Mario Nava, Presidente della Consob (foto LaPresse)

Torna di moda l'“incompatibilità allarmante” del presidente della Consob. Perché?

Luciano Capone

Il nuovo capitolo della “guerra ai burocrati” (cioè competenti) di Lega e M5s ha un nome: Mario Nava

Roma. Dopo la Ragioneria dello stato, il Mef e l’Inps, è l’ora dell’assalto ai vertici della Consob. In commissione Finanze i deputati di Lega e M5s hanno sferrato un attacco frontale al neo presidente dell’Authority, insediatosi ad aprile, accusato di “incompatibilità con l’attività di vigilanza”. “Abbiamo posto una volta per tutte il problema della nomina di Mario Nava – ha detto la presidente M5s della commissione Finanze Carla Ruocco, perché violerebbe “la legge istitutiva del 1974” – in quanto Nava, da dipendente della Commissione europea in distacco, “godrebbe di una sostanziale immunità” che “è chiaramente incompatibile con l’indipendenza e l’autonomia di Consob”. In realtà si tratta di una polemica di qualche mese fa, e che si pensava archiviata, ma che viene rinfocolata adesso, durante questa offensiva estiva nei confronti delle strutture tecniche, da chi ambisce ad occupare incarichi e posizioni che si liberano anche in Consob. 

 

Partiamo dal punto della questione. La nomina di Nava al vertice della Consob è stata particolarmente lunga e problematica. Dopo l’indicazione a fine dicembre da parte del governo Gentiloni, l’economista doveva scegliere le modalità del passaggio dalla Commissione europea, di cui era dirigente, all’Authority. All’aspettativa Nava ha preferito il distacco, che comporta alcuni vantaggi dal punto di vista della carriera al rientro in Commissione, ma che aveva lasciato qualche perplessità riguardo al requisito dell’indipendenza e per il fatto che il distacco è di soli tre anni, molti meno rispetto al mandato di sette anni del presidente della Consob. La questione ha creato anche qualche imbarazzo, ma tutti i passaggi del lungo iter di nomina sono stati superati: l’indicazione del Consiglio dei ministri del 22 dicembre, l’audizione e il voto delle commissioni parlamentari del 17 gennaio, un passaggio alla Corte dei conti e infine il decreto del presidente della Repubblica ad aprile. Queste istituzioni – Palazzo Chigi, Quirinale e Corte dei conti – hanno espresso tre pareri giuridici che escludono qualsiasi tipo di incompatibilità tra il distacco dalla Commissione europea e il ruolo di presidente di Consob.

 

Capitolo chiuso ad aprile, quindi. Ma perché viene riaperto adesso, con M5s e Lega che parlano apertamente di “incompatibilità allarmante” di Nava che non sarebbe un presidente “al di sopra di ogni sospetto”?

C’è un fatto contingente, che riguarda alcune posizioni che si liberano. Giovanni Siciliano, dal 2011 responsabile della Divisione studi della Consob, ha presentato le dimissioni. Lascerà nei prossimi giorni la commissione per andare a lavorare nel privato. Pochi mesi fa ha dato alle stampe un sorprendente libro, per il ruolo delicato che occupa, dal titolo “Vivere e morire di euro. Come uscirne (quasi) indenni”, in cui propone una soluzione “creativa” per uscire in sicurezza dalla moneta unica. Non si sa se usciremo indenni dall’euro, ma di certo Siciliano uscirà in sicurezza da Consob. La sua posizione è finita nel mirino di qualche dirigente Consob da tempo in cerca di più alti incarichi, magari ben collegato con la nuova maggioranza pentaleghista, che potrà usare l’attacco politico sferrato a Nava come strumento di pressione per l’ambita promozione.

 

Le piccole vicende e ambizioni personali, che assumono il ruolo di cause scatenanti, non possono però spiegare da sole un’azione politica di questa portata. Che infatti va ricondotta all’interno della più ampia offensiva delle ultime settimane contro i “burocrati” considerati rispetto al nuovo corso inaffidabili, o addirittura sabotatori, quindi infedeli. Dopo il caso della presunta “manina” che sarebbe intervenuta sulla relazione tecnica del Dl Dignità, il M5s ha minacciato di “fare pulizia” al Mef e alla Ragioneria dello stato per togliere le “vipere” che mirano “a ledere l’operato di governo e M5s”.

 

Il maggiore indiziato era il ragioniere dello stato Daniele Franco, persona molto preparata e della Banca d’Italia (pertanto due volte sospetto!), che è soggetto a spoils system e quindi può essere rimosso. Poi è toccato al presidente dell’Inps Tito Boeri, economista competente e scelto da Renzi (due volte sospetto!). Il ministro dell’Economia Giovanni Tria – che già ha le sue difficoltà a imporre le nomine del direttore generale del Tesoro e in Cdp, e che ha scaricato Boeri per difendere Franco – è stato già chiamato dalla sua stessa maggioranza attraverso un atto ispettivo a intervenire anche sul presidente di un’Autorità indipendente come Nava. Spoils system e pressione politica sulla Pubblica amministrazione alla massima potenza. In un momento in cui l’opposizione politica è inesistente, la maggioranza gialloverde vede come unica resistenza i tecnici. Soprattutto se indipendenti.

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  • Luciano Capone
  • Cresciuto in Irpinia, a Savignano. Studi a Milano, Università Cattolica. Liberista per formazione, giornalista per deformazione. Al Foglio prima come lettore, poi collaboratore, infine redattore. Mi occupo principalmente di economia, ma anche di politica, inchieste, cultura, varie ed eventuali