Foto LaPresse

Perché la rivoluzione di Nava è unire alta finanza e piccoli investitori

Alberto Brambilla

Nel vuoto politico post elettorale potrà mai essere la Consob a far valere l’Italia nella riforma dell’Eurozona?

Roma. Molti commentatori hanno salutato come una vittoria dell’Italia la revisione del piano della Banca centrale europea sulla contabilizzazione dei crediti deteriorati delle banche, con tempi più dilatati sia per il recupero sia per la copertura rispetto alle proposte iniziali (più severe) della Commissione europea. La diplomazia italiana s’era mossa a livello comunitario affinché si arrivasse a un compromesso soft. La proposta dovrà essere votata dal Parlamento Ue. Vista la situazione di stallo politico successiva alle elezioni del 4 marzo, che potrebbe protrarsi fino all’estate o oltre, c’è da chiedersi se l’Italia dovrà rassegnarsi a ricordare questo risultato come l’ultimo successo per un po’ di tempo. Nei prossimi summit la capacità di incidere sulla riforma dell’Eurozona, oltre a Brexit e contromisure sui dazi americani, appare flebile. Francia e Germania dominano. Per non parlare del turn-over al Comitato esecutivo della Banca centrale europea che si concluderà l’anno prossimo con la sostituzione del presidente Mario Draghi. La speranza di incidere ricade su istituzioni indipendenti dalla politica. Sarebbe sorprendente se il guizzo arrivasse dall’Autorità che vigila sulla Borsa percepita per anni come sonnacchiosa, disfunzionale per gli operatori e distaccata dai giochi europei. Molto dipende dall’operato del presidente designato di Consob, Mario Nava, che vuole innescare una rivoluzione nei rapporti con le istituzioni europee, gli investitori esteri e domestici.

 

Sono il cursus honorum e le intenzioni di Nava a far immaginare una sterzata. Dei suoi cinquantuno anni, Nava ne ha spesi ventisei all’estero e tra i candidati alla successione di Giuseppe Vegas era la “scelta esterna”, viene da fuori. Milanese, laureato in Economia in Bocconi, PhD in Finanza alla London school of Economics (con una tesi ripresa dal Journal of public economics). Negli anni Novanta è stato consigliere di Monti da commissario alla Concorrenza e poi di Prodi da presidente della Commissione. In vent’anni di carriera, con incarichi d’importanza crescente, è diventato direttore responsabile per regolamentazione bancaria e assicurativa e ha diretto i team che hanno studiato il corpus legislativo dell’Unione bancaria fino a diventare direttore per il monitoraggio dei mercati e la gestione delle crisi finanziarie.

 

La sfida che Nava vuole intraprendere nei prossimi tre anni d’incarico è imponente. Si sostanzia in un cambiamento culturale radicale nell’organizzazione e nella filosofia di Consob e nel tentativo di invertire l’ostilità di una popolazione di risparmiatori trattenuta dal beneficiare dell’investimento data la poca conoscenza della materia e l’alta sfiducia in seguito alle periodiche crisi bancarie.

 

Nava ritiene che la fase sistemica della crisi dell’Eurozona sia passata e siamo in una fase di situazioni circoscritte di stress. Sa ascoltare i mercati e sa anche parlare agli investitori. Conosce cinque lingue (inglese, tedesco, francese, spagnolo e russo) e insiste spesso sulla conoscenza dell’inglese, che finora in Consob non è ancora una priorità. “Mi piace immaginare che quello che diciamo venga trasmesso nelle lingue della finanza internazionale, non si parla solo italiano”, ha detto in audizione in Commissione Finanze al Senato in seguito alla sua designazione. Intende “accrescere il ruolo internazionale” di Consob facendola uscire dal guscio dei confini italiani. “L’indipendenza non significa isolamento”, ha detto. Significa, al contrario, dialogo e scambio. Dialogo è qualcosa di distante dal riflesso del “conflitto di interesse”, agitato in Italia. E’ invece prossimo alla prassi europea per cui le autorità indipendenti riferiscono ai rappresentanti dei cittadini e comunicano con i portatori di interesse del mercato regolarmente. Nava dice di “non volere restare chiuso in ufficio, ma parlare con tutti” e così i suoi funzionari dovrebbero dialogare con le autorità degli altri paesi. Passare periodi in quelle sedi (“se ci costringessero a lavorare in inglese potrebbe essere corso di inglese gratuito”). E anche all’interno dell’industria finanziaria. “Non sto parlando di porte girevoli, conosco il tema, ma di instaurare fiducia reciproca”, ha detto. Ergo più che conflitto d’interessi sarebbe mutuo interesse per rendere fluido il sistema finanziario. “L’Italia ha un bisogno estremo di mercati che funzionino”, ha detto riconoscendo nella Brexit un’opportunità se la Piazza italiana sarà attraente per gli investitori esteri. Nel 2017 solo 82 quotate su 310 avevano una capitalizzazione superiore al miliardo, 29 sopra i 5 miliardi. Quelle “investibili” sono al massimo 50-70, secondo Citi.

