Attilio Fontana, Vincenzo De Luca e Luca Zaia (Presidenti della regioni Lombardia, Campania e Veneto) dopo un incontro sull'autonomia. Alle loro spalle Galli (Foto LaPresse)

L'assessore-professore risponde alle critiche spedite (via GranMilano) dal Pd al governatore Fontana

Stefano Bruno Galli*

L’autonomia non darà vita a un neo-centralismo regionale. Stiamo solo cercando di applicare la riforma del Titolo V

Pubblichiamo con piacere la risposta (sollecitata da GranMilano) dell’assessore Galli alla “lettera” al governatore Fontana spedita tramite queste colonne da due consiglieri regionali del Pd la settimana scorsa. Gli scambi di idee sono sempre utili, le personalizzazioni polemiche fuori contesto e fuori bersaglio, meno. Scrivendo del Mibact sul Foglio non ho affatto dato “dell’incolto” al prof. Galli, che mi esimerà dal partecipare alle sue lezioni. Ho semplicemente espresso una critica rispetto alle sue dichiarazioni di voler portare, tramite l’autonomia, la gestione di un museo nazionale come Brera (che la riforma Franceschini ha tentato di rendere autonomo) sotto il controllo politico, per quanto regionale. Se ne potrà discutere, anche sul Foglio. (Maurizio Crippa)

L’antico vizio che s’impone sempre nel dibattito pubblico in questo paese – e consiste nell’ideologizzazione e nella partitizzazione delle questioni politiche – emerge anche sul tema dell’autonomia. Basta leggere l’intervento della scorsa settimana di Bussolati e Scandella, consiglieri regionali lombardi del Pd, o l’intervento di giovedì di Maurizio Crippa. Che mi dà dell’incolto: quando riprenderò servizio all’università, lo invito a venire a qualche mia lezione per colmare le sue lacune.

 

Il regionalismo differenziato è stato costituzionalizzato con la riforma del 2001. E tuttavia, in diciotto anni non ha mai funzionato. Era quindi necessario – quando abbiamo cominciato il percorso dell’autonomia – individuare uno strumento per rafforzare il potere negoziale regionale nella prospettiva della trattativa. Di qui l’idea di collocare a monte del negoziato un referendum consultivo territoriale. Dal quale ha tratto beneficio anche il governatore dell’Emilia-Romagna, Stefano Bonaccini, che non ha fatto ricorso alla consultazione referendaria. Ma Bussolati e Scandella continuano a polemizzare sul referendum, dipingendo Lombardia e Veneto come le Regioni cattive, mentre Bonaccini – con il quale, per altro, il dialogo in questi mesi è sempre stato intenso e fecondo – è il governatore bravo.

 

 

L'assessore all'Autonomia e alla Cultura della Regione Lombardia, Stefano Bruno Galli (Foto via Facebook)


 

Dopo l’Accordo preliminare siglato da Gentiloni alla vigilia delle elezioni politiche del 2018, secondo i due consiglieri regionali del Pd, la trattativa si è “imballata” e il suo esito appare “incerto”. Nei fatti, all’indomani dell’insediamento del governo Conte, abbiamo riaperto subito la trattativa, scomponendo le 23 materie costituzionalmente negoziabili in oltre cento funzioni legislative e amministrative. Abbiamo incontrato i tecnici di tutti i dicasteri per tre volte: in estate per illustrare le nostre istanze, poi per ascoltare le controdeduzioni dei tecnici dei singoli ministeri e, infine, per individuare – relativamente a ogni funzione – il punto di caduta. Poche questioni rimangono ancora aperte – in materia di infrastrutture, ambiente, salute e cultura – e saranno risolte in sede politica, prima del passaggio parlamentare e della sottoscrizione dell’Intesa da parte del premier e dei governatori.

 

L’autonomia che otterremo non darà vita a un neo-centralismo regionale: lo dicono i documenti. Le regioni sono enti di programmazione e di indirizzo, mentre ai comuni spettano le funzioni amministrative. Non abbiamo mai parlato, nel corso delle trattative, di residuo fiscale. Che senza dubbio costituisce un problema politico, ma che non è argomento di negoziato. La questione è un’altra e riguarda la spesa pubblica per ogni abitante, che definisce una realtà davvero iniqua e penalizzante per Lombardia, Veneto ed Emilia-Romagna. Una questione rimane però ancora aperta. Dov’erano i detrattori del regionalismo differenziato – coloro i quali definiscono l’autonomia come una “secessione dei ricchi” e parlano dell’Intesa come di un provvedimento “spacca-Italia” – nel 2001, quando è stata approvata la revisione del Titolo V della Costituzione repubblicana che oggi cerchiamo di applicare?

 

* Stefano Bruno Galli è l'assessore all’Autonomia e alla Cultura della Regione Lombardia

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