L'incontro con le altre donne, l'osservazione dell'animo umano. L'idea che la libertà esiste

Annalena Benini

“Le signore in nero” non è soltanto divertente, lieve, sofisticato e ironico, è anche un messaggio di forza. La capacità di trasformare il dolore in commedia

Le capitava di scoppiare in lacrime perché quel tempo sembrava non arrivare mai, al punto da farle sospettare che il suo sogno non si sarebbe realizzato, ma dopo un po’, quando ormai il fazzoletto era diventato fradicio e inutilizzabile, anche questa volta si asciugò gli occhi, si lavò la faccia e si accese una Craven A. “Se non riesci al primo colpo, continua a provare”, si disse. Era una ragazza coraggiosa, come molte delle sue compatriote.

Madeleine St John, “Le signore in nero” (Garzanti)


   

Le signore in nero sono le commesse di Goode’s, grande magazzino alla moda di Sydney, reparto abiti da cocktail, al secondo piano, nel 1950. Le signore in nero hanno desideri, tormenti, allegria, speranze e lacrime, e anche un buon lavoro, un’occasione di indipendenza. La più giovane è Lisa, ha appena fatto gli esami per il diploma, sogna di andare all’università, legge Anna Karenina, vorrebbe diventare una poetessa, non sa ancora niente della vita ma Goode’s è il suo trampolino. In realtà l’amicizia è il suo trampolino. L’incontro con le altre donne, l’osservazione dell’animo umano, l’idea che la libertà esiste. Questo romanzo non è soltanto divertente, lieve, sofisticato e ironico, è anche un messaggio di forza. La capacità di trasformare il dolore in commedia, ha scritto Helena Janeczek nella prefazione. La precisione nel raccontare un mondo, una società, il movimento degli esseri umani verso la felicità. “Mrs Williams era una donnina esile e scolorita, con il viso tirato e i capelli inchiodati in una permanente rigida. Suo marito Frank era, ovviamente, un bastardo”. Mrs Williams, Patty, Miss Baines, Fay, Magda, Lisa, miss Jacobs: non sono le ragazze del Gruppo di Mary McCarthy, ma ognuna di loro ha qualcosa di speciale, oppure un segreto, e anche il desiderio di un marito che le renda felici, che le renda compiute.

  

E’ il 1950, e la vita è questa, le chiacchiere e i pettegolezzi ruotano intorno a chi si sposa e chi no, a chi fa figli e chi no, a chi è da compatire e chi no. Si cucinano bistecche, si fanno pause pranzo di quarantacinque minuti, ci si cambia d’abito prima di tornare a casa e si sogna una sottoveste nuova. Oppure ci si innamora di un abito, a cui si affidano tutti i sogni e le speranze. Si piange di nascosto, ci si incipria per nascondere la stanchezza e non ci si confida mai davvero fino in fondo. I mariti passano ore al pub a ubriacarsi, e le mogli tacciono.

 

Ma questo è il secondo strato di una commedia brillante che ha il lieto fine delle favole e un tocco à la Jane Austen, mentre analizza la rivalità, anzi l’ostilità, tra australiane e immigrate europee che non hanno ancora imparato a conoscersi. Mentre svolazza tra abiti da cocktail e modelli esclusivi, e riesci a far entrare il mondo da lì, dal secondo piano di un grande magazzino.

 

“Alle nove del mattino del terzo lunedì di dicembre le porte di vetro e mogano dei grandi magazzini Goode’s si aprirono per lasciar passare una fiumana di signore mattiniere, determinate a proseguire la loro campagna acquisti in vista del Natale”. Le vedete mentre entrano, piene di ostinazione e entusiasmo? “Dai pendii boscosi del salubre North Shore agli affascinanti stucchi degli Eastern Suburbs, dalla signorilità fuori moda dei Western alla terra incognita dei Southern, le signore avevano viaggiato su treni, autobus, tram o perfino taxi per raggiungere finalmente questo scenario di frenetica attività”. Per comprare i regali di Natale, i vestiti per i figli, qualcosa per sé, per farsi aggiustare un vestito con gli spilli e il metro drappeggiato intorno al collo di miss Jacobs. Dove c’è il Natale, c’è la possibilità di una commedia riuscita, ma c’è anche la tristezza di Fay, che continua a uscire con uomini sbagliati e non ha una famiglia dove rifugiarsi. C’è l’impressione di veder scivolare via la propria vita come l’acqua nel lavandino in cui stai lavando la biancheria intima che indosserai domattina.

 

Madeleine St John ha scritto quattro romanzi, tutti ambientati a Londra, dove viveva, tranne “Le signore in nero”. Aveva troncato qualunque legame con l’Australia, dove era nata, proprio a Sydney, nel 1941. Questo romanzo è una specie di riconciliazione, e sicuramente, per chi legge, una bella scoperta.

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  • Annalena Benini
  • Annalena Benini, nata a Ferrara nel 1975, vive a Roma. Giornalista e scrittrice, è al Foglio dal 2001 e scrive di cultura, persone, storie. Dirige Review, la rivista mensile del Foglio. La rubrica di libri Lettere rubate esce ogni sabato, l’inserto Il Figlio esce ogni venerdì ed è anche un podcast. Ha scritto e condotto il programma tivù “Romanzo italiano” per Rai3. Il suo ultimo libro è “I racconti delle donne”. E’ sposata e ha due figli.