 

Migliorare vuol dire collaborare. Consob gode della prerogativa riservata a pochi grandi paesi di sedere tra le autorità che supervisionano sulla stabilità dei mercati sia europei (Esma e Esrb) sia mondiali (Fsb e Iosco) e lì Nava vuole distaccare personale Consob a presidiare i processi decisionali. “E’ un’occasione da prendere quella perché possiamo contribuire alla attività legislativa con una fase attiva importante”. Fu, per esempio, il caso del bail-in: le autorità italiane l’hanno criticato a posteriori ma – come ha ricordato Nava – le discussioni sono iniziate subito dopo Lehman Brothers nel 2008.

L’altra inversione di tendenza che Nava propone è trasformare un’autorità burocratica in efficace e capace di prevenire anziché sanzionare. “Serve un passaggio da una cultura che si occupa del formalismo a una che si occupa della sostanza: rispettare i requisiti formali delle direttive va bene ma non protegge famiglie e imprese. Quello che protegge è una Vigilanza integrata e dinamica e la capacità dell’Autorità di verificare modalità di disegno e uso dei prodotti finanziari, l’effettiva conoscenza del cliente da parte dell’intermediario, verificare l’adeguatezza del prodotto sulla base delle informazioni disponibili al cliente”. La composizione della Commissione con cinque commissari è passata da prevalentemente giuridica a prevalentemente economica (ci sono due giuristi e tre economisti ora). Ciò potrebbe aiutare. Per quanto riguarda il contrasto agli illeciti bisogna passare da “un’azione ex post e si applica una sanzione a un’azione ex ante perché è quella che funziona nei mercati finanziari e che serve a produrre ricchezza”, pur affiancando alla sanzione pecuniaria in caso di illeciti procedure di risoluzione delle controversie più rapide ed efficaci e mutuate dalle esperienze francese e americana.

 

In un paese in cui la fiducia nella finanza è ai minimi, la Consob è pressoché sconosciuta e il tasso di alfabetizzazione finanziaria dei giovani è sotto la media Ocse, la sfida più difficile è forse quella di avvicinare i risparmiatori all’investimento. Secondo Nava la conoscenza dell’economia e dei termini di uno scambio è essenziale per “essere un consumatore avveduto”. La conoscenza è dunque la prima arma a disposizione del singolo nell’ecosistema della finanza. Ai ragazzi presenti alla fiera libraria milanese Tempo di Libri ha dato il consiglio che un papà darebbe alla prole (lui ha tre figlie): “Se uno studia tanto capisce le cose e se le capisce si può ribellare, quindi studiare è ribellarsi”. L’ignoranza , di certo, non produce rivoluzioni.

Di più su questi argomenti:
  • Alberto Brambilla
  • Nato a Milano il 27 settembre 1985, ha iniziato a scrivere vent'anni dopo durante gli studi di Scienze politiche. Smettere è impensabile. Una parentesi di libri, arte e politica locale con i primi post online. Poi, la passione per l'economia e gli intrecci - non sempre scontati - con la società, al limite della "freak economy". Prima di diventare praticante al Foglio nell'autunno 2012, dopo una collaborazione durata due anni, ha lavorato con Class Cnbc, Il Riformista, l'Istituto per gli Studi di Politica Internazionale (ISPI) e il settimanale d'inchiesta L'Espresso. Ha vinto il premio giornalistico State Street Institutional Press Awards 2013 come giornalista dell'anno nella categoria "giovani talenti" con un'inchiesta sul Monte dei Paschi di Siena.