LaPresse/Stefano Porta

Sbarcano tutti qui. Il sistema Milano potrebbe franare

Cristina Giudici

E’ presto per sapere se il protocollo firmato a maggio con il ministro dell’Interno stia funzionando, ma è chiaro che la città non è più in grado reggere il peso di una nuova emergenza

Se secondo Pierfrancesco Majorino il modello Milano di accoglienza dei migranti ancora regge, sebbene non nasconda le difficoltà davanti ai numeri diventati davvero rilevanti; per chi è in trincea nei centri invece comincia a scricchiolare. Perché, come ha spiegato al Foglio l’assessore al Welfare della giunta Sala, se contiamo complessivamente tutti i migranti presenti nelle strutture, fra richiedenti asilo, minori e senza fissa dimora, il numero è significativo: 6.000 persone. “Arrivano anche migranti che scappano da altre città”, spiega Majorino. “Inoltre si sta verificando di nuovo il fenomeno delle famiglie siriane che arrivano spontaneamente nella speranza di transitare verso altri paesi europei grazie al sostegno di reti illegali”. Tradotto: così non si può andare avanti. A Milano non c’è più posto e in diverse zone della città si vedono gruppi di migranti che vivono per strada. La prefettura, non si sa perché, non vuole comunicare i numeri di tutta l’area metropolitana, si sa solo che i funzionari continuano a chiedere ai comuni di dare la propria disponibilità ad accogliere.

   

E’ presto per sapere se il protocollo firmato a maggio con il ministro dell’Interno stia funzionando, ma è chiaro che Milano non è più in grado reggere il peso di una nuova emergenza. E se Majorino ragiona sui limiti del modello di accoglienza che garantisce solo a una minoranza un percorso di reale integrazione, nonostante il bando che verrà fatto per portare da 422 a 1.000 i posti del sistema di protezione dei rifugiati Sprar entro la fine dell’anno, chi gestisce l’accoglienza teme che il sistema possa cedere. “Ogni giorno arrivano di nuovo in stazione centrale 7/8 famiglie siriane che vogliono lasciare l’Italia. Inoltre al problema già grave dei migranti ai quali viene negata o concessa la protezione internazionale e quindi poi espulsi pochi giorni dopo dai centri perché così prevede la legge, ora se ne è aggiunto un altro”, osserva il presidente di Fondazione Arca, Alberto Sinigallia: “In questura ai migranti economici vengono subito dati fogli di via, ma ovviamente rimangono sul territorio”. I centri scoppiano e i fondi complessivi di 35 milioni di euro per il 2017 non bastano. Nei prossimi mesi il modello Milano potrebbe franare. 

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