Illustrazione di Alison Brown dal libro di Debi Gliori “E’ in arrivo un fratellino”, Mondadori 2017

Lo struggimento per il tempo perduto e l'albero di Piazza Venezia

Annalena Benini

Quante cose cambierei se tornassi indietro. Ero cretina ma ci siamo divertiti lo stesso

C’è una cosa che mi succede da un po’, e non la so definire e non la so contrastare: vedo un neonato, ma anche un po’ più di un neonato, qualunque bambino piccolissimo o piccolino, e mi arriva forte l’istinto di prenderlo in braccio e tenerlo con me, cullarlo, portarlo in giro. Il desiderio assoluto, senza ragionamenti, senza buonsenso, senza niente, di addormentare un bambino, fargli vedere il mare e fargli anche vedere l’albero di Natale di Piazza Venezia, ma così solo per riderne. Da poco è nata la figlia della mia amica Chiara, sono andata a trovarla in clinica, sono entrata nella stanza e ho abbracciato Chiara, non mi sono accorta subito che la bambina era lì nella culla, nata da poche ore: dormiva beata, minuscola e fortissima, aveva addosso una tutina con le balene e io sono rimasta incantata a guardarla, e quando Chiara mi ha chiesto di cullarla un po’ perché lei doveva andare in bagno, ho sperato che facesse una doccia di un’ora, una lunga telefonata, un giro in centro, sarei rimasta lì per sempre con questa bambina di cinquanta centimetri fra le braccia.

 

Voglio rassicurare le madri di bambini piccoli di Roma e dintorni, non abbiate paura, non sono un pericolo, non ho intenzione di rubare i vostri figli e dire che sono miei, non ho luci strane negli occhi, ma sento uno struggimento verso questo tempo della vita che non è più mio, verso il Natale in cui mio figlio aveva da poco imparato a stare seduto e con una tutina rossa stava per terra abbracciato al suo camion giallo e al suo gatto a strisce e io scattavo fotografie e lo riempivo di baci e lui rideva. Anche adesso provo a riempirlo di baci, ma lui mi dice: però mamma non soffocarmi, posso andare da Leo oggi? Posso dormire là? Così andiamo al centro commerciale Tiburtino. Va bene, vai al centro commerciale Tiburtino, ma sei sicuro che vuoi dormire là? Mi ha risposto con aria interrogativa: certo che sono sicuro, mi dai dieci euro per la sala giochi? E la mattina dopo, quando sono andata a prenderlo, ha detto che ero arrivata troppo presto perché avevano appena superato un livello importantissimo di Minecraft. E’ giusto, sono contenta, bravo, voglio che tu abbia tanti amici e che tu sia felice dappertutto, però ti ricordi quando eri così piccolo che ti portavo nel marsupio e tu mi stringevi la mano con la tua mano piccola e soffice? No, non mi ricordo, adesso posso andare da Matteo che ha un gioco nuovo della Wii? Posso cenare là? Va bene, cena pure là, però ti ricordi di quando siamo andati a Parigi tanti anni fa e tu e tua sorella stavate sulle grate della metropolitana e arrivava tutta l’aria e tu avevi i riccioli biondi che volavano? Ma mamma io non sono biondo. Ti giuro che quando eri piccolo eri biondo, vado a prendere le foto così ti faccio vedere? No mamma dai, portami da Matteo, è già tardi.

 

Mio figlio ha ragione, è già tardi, e una volta lo portavo nel marsupio ma adesso lo porto in motorino, è bello lo stesso, è diverso: però se penso a quel tempo finito per sempre, quel tempo di fiducia e abbandono totale, un tempo tutto nuovo, faticosissimo, in cui lui e io eravamo sempre appiccicati e quando io mi staccavo lui mi cercava, io adesso so che quello era un tempo meraviglioso. Anche svegliarsi la notte era non dico meraviglioso ma intenso, era un’avventura, e poi una mattina lui ha detto mamma e io non ho nemmeno fatto un video. E’ il mio tempo perduto che mi fa desiderare di abbracciare tutti i neonati che incontro? O è il Natale in arrivo che mi fa pensare che in fondo l’albero di Piazza Venezia non sia così brutto, e anzi da lontano di notte con le luci mi sembra quasi commovente? Penso a tutto quello che farei adesso di diverso, penso a tutte quelle ore al lavoro quando mia figlia aveva solo tre mesi, penso che ero cretina e però allora mi sembrava tutto giusto, quindi non mi pento di niente, ci siamo divertiti lo stesso. Ma adesso vorrei che il tempo non volasse via così veloce, vorrei che ci fossero ancora molti Natali in cui mia figlia mi chiede di addobbare insieme a lei tutta la casa con le luci intermittenti e di preparare dei pacchetti regalo per il cane e il gatto, e di scrivere la lettera a Babbo Natale anche se sa che non esiste (“ma gli voglio bene lo stesso”). Vorrei ancora molta infanzia dentro casa nostra, anche se la casa è sempre un macello e non ho nessun posto in cui stare per più di dieci secondi senza che qualcuno mi rubi le penne o spalmi la Nutella su un libro o urli che ha qualcosa dentro un occhio e sta morendo, vorrei ancora molte recite di Natale a cui arrivare in ritardo e annoiarmi tantissimo. Mio figlio mi ha già chiesto di andare a dormire da Alessandro sabato, mangiano gli hot dog e poi fanno la lotta sul divano. Ho detto va bene, ma non ti mancherò nemmeno un po’? Lo so che non si dicono queste cose, ma insomma è Natale, e tutto quel tempo perduto, e i neonati da addormentare, è un momento così. Lui mi ha detto: mamma, tu mi manchi sempre, ma è la vita.

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  • Annalena Benini
  • Annalena Benini, nata a Ferrara nel 1975, vive a Roma. Giornalista e scrittrice, è al Foglio dal 2001 e scrive di cultura, persone, storie. Dirige Review, la rivista mensile del Foglio. La rubrica di libri Lettere rubate esce ogni sabato, l’inserto Il Figlio esce ogni venerdì ed è anche un podcast. Ha scritto e condotto il programma tivù “Romanzo italiano” per Rai3. Il suo ultimo libro è “I racconti delle donne”. E’ sposata e ha due figli.