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Il figlio

Il bilancio di una vita, di un'opera e anche di una madre. Proust senza tempo

Sandra Petrignani

Il periodo in clinica, le case dove Marcel si isolava completamente dai rumori. A cent'anni dalla morte, tanti titoli da poco pubblicati sono un segno dell'inesauribile interesse nei suoi confronti

I colori del Tempo (Feltrinelli) di Eleonora Marangoni come Il bestiario di Proust (Sellerio) di Daria Galateria, o la nuova biografia che Giuseppe Scaraffia ha intitolato semplicemente Marcel Proust (Bompiani) e il mondadoriano Proust senza tempo di Alessandro Piperno o Proust/Céline, la mente e l’odio (Einaudi Stile Libero) di Valerio Magrelli, e ancora A Parigi con Marcel Proust (Perrone) di Luigi La Rosa o, andando solo un po’ indietro, Il vento attraversa le nostre anime (Mondadori) di un’altra insigne francesista, Lorenza Foschini… sono alcuni dei tanti titoli che testimoniano l’inesauribile interesse per l’autore della Recherche di cui ricorre il centenario dalla morte.

E accanto a questi, uno studio particolarissimo, Il proustografo, del francese Nicolas Ragonneau (grafica di Nicolas Beaujouan) è appena uscito da Clichy, per la traduzione di Giuseppe Girimonti Greco e Ezio Sinigaglia. Si tratta di un Marcel Proust ridotto in dati attraverso un centinaio di infografiche artistiche, sicché se ne possono apprendere notizie di ogni tipo in forma creativamente visiva. Come spiega Ragonneau, infatti, “La monumentalità di Proust invita al conteggio, ai bilanci, alla somma delle occorrenze, alla registrazione dei record, alle rappresentazioni grafiche del Tempo, dello Spazio, dei Numeri”. 

Allora, via, si parte: cominciando necessariamente dall’albero genealogico. Così ecco che compare in prima fila Lei, la Madre, Jeanne Weil, ebrea mai convertita, pur sposata al cattolico Adrien Proust.  Quando Jeanne, Jeanne dai baci imprescindibili, muore, nel 1905, Marcel che di anni ne ha già trentaquattro “passa qualche tempo in una clinica”, ci dice lapidariamente la Cronobiografia. Né può mancare il tema natale del grande scrittore: nato nel segno artistico per eccellenza, il Cancro, con ascendente assai determinato e tirannico, l’Ariete. Ma ecco che, a scanso di equivoci, “la bellissima Luna in Toro all’ascendente rivela il ruolo essenziale della madre, che dà stabilità, ma dalla quale, soprattutto, si dipende”.

E poi e poi… come prescindere dalle sue case? Nel senso di indirizzi parigini, non case astrali, stavolta. Quella di nascita al numero 8 di rue Roy, nell’ottavo arrondissement, o quella dove, ripresosi dallo shock della morte della madre, andrà a vivere da solo, dal 1906 al 1919, al 102 di Boulevard Haussman, sempre nell’ottavo, oppure l’ultima, dove morirà il 18 novembre 1922, al 44 di rue Hamelin, nel sedicesimo, C’è in questo Proustografo anche la piantina dell’appartamento di rue Haussmann, con il particolare della stanza foderata di sughero per isolarsi completamente dai rumori: stipetto cinese, pianoforte a coda, poltrona, librerie girevoli e scrivania naturalmente. E perché non si pensi che Proust sia solo uno scrittore per proustiani perversi o intellettuali fissati, ecco la sorpresa: sono stati o sono inguaribili appassionati della Recherche Sylvie Vartan e Simone Signoret, Keanu Reeves e Jacques Dutronc, Fanny Ardant e Jim Jarmush, Yves Saint-Laurent, Francis Bacon e Philip Dick. 

Jeanne Moreau amava leggerne brani in francese, improvvisando rapide traduzioni in inglese, al marito americano William Friedkin (regista dell’Esorcista fra l’altro), il quale si contagiò di passione letteraria al punto di realizzare il reportage nei luoghi proustiani Sulle orme di Marcel Proust del 2017. Bene, una volta preparatisi al meglio con questo e gli altri libri su Proust, non resta che leggerlo. Anche perché continuare a scrivere dopo un simile gigante sembra davvero impervio. Tanto per citare Virginia Woolf ancora una vola: “Beh, cos’altro resta da scrivere dopo di lui?”.

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