Il parco Zara-Expo, in zona Vialba-Quarto Oggiaro (LaPresse)

Caos metropolitano

Daniele Bonecchi

Ultimi tentativi per salvare dal default la Città metropolitana, sognando prima o poi la Great Milan

Oggi a Roma si riunisce la Conferenza stato-città e autonomie locali. All’ordine del giorno c’è il futuro (tormentato) delle città metropolitane, Milano in testa. L’ultimo tentativo, in ordine di tempo, per salvare la grande Milano, l’ha fatto Giuseppe Sala, sindaco di Milano e (suo malgrado) sindaco della città metropolitana, che si è chiesto – davanti a un Matteo Renzi piuttosto contrariato, ma si sa come vanno le cose, tra i due: “Ma perché non si ha la forza di risolvere il tema della Città metropolitana di Milano, un problema creato dai nostri governi?”. Non l’ultimo dei motivi del disamore del sindaco, evidentemente. “Noi non vogliamo arrenderci – spiega Arianna Censi, vicesindaco della Grande Milano delegata ad affrontare la profonda crisi – perché la proroga è necessaria ma non risolve i problemi strutturali della città metropolitana e nemmeno quelli di un bilancio che non tiene più e che dovrebbe rispondere alle necessità di un agglomerato di 134 comuni con esigenze e problemi enormi. Una realtà che fa marciare, con l’insieme della regione, il resto del paese”.

  

Nata e cresciuta tra gli entusiasmi della Prima Repubblica, la città metropolitana di Milano ha eccitato gli animi degli amministratori con la A maiuscola, a partire da Carlo Tognoli e Piero Borghini. Fiumi di analisi e proposte, compresa quella di una legge speciale per Milano, in grado di dar vita e sostenere la città metropolitana, radicalmente cambiata nel tempo, complice la fine dell’industria e l’avvento di un territorio vastissimo chiamato terziario. Piani urbanistici, mobilità, redistribuzione delle funzioni, elezione diretta del sindaco metropolitano: solo alcuni dei temi sui quali si è esercitata una classe politica attenta anche ai bisogni dei cittadini. “Oggi non basta la proroga – continua Censi – occorre un decreto che metta a disposizione della città metropolitana le risorse necessarie al bilancio triennale, fino al 2019. Altrimenti il rischio è grande e le ripercussioni negative potrebbero raggiungere anche i grandi progetti del sistema Milano”. Un esempio su tutti: senza le analisi con le relative autorizzazioni ambientali (da realizzare a cura dei tecnici della città metropolitana) sui sette scali ferroviari – dove dovrebbero sorgere case, uffici, servizi pubblici, una metropolitana circolare e tanto verde – nessun progetto potrebbe essere approvato né realizzato.

 

“È necessaria una soluzione ponte, per definire poi il profilo di una legge che consenta a realtà amministrative che hanno compiti strategici su territorio, ambiente e mobilità, di continuare a fare il loro lavoro”. Anche il futuro delle periferie è strettamente legato alle sorti della città metropolitana, perché non ci sono solo Quarto Oggiaro o il Gallaratese, ma interi comuni, come Rozzano o Cernusco, che rappresentano le nuove periferie della grande Milano. Brutto capitolo quello della Delrio. Ha vinto la politica delle suggestioni, è andato in letargo il paese dei cittadini, coi loro bisogni. E così in Lombardia il referendum di Maroni sull’autonomia lombarda rischia di spazzare via quell’articolazione gestionale necessaria a far crescere i territori (compresa la città metropolitana) a favore di un’autonomia in salsa leghista. Accettata anche dai sindaci Pd (Tafazzi style). Per la città metropolitana di Milano si parla di un default di 47 milioni. Si tratta di “uno squilibro strutturale sulle partite correnti”, dunque non un’annata andata male ma un buco nero destinato ad ampliarsi se si tiene conto che Regione Lombardia si è fatta carico di alcuni capitoli: di spesa. Ma siamo molto lontani, ad esempio sul fronte manutenzioni stradali solo 30 chilometri di tracciati provinciali su 600 finiranno alla Regione. Per tentare di dare la scossa alla grande Milano, il prossimo 17 luglio, è prevista una visita a palazzo Isimbardi (sede della città metropolitana) di una delegazione congiunta di tecnici della presidenza del Consiglio e del ministero dell’economia , che prenderà in esame la documentazione sulla situazione di bilancio dell’Ente.

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