Alessandro Alfieri e Umberto Ambrosoli

La complicata partita del Pd per trovare il candidato anti-Maroni

Fabio Massa

Primarie "Da Berti". Tra Gori e Pizzul

In fondo, tutti sanno che Da Berti, a due passi dal palazzo della Regione, si è sempre fatta la politica. Bipartisan, alla milanese ma non solo quella, davanti al piatto di stagione. In questo periodo vanno forte i fioroni freschi con il formaggio, che gli avventori del ristorante della politica regionale consumano con invidiabile assiduità sotto il pergolato, all’aperto. E poi, si mangia bene: Craxi ordinava il bollito misto, Veltroni il risotto alla Beccaia e Formigoni il riso al salto, cotto nella padella imburrata.

  

Chissà che cosa si sono fatti portare, l’altro giorno, Alessandro Alfieri, Lorenzo Guerini e Giorgio Gori. Il primo, segretario regionale del Partito democratico, il secondo ex vicesegretario nazionale e il terzo attuale sindaco di Bergamo, ma soprattutto possibile candidato a sfidare Roberto Maroni nelle prossime regionali. Le portate sono segrete. Il tema, invece, mica troppo: secondo quanto risulta al Foglio, i tre hanno parlato di come iniziare la campagna elettorale per la scalata (durissima, durissima) al Palazzo della Regione, che incombe là a cinquanta metri, sopra il pergolato, ma che oggi come oggi pare irraggiungibile, attaccando la parete da sinistra. Anche perché il percorso è quantomai tortuoso. Primo scoglio: le primarie del partito. Richieste a gran voce dai cattolici dem, con il consigliere regionale Fabio Pizzul (storica provenienza dall’Azione cattolica) e l’assessore comunale Marco Granelli che mobilitano il mondo cattolico per spingere Alfieri a dare il via alla competizione.

 

Tuttavia le primarie, per quanto statutarie e core business ideale del rapporto tra il partito e la base allargata regionale, sembrano inutili a una parte dello stesso Pd. Tanto più che Giuliano Pisapia (il fantasma di Banqo della sinistra-sinistra meneghina con vista nazionale) ha già detto pubblicamente che Gori candidato gli piace, eccome. “Il problema non è il gradimento su Gori – spiega al Foglio Fabio Pizzul (che per inciso è stato il più votato a Milano, l’ultima volta) – Il problema è vincere le elezioni. E per vincere le elezioni bisogna allargare su diverse realtà lombarde che sono fuori dai partiti, senza le quali la partita diventa difficilissima.

 

Maroni è forte: per batterlo è meglio partire con le primarie piuttosto che iniziare con una campagna elettorale già puntata verso le elezioni”. In sintesi: la società civile (e il variegato elettorato cattolico d’impronta progressista, che il Lombardia conta assai) si coinvolge attraverso le primarie. Tuttavia il punto politico fa il paio con il punto personale: Fabio Pizzul si offre. La cosa non pare troppo elegante, ma lui taglia corto: “Io mi metto a disposizione. Se però per fare le primarie serve che faccia un passo indietro, io sono pronto a farlo. Ma purché le primarie si facciano”. Un metodo all’incontrario rispetto a quello di Pierfrancesco Majorino per le comunali dell’anno scorso, che invece permaneva in campo proprio per costringere alle primarie Beppe Sala (e per contarsi, risultato del quale ancora oggi trae forza politica). Altra obiezione alle primarie: c’è poco tempo. Soprattutto se Maroni riuscisse a convincere i suoi consiglieri a mollare la “cadrega” e a dimettersi (cosa peraltro impossibile) accelerando la data del voto. “Perché, qualcuno sa quando ci sono le elezioni? – sfotticchia Pizzul – E allora diciamo che quella del tempo è una scusa. A forza di aspettare, il tempo passa e non c’è più”.

 

Alessandro Alfieri non si smuove di un millimetro. Vanno fatte o no? “Vanno verificate le condizioni per la condivisione di una candidatura unitaria di centrosinistra e movimenti civici”. Tradotto dal neo-politichese: no, se Giorgio Gori lavora bene e viene digerito anche da Mdp e cespugli vari. “Io di nomi non ne faccio – sfotticchia (anche lui) Alfieri – Parliamo di candidatura unitaria e basta. Il tempo? Forse sfugge a qualcuno che c’è un quadro politico regionale diverso da quello nazionale. Non è facile costruire una posizione di centrosinistra con soggetti che rischiano di essere contrapposti a livello nazionale. Quindi meglio costruire una coalizione larga di centrosinistra. Non è come per i comuni, il livello regionale è più distante, quindi le primarie non avrebbero quel forte coinvolgimento che hanno avuto ad esempio a Milano. O presentano del valore aggiunto, altrimenti meglio partire subito con una candidatura unitaria”. Chiusa finale per un teatrino che (dovrebbe) restare aperto ancora per poco: “Venerdì all’assemblea regionale decidiamo”. E lo statuto? Silent leges inter arma.

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