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Studenti, Bernini ha censito 350 stabili da utilizzare. Wait and see

Mariarosaria Marchesano

Il problema della carenza di alloggi per studenti non riguarda solo Milano. Palazzo Chigi lavora a un censimento ma anche Beppe Sala dovrà trovare un modo per occuparsene

Lo sgombero dall’ex cinema Splendor degli studenti che protestano contro il caro affitti è cominciato all’alba di martedì ed è stato inevitabile, anche se la parata antisommossa della polizia contro un gruppo di universitari sonnecchianti fa sorridere. Comunque sia, lo Splendor è proprietà privata: dopo anni di abbandono è stato acquistato da Esselunga che ci farà un supermercato. Così i ragazzi hanno spostato le tende su suolo pubblico, davanti a Palazzo Marino, sede del Comune da cui adesso cercano risposte che non sarà facile fornire.

Una soluzione strutturata alla carenza di alloggi per studenti, infatti, non può che essere nazionale e coinvolgere il governo, il quale si è infilato in una diatriba con Bruxelles sui 7.500 posti letto previsti dal Pnrr e adesso studia la proposta del ministro dell’Università e della Ricerca, Annamaria Bernini, di utilizzare per gli studentati gli immobili in disuso. Anzi, proprio ieri mattina si è riunita a Palazzo Chigi la cabina di regia sul Pnrr che, tra le varie cose, ha esaminato il piano-censimento promosso da Bernini. Ebbene, secondo quanto appurato dal Foglio, il ministero ha individuato 350 edifici già destinabili a residenze universitarie per un totale di 67 mila posti letto, di cui 20 mila Lombardia (10 mila a Milano). Circa la metà del fabbisogno, ma comunque un bel numero. Questo, però, non vuol dire che il sindaco Beppe Sala possa lavarsene le mani.

Le tende davanti al municipio gli ricordano che a Milano i prezzi immobiliari sono in continua crescita, sia per gli affitti sia per la compravendita, e che questo, a parità di stipendi, alla lunga potrà rendere la città meno attrattiva per le nuove generazioni. Il tema è ben noto all’assessore alla casa, Pierfrancesco Maran, il quale è appena tornato dal Parlamento di Strasburgo dove 34 città europee (comprese Milano, Torino e Bologna) hanno presentato un documento congiunto per chiedere all’Ue di rendere prioritarie le politiche per l’accesso alle abitazioni. “Quello del caro affitti è un problema che riguarda tutte le grandi città che hanno una popolazione giovanile e allo stesso tempo una forte presenza di turisti – dice al Foglio – Negli ultimi dieci anni Milano ha visto crescere del 15 per cento la presenza di under 35 ed è la prova della sua attrattività, ma parallelamente l’offerta è diventata sempre più esigua, complice la crescita degli affitti brevi per turisti. Noi come Comune abbiamo strumenti limitati per intervenire sul piano normativo”. Maran ricorda gli accordi di recente sottoscritti con i proprietari per calmierare i prezzi di case in affitto agli universitari grazie alla cedolare secca, ma, dice, bisognerebbe intervenire anche su circuiti tipo Airbnb sull’esempio di New York e non come ha fatto la ministra del Turismo, Daniela Santanchè, con una norma che, alla fine, pone come unico limite di non affittare per meno di due notti. A New York la stretta è stata pesante: tutte le persone che vogliono affittare a breve termine nella città devono registrarsi presso il comune. Ma per farlo, sarà obbligatorio vivere nell’abitazione che viene locata ed essere presenti durante il soggiorno degli ospiti (non più di due). “Non dico di arrivare a regole così stringenti – prosegue l’assessore – ma dei paletti si dovrebbero mettere anche qui, almeno in città come Milano che vedono crescere a dismisura il numero di fuori sede. Invece, tutte le volte che in Italia qualcuno cerca di sollevare il problema, viene accusato di attaccare il libero mercato: quando nel resto d’Europa il Ppe sta facendo del fabbisogno abitativo un punto qualificante del suo programma”. Considerazioni politiche a parte, è vero che nel nostro paese i livelli decisionali locali hanno un potere limitato. Il Comune di Milano si è già distinto per avere cercato di coinvolgere operatori privati nella costruzione di studentati offrendo premialità in cubature in cambio di posti alloggio aggiuntivi a titolo gratuito o contenuto per i meritevoli. Ma i margini di manovra sono ridotti per poter fornire una risposta nel breve. Il fatto è che tutta la materia degli studentati è gestita a livello centrale con tempi biblici. Per capire come funziona bisogna immaginare due grandi filoni: il primo gestito in base alla legge 338 del 2000 che finanzia residenze pubbliche e parapubbliche al ritmo di 1.000 all’anno: siamo al quinto bando (finora sono stati costruiti 40 mila posti letto) che dispone di 480 milioni che bastano per finanziare metà dei 110 progetti presentati e ritenuti idonei. Il secondo filone fa capo al Pnrr che stanzia complessivamente circa un miliardo da spendere entro il 2026. Troppo ravvicinata come scadenza per costruire strutture ex novo e troppo pochi i soldi. Ecco perché è saltata fuori l’idea di utilizzare immobili in disuso, più facili da mettere in opera se, però, si trovano privati disposti a co-investire e a diventarne gestori.

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