Un soldato ucraino in prima linea a Severodonetsk (AP Photo/Oleksandr Ratushniak) 

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Come finirà la guerra in Ucraina? Dialogo tra gli storici Beevor e Plokhy

La minaccia nucleare, la ferocia russa e la solitudine di Putin. Un'analisi sugli scenari futuri del conflitto ucraino

"Sono allarmato dai recenti sviluppi. L’accerchiamento o l’imminente accerchiamento di Severodonetsk potrebbe tagliare fuori un gran numero di truppe ucraine, lasciandole in una posizione difficile”. Così inizia il dialogo uscito sullo Spectator tra lo storico militare Antony Beevor e il docente di Harvard Serhii Plokhy, massimo esperto di storia ucraina. “Questa mossa indica che al momento l’intenzione reale della Russia è conquistare Severodonetsk e l’area circostante – prosegue Beevor – e tagliare fuori completamente l’Ucraina dal Mar Nero. Questo è molto preoccupante perché significa che Putin potrebbe dire: va bene, ora negozieremo su queste basi, e l’Ucraina sarà completamente vulnerabile. Potrebbe essere aggredita in futuro. Quindi non vedo una tregua, né tantomeno una pace, basata su questo genere di situazione”.

 


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Questa la risposta di Plokhii: “Il grande rischio è che una delle principali città dell’est dell’Ucraina, Donetsk, venga completamente circondata, e poi potremmo potenzialmente vedere la riedizione della storia di Mariupol, che è terribile. Se l’Ucraina evita l’accerchiamento e resiste alla pressione, l’esito più probabile è lo stallo, non solo nell’est e nelle aree di Luhansk e Donetsk, ma anche nel sud del paese. Dopo di che, è probabile che ci vorranno uno o due mesi di preparativi prima di proseguire le azioni militari. L’Ucraina sta aspettando gli armamenti in arrivo dagli alleati occidentali. La decisione politica è già stata presa, ma ci vuole tempo per consegnare queste armi e per addestrare l’esercito. A questo punto, l’Ucraina ha meno uomini e meno armi (…) ed è mal equipaggiata per vincere”. 

  
Errori passati 

AB: “Ricordo che molti esperti britannici, soprattutto al ministero della Difesa, erano preoccupati che la Russia avrebbe adottato una strategia più aggressiva tentando di accerchiare e tagliare fuori le forze ucraine nell’est del paese. Questo lo stiamo iniziando a vedere ora. Quindi non penso che fosse totalmente imprevedibile, anche se c’era un certo ottimismo”. Le debolezze dell’esercito russo ci avevano fatto sperare per un momento, sostiene Plokhii, che gli ucraini avrebbero potuto vincere. Ma presto ci siamo resi conto che questa guerra sarà molto, molto tosta e soprattutto lunga.

 

SP: “L’aiuto fornito dall’occidente all’Ucraina, sia economico che militare, è fondamentale per consentire a Kyiv di combattere. Detto questo, la somma è meno della metà della spesa militare di Mosca. Tornano in mentre le scene dei tuoi libri sulla Seconda guerra mondiale. Sono d’accordo che il modo di combattere dell’esercito russo non sia cambiato granché, e che l’artiglieria continui a essere una parte molto importante della storia; una storia che include la distruzione di Aleppo, Mariupol e Grozny. E ora abbiamo una battaglia nell’est dell’Ucraina. L’Ucraina potrebbe pagarla a caro prezzo, soprattutto in termini di vite perdute e infrastrutture completamente distrutte. Più l’Ucraina riesce ad avere le armi di cui ha bisogno, meno sofferenza ci sarà. Inoltre, quando si tratterà di ricostruire o reinvestire nel paese – ammesso che la guerra a bassa intensità continui – quanto saranno sicuri questi investimenti e questi sforzi di ricostruzione? Pare che non ci siano delle risposte chiare a questo punto, anche se ci sono delle azioni pratiche che gli ucraini e i loro alleati possono prendere e stanno prendendo”. 

 

Plokhy sostiene quindi che la vita in Ucraina si è normalizzata rispetto alle prime settimane del conflitto: molti ucraini emigrati in Polonia se ne stanno tornando a casa; le ambasciate occidentali a Kyiv hanno riaperto. A differenza dell’inizio della guerra, ora nessuno crede più che l’Ucraina stia per cadere. 

 

Beevor racconta di avere inviato equipaggiamento militare a un suo amico che sta combattendo a fianco della resistenza ucraina. Lo storico crede che molti cittadini ordinari debbano seguire il suo esempio: l’artiglieria non deve provenire solamente dal governo, ma anche dai privati cittadini attraverso delle azioni di crowdfunding. “Ognuno deve fare ciò che può in queste circostanze, specialmente perché siamo di fronte alla ripetizione delle atrocità commesse dall’Armata Rossa nel 1945. C’è stato un grande dibattito sulle origini di questa brutalità. I soldati russi vengono trattati come veniva trattata l’Armata Rossa dai suoi comandanti durante la Seconda guerra mondiale: con disprezzo e con una totale mancanza di sentimenti. Non si può generalizzare perché ovviamente non c’è alcun Dna del carattere nazionale ma, allo stesso tempo, c’è una questione di immagine nazionale. E credo che tutto questo abbia delle antiche origini, che forse si estendono alle invasioni dei mongoli nel Tredicesimo secolo: una fiducia nella liceità della guerra, accompagnata dalla convinzione che la crudeltà e la spietatezza siano strumenti di guerra legittimi o naturali. I crimini commessi – di cui molti sono diventati evidenti solo nelle ultime settimane – mostrano che le cose non sono cambiate granché da questo punto di vista. C’è un’attitudine che vede la brutalità come una forma di forza, una visione squisitamente russa della forza”. 

 

La minaccia nucleare 

SP: “Dovremmo essere preoccupati. Quando è iniziata l’invasione non credevo potesse riemergere il tema. Non mi riferiscono solo all’utilizzo di armi nucleari, ma anche al fatto che la guerra potesse arrivare a coinvolgere le centrali nucleari. Il primo giorno, i soldati russi hanno preso il controllo di Chernobyl, il luogo del peggiore incidente nucleare della storia. Dopo un paio di giorni, c’è stato un nuovo attacco militare contro la centrale nucleare di Zaporizhzhia, la più grande in Europa, dove una delle strutture ha preso fuoco. (…) Questo può portare a un disastro, può portare a un altro incidente. E questa, ovviamente, non è una preoccupazione solo per l’Ucraina, ma per il mondo intero. Ci troviamo di fronte a una nuova realtà. Ci sono 440 reattori nucleari nel mondo, e nessuno di questi è stato costruito per resistere ai bombardamenti o pensando che potesse essere oggetto di un’operazione militare. Tu parlavi del carattere nazionale russo e vorrei aggiungere che esistono delle istituzioni ed esistono delle tradizioni istituzionali. Abbiamo visto negli ultimi mesi che l’armata russa è per molti versi un’Armata Rossa che non è mai stata riformata, ovvero un esercito sovietico degli anni Quaranta, Cinquanta o Ottanta.  I comandanti di oggi hanno iniziato la loro carriera ai tempi dell’Unione sovietica – questa non è una forza, ma una debolezza, delle forze armate russe”. 

 

AB: “La mancanza di scrupoli dei russi è terrificante, e si manifesta non solo negli attacchi contro i siti nucleari ma anche nella condotta generale della guerra. Non so se Putin sia gravemente malato o addirittura moribondo, ma questa assenza di scrupoli ci porta a pensare che lui sia disposto ad arrivare al limite. Presumo che lui voglia passare alla storia come l’uomo che ha provato a restaurare non tanto l’Unione sovietica, quanto l’Impero russo. Tuttavia, la sua rabbia, oltre all’umiliazione per non avere conseguito la vittoria che si aspettava, è molto preoccupante”. 

 

Beevor paragona Putin a Hitler durante la Seconda guerra mondiale: entrambi cercano di controllare ogni minimo dettaglio della campagna militare, senza avere la minima fiducia nei propri generali. L’establishment militare non è in grado di controllare il leader russo e questo è un altro motivo per essere preoccupati. 

 

Il finale

Plokhii invece paragona il presidente ucraino Zelensky a Winston Churchill, almeno nel modo in cui riesce a infondere fiducia alla gente attraverso i suoi discorsi. Ma al contrario del leader britannico, Zelensky lascia la gestione della guerra nelle mani dei suoi generali. Questa è una scelta saggia. Secondo lo storico, il grande talento politico di Zelensky è capire ciò che pensa la gente e amplificarlo. Anche nei momenti più critici del conflitto, il numero di ucraini convinti di vincere la guerra non è mai sceso sotto il settanta per cento. Questo cosa significa? Che il popolo ucraino non accetterà di buon grado qualunque forma di concessione territoriale alla Russia. I confini verranno probabilmente determinati sul campo di battaglia. Il secondo punto importante per capire come finirà la guerra è che Zelensky non accetterà un compromesso finché non avrà garanzie sufficienti per tutelare la sicurezza dell’Ucraina. Queste garanzie, tuttavia, non significano automaticamente l’adesione alla Nato. 

 

Su questo punto Beevor la pensa diversamente “(...) L’unica garanzia per l’Ucraina sarebbe diventare un membro della Nato perché al momento non può fidarsi della parola di Putin. Come sa bene Napoleone, i russi a volte arretrano per poter poi balzare in avanti con ancora più forza. Quindi la guerra continuerà finché non ci sarà una forma di garanzia – come l’adesione alla Nato – che la Russia non invaderà, attaccherà o minaccerà, in modo esistenziale, la sovranità ucraina. E credo che Zelensky abbia assolutamente ragione. Non vogliamo che l’occidente provi a costringere l’Ucraina ad accettare un compromesso, come successe alla Cecoslovacchia a Monaco”.

 

(Traduzione di Gregorio Sorgi)

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