Foto via Flickr di Antonio Castagna

La mia malinconia

Antonio Pascale

I figli sono grandi e a Natale non mi stanno più addosso, ho tanto tempo libero per disturbarli

Un tempo le vacanze di Natale erano più belle. Per esempio, potevo scegliere i regali per i bambini. Anno dopo anno mi dicevo: stanno crescendo, e cercavo allora di indovinare il regalo adatto alla loro nuova età. E ne ho fatti di regali: lettere magnetiche, chiodini, libri di ogni ordine e grado, aerei e missili, costruzioni intelligenti, pistole e sì, pure qualche orsetto di pezza. Poi abbonamenti a palestre, biciclette, pattini e macchine fotografiche. Babbo Natale portava i doni e la Befana le caramelle. Il salone pieno di pacchi e le lunghe ore pomeridiane insieme a loro. Un tempo erano belle le vacanze di Natale e tuttavia, ammetto che, non dico a Natale ma a Santo Stefano cominciavo a provare un po’ di stanchezza. E fai partire i missili, gioca con le costruzioni, monta le piste e pattina in piazza insieme a loro. Il momento simbolico della suddetta stanchezza non è mai cambiato.

 

Quando mi toccava sistemare nel cassonetto nell’immondizia (pure differenziato) le confezioni di cartone e polistirolo e tutte quelle carte dorate usate per i regali. No, per carità, bello stare con i bambini però a volte, che noia. Troppo impegno, troppe aspettative, troppa concentrazione su di loro. Tutte quelle ore vuote. Papà, uff, mi annoio, mi annoio, facciamo qualcosa, mi dicevano. E inventiamoci un’uscita, qualcosa, un gioco. E ne ho inventate di improvvisate per scacciare la noia. Ah, erano belle le vacanze di Natale di quando ero bambino io. Vero, nulla cambiava, i regali e le confezioni di polistirolo e le lunghe e noiose ore pomeridiane, ma nessuno, allora, si occupava di quella noia. Insomma, i miei, sì ma non solo i miei, anche i genitori dei miei amici, i parenti tutti non si curavano troppo della nostra noia. Ti annoi? E vai in giardino a giocare, vai in bicicletta, prendi la fionda e mira agli uccelli, fatti una passeggiata, e che vuoi da me, guardati un po’ di televisione.

 

Invece durante le feste di Natale e l’abbuffata di regali, dopo che, Natale dopo Natale, cercavamo di interpretare e poi registravamo con puntiglio scientifico tutte le sfumature (di desideri e ambizioni, voglie e nuove gioie) delle loro nuove età, ecco, a un certo punto (io sempre allo stesso punto) mi rendevo conto che mi stavo stancando, mi stavo annoiando, e anche loro. Bisognava prendersi cura della loro noia. Il fatto è che mi stavano addosso, troppo, questa è la verità. Gli abbracci di Marianna sul lettone, i giochi con lei e le invenzioni, le lotte con Brando, le passeggiate con entrambi e le uscite differenziate: porta Marianna alle mostre, ai musei, a teatro. Brando a giocare a calcio, al cinema e per negozi. Quando passano queste feste di Natale? Così mi riposo. E finalmente sono passate. Sono grandi, i regali se li scelgono loro, alle mostre, al cinema e fare shopping ci pensano da soli e la preoccupazione di quelle ore vuote non c’è più. Ora, finalmente posso selezionare il tempo, fare cose mirate, con più qualità, per esempio andare a disturbare Marianna mentre studia. Studia sempre, sempre. Nelle ore vuote pomeridiane si sente solo la sua voce, ripete e ripete, un lungo soliloquio, blablabla. Come mi piace allora sorprenderla, e prenderla in braccio e sbaciucchiarla, fai la scimmietta, dai aggrappati come quando eri piccola. E lei mi guarda e mi dice che è stanca, è stanca soprattutto di me, la innervosisco. Ha inventato anche un misuratore di nervosismo. Una specie di bilancia, me la mostra, appena appaio con le mie richieste un braccio del bilanciere si impenna.

 

Tento allora con Brando, che studia sì ma un po’ di meno. Parlo di calcio e di nuovi brand, di musica rap e di Louise C.K. ma inutile, mi guarda come fossi il nonno: le cose di cui parlo, brand, musica e pure Louise C.K. per lui sono vecchie, passate, sono fuori tempo massimo, c’è dell’altro fuori, ma purtroppo non me accorgo, sarà la vecchiaia. Mi chiedo: ma perché non sono sdraiati? Se lo fossero potrei almeno provare a imporre, cioè imporre è brutto, provare a far passare i miei temi. E invece mi tocca sentire (quando la bilancia di Marianna è sotto tensione) affermazioni così: non sopporto la morale di padri che non si interessano mai di niente se non per tardivi e inutili sensi di colpa. Vabbè. Mi sto preparando a queste lunghe ore natalizie, sapete come? Me ne vado a Caserta. I miei abitano lì, sono anziani, ma stanno bene. Mangio con loro, gli chiedo: com’era il Natale di quaranta e passa anni fa? E loro mi raccontano dei regali che mi facevano e di quanto a volte ero scocciante perché mi annoiavo tanto, non riuscivo a finire un gioco che già ne volevo un altro. Così, a volte mentre loro parlano, penso alla vecchiaia che mi aspetta. Devo fare una faccia strana, malinconica, perché senza dirmi niente, mia mamma, mentre passa, mi fa una carezza.

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