Il sindaco di Milano, Beppe Sala (foto LaPresse)

Al Bilancio mancheranno 160-200 milioni e ci vuole l'impegno dello stato, spiega l'assessore Tasca

Giovanni Seu

Il Covid-19 ha agito come uno tsunami sui conti del comune di Milano costringendo gli uffici a un super lavoro per impostare il bilancio di previsione più difficile degli ultimi anni

È un’estate più calda del solito in piazza della Scala dove ha sede la Ragioneria del Comune. Il Covid-19 ha agito come uno tsunami sui conti di Palazzo Marino costringendo gli uffici a un super lavoro per impostare il bilancio di previsione più difficile degli ultimi anni: con la quarantena si è creato un fabbisogno di 550 milioni, una cifra importante se si considera che la manovra di bilancio si aggira sui 2,7 miliardi che diventano 3,2 aggiungendo anche il contributo Fcde (il Fondo crediti dubbia esigibilità) di 323 milioni e il rimborso di quote capitale dei mutui che ammonta a 198 milioni.

 

“Mancano 290 milioni del trasporto pubblico dovuti essenzialmente al tracollo della vendita dei biglietti – spiega al Foglio l’assessore al Bilancio, Roberto Tasca – mancano 80 milioni tra dividendi ordinari e straordinari di Sea; 20 di acconto Imu invece dei 55 previsti, 35 dalla sospensione della Cosap, 30-35 milioni in meno dall’imposta di soggiorno (il crollo del turismo è stimato in circa 8 milioni di presenze nell'anno, ndr), 40 in meno dai servizi per le domande individuali come ad esempio i nidi e altri 40-50 dalle infrazioni al Codice della strada a causa della ridotta mobilità di questo periodo. Al momento facciamo fronte con l’avanzo di bilancio, che è di 130 milioni, e con altri 250 stanziati dal governo: non bastano, ci mancano nello scenario migliore 160 milioni, in quello peggiore ben 200”. Il Comune dovrà vedersela con la minore capacità di spesa. Tecnicamente occorre tutelare la spesa corrente – la parte del bilancio dedicata al pagamento degli stipendi e all’erogazione dei servizi ai cittadini – mentre quella in conto capitale che rappresenta gli investimenti è più gestibile, perché può essere contratta con minori difficoltà. Si tratta comunque di un’operazione complicata, basti pensare che esistono spese consistenti come le manutenzioni stradali e i mutui che sono coperte con spese correnti gonfiando oltremodo questa voce delle entrate.

 

Su come recuperare questi 160-200 milioni i margini di manovra sono risicati. Come sempre accade nei momenti di ristrettezze è il patrimonio immobiliare il primo a essere messo sul mercato: a inizio mese Palazzo Marino ha annunciato la prossima pubblicazione dei bandi per la vendita di cinque beni di proprietà del demanio. A parte uno stabile di corso Vercelli con base d’asta di 10 milioni, per gli altri si parte da poche decine di migliaia di euro: importi irrisori per fare quadrare i conti comunali anche se, ricorda Tasca, gli uffici sono al lavoro per realizzare un censimento che individui altri beni da valorizzare. Una fatica che non dovrebbe portare a grandi risultati, in quanto la gran parte degli immobili comunali è già al fuori della disponibilità dell’amministrazione in seguito alla creazione dei Fondi immobiliari 1 e 2, voluti dalla giunta Moratti e affidati in gestione a Bnp Paribas. Un’altra strada potrebbe essere l’alienazione di beni mobili, le partecipazioni azionarie di cui è titolare Palazzo Marino, che però Tasca considera impraticabile: “Non sono previste e comunque non inciderebbero sul bilancio del 2021 perché avrebbero effetto sulla parte in conto capitale”. Maggiore contrarietà l’assessore mostra di fronte all’ipotesi di un aumento delle tariffe dei servizi o delle imposte: “Non solo non sono previsti aumenti ma confermiamo la soglia di esenzione dell’addizionale Irpef a 23 mila euro”. Disco rosso anche all’idea di ricorrere a prestiti: “Non siamo come lo stato, abbiamo l’obbligo della copertura di tutte le spese”. Notevole differenza, che incide molto su una nazione fatta di città e comuni.

 

Per poter presentare il bilancio non resta dunque che il sostegno del governo: “E’ l’unica possibilità concreta – afferma Tasca – è necessario che da Roma arrivino altri 2 miliardi per tutti i comuni italiani: noi ci facciamo affidamento, il premier Conte lo ha assicurato a Sala, ogni promessa è debito. L’intenzione dell’esecutivo è di realizzare questa operazione per settembre ma io mi auguro che i tempi siano più veloci in modo da consentirci la verifica degli equilibri del bilancio preventivo entro il 31 luglio”. Se arriveranno questi sospirati fondi si potrà andare avanti nella redazione del bilancio di previsione, in caso contrario si creerebbe una situazione pesantissima con l’Amministrazione costretta a tagliare servizi per racimolare quei 160-200 milioni che consentirebbero di pareggiare entrare e uscite. Uno scenario molto duro per non pochi cittadini, già alle prese con le difficoltà scaturite dalla pandemia, e complicato per la Giunta che dovrebbe avviare la caccia ai fondi degli assessorati socialmente meno impattanti come Cultura, Turismo, Sport: “Noi dipendiamo dallo stato – ragiona il titolare del Bilancio – perché ha fatto scelte sui principi contabili molto definite che regolano la nostra azione amministrativa. Mi sento tranquillo, ho fiducia nelle persone, nel loro senso di responsabilità e negli impegni che sono stati assunti: se poi le cose non dovessero andare come speriamo ci sarà un piano di salvataggio di cui però mi sembra prematuro parlare anche per non suscitare ansie inutili”.

Di più su questi argomenti: