che sicuramente avrà avuto modo di vedere qualche tempo fa di fronte a Montecitorio, quando Alessandro Di Battista, uno zoro vero senza maiuscola, si ritrovò ad arringare una folla di indignati di fronte al Parlamento. Erano i tempi della riforma della legge elettorale, del Rosatellum, una legge elettorale che secondo i canoni del grillismo era incostituzionale, e che essendo incostituzionale immaginiamo verrà cambiata entro Ferragosto dal governo del cambiamento, e mentre arringava la folla Di Battista, dopo aver ringraziato chi aveva organizzato quella manifestazione, si accorge che quella piazza non era la sua piazza, e se ne accorge perché la folla lo insulta. Ladro, disonesto, e così via. A guidare il popolo dei forconi, c’era il generale Pappalardo, protagonista poi se non ricordiamo male di un simpatico scambio dialettico con il padre di Dibba (ci fu quasi una rissa), ma quel che conta è il principio. Che vale per Dibba, oggi collaboratore di Travaglio, e vale anche per Travaglio. Dibba ha scoperto che la regola del puro epurato dal più puro vale anche per i finti puri, ed è scappato da quella piazza. Travaglio, di fronte a Zoro, ha scoperto che il metodo Travaglio, ovvero un metodo fatto di frasi tagliate inserite senza contesto in un articolo costruito volontariamente per denigrare il prossimo e per eccitare contro qualcuno le cavallette della gogna digitale, è un metodo che fa orrore. Non sarà il metodo Travaglio applicato da Zoro a disinnescare il metodo Travaglio ma accorgersi cosa significa essere ricoperti di insulti per frasi decontestualizzate usate solo per eccitare i manganellatori digitali chissà che non faccia riflettere chi si accorge dell’effetto del manganello solo quando lo riceve, e non quando lo usa. I professionisti della forca sulla propria strada prima o poi incontrano sempre un generale Pappalardo.

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  • Claudio Cerasa Direttore
  • Nasce a Palermo nel 1982, vive a Roma da parecchio tempo, lavora al Foglio dal 2005 e da gennaio 2015 è direttore. Ha scritto qualche libro (“Le catene della destra” e “Le catene della sinistra”, con Rizzoli, “Io non posso tacere”, con Einaudi, “Tra l’asino e il cane. Conversazione sull’Italia”, con Rizzoli, “La Presa di Roma”, con Rizzoli, e "Ho visto l'uomo nero", con Castelvecchi), è su Twitter. E’ interista, ma soprattutto palermitano. Va pazzo per i Green Day, gli Strokes, i Killers, i tortini al cioccolato e le ostriche ghiacciate. Due figli